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Migranti verso l’Albania, stavolta la nave Libra ne porta otto. Intercettati nelle ultime 48 ore, mentre in Italia ne sbarcavano 1.600

La prima vola 16, la seconda 8. Otto migranti che a bordo dell’ormai nota nave della Marina Militare da 20o posti, la Libra, sono in viaggio verso l’Albania dove il governo di Giorgia Meloni ha costruito i centri destinati alle procedure d’asilo e all’eventuale rimpatrio dei richiedenti. Maschi adulti, non vulnerabili, provenienti da quei “Paesi d’origine sicuri” al centro dei pronunciamenti dei tribunali italiani che finora hanno ostacolato i piani del governo. “Siamo alle comiche, se non fosse che i Cpr albanesi sono fuori dal diritto europeo e costano ben un miliardo di euro ai contribuenti italiani”, non ha difficoltà a commentare il segretario di +Europa, Riccardo Magi. Non solo. Alla luce dei decreti del Tribunale di Roma che, applicando una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, hanno liberato i richiedenti trasferiti in Albania a metà ottobre, e dei recenti rinvii alla stessa Corte Ue sulla medesima questione, la probabilità che il soggiorno albanese delle otto persone ora in viaggio si concluda allo stesso modo è alta.

Il copione è lo stesso e pare anche la nazionalità dei migranti, egiziani e bangladesi come la volta scorsa. Sono tra quelli intercettati negli ultimi due giorni a Sud di Lampedusa, presumibilmente in acque internazionali. Dalle motovedette italiane che li hanno raccolti in mare sono stati trasferiti alla Libra e, dopo il pre screening a bordo del pattugliatore della Marina, chi è stato considerato “eleggibile” viene trasferito in Albania. Per intenderci, da quando la Libra ha ripreso le operazioni di pre screening, lunedì 4 novembre, sono sbarcate sulle nostre coste circa 1.600 persone. Ne stiamo portando in Albania lo 0,5%, addirittura meno dei 16 della volta scorsa, compresi i quattro subito portati in Italia perché due erano minorenni non rilevati dal pre screening e due vulnerabili. I 12 si sono fermati appena due giorni, perché entro 48 ore il trattenimento amministrativo va convalidato dal competente Tribunale di Roma che invece l’ha invalidato. Così sono stati portati in Italia e alloggiati nel centro per richiedenti di Bari. Il Viminale ha fatto appena in tempo a respingere tutte le loro domande di protezione, esaminate dalle commissione territoriale di Roma portata di peso in Albania per chiudere la procedura in tempi record. Dinieghi impugnati di fronte allo stesso Tribunale di Roma dai 12 richiedenti una volta arrivati in Italia. Il Tribunale ha già sospeso uno dei ricorsi chiedendo il parere urgente della Corte di Giustizia Ue. E un altro rinvio, oltre a quello di Bologna della settimana scorsa, è arrivato oggi dal Tribunale di Palermo, sempre sulla stessa questione già vista per i 12 dell’Albania e sempre demolendo il nuovo decreto legge sui Paesi sicuri emanato lo scorso 23 ottobre, quello che doveva risolvere ogni cosa, almeno secondo il governo e che invece, lunedì scorso, il presidente della sezione immigrazione del Tribunale di Catania ha addirittura ritenuto di disapplicare.

Questa volta, riferisce l’Ansa, “si è voluto evitare viaggi a vuoto e c’è stata particolare attenzione nella selezione delle persone da trasferire in Albania: si spiega anche così il basso numero dei passeggeri della Libra”. Dopo l’arrivo nel porto di Schengjin previsto per le prime ore di venerdì 8 novembre, i migranti verranno sottoposti nell’hotspot italiano lì allestito ad un ulteriore screening sanitario e ai controlli per l’identificazione. Successivamente, in giornata, verranno trasferiti a Gjader, una ventina di km all’interno, dove attenderanno l’esito della domanda di protezione internazionale nel Centro per richiedenti asilo, sempre sotto la giurisdizione italiana. A quel punto entrerà in gioco il tribunale di Roma che dovrà pronunciarsi sulle convalide disposte dalla questura della Capitale. Nel caso dei primi 12 migranti arrivati in Albania il 16 ottobre scorso, a bloccare tutto era stata la scelta del governo di designare alcuni Paesi come sicuri a eccezione di categorie di persone a rischio. Alla luce della sentenza Ue, i giudici romani avevano ritenuto quelle eccezioni incompatibili col diritto europeo: un Paese è sicuro per tutti o non lo è per nessuno. Di lì gli attacchi ai magistrati e i ricorsi del Viminale contro le loro decisioni. Ma nel dubbio il governo ha fatto anche un nuova lista di Paesi sicuri, l’ha inserita in una norma primaria intimando che nessuno si sognasse di disapplicarla, e per evitare altri intoppi ha cancellato ogni eccezione. Così, ai fini delle sole procedure d’asilo (i rimpatri non c’entrano nulla), Paesi come l’Egitto o il Bangladesh, sono diventati sicuri al cento per cento.

Un’illusione durata appena dieci giorni, perché i Tribunali hanno bloccato anche il nuovo decreto, da Bologna a Catania. Perché? Le domande di chi arriva da Paesi che uno Stato membro considera “sicuri” possono essere esaminate in modo sommario e per respingerle basta dichiararle “manifestamente infondate”. Deroghe ammesse dalla vigente normativa europea che però impone un controllo giurisdizionale sulle liste dei Paesi sicuri ribadito anche dalla Corte di Giustizia e al quale i tribunali italiani non possono sottrarsi. Per il diritto Ue, infatti, un Paese può essere designato sicuro solo se “non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante”. E la Corte Ue ha imposto al giudice un’analisi attualizzata della situazione del Paese “sicuro” e una verifica d’ufficio della legittimità della designazione di Paese d’origine sicuro da parte del governo. Il risultato è una situazione di stallo sulla quale alcuni giudici hanno chiesto alla Corte Ue di pronunciarsi ulteriormente e urgentemente. Giudici “comunisti”, secondo Matteo Salvini, che hanno scritto “volantini di propaganda”, come ha detto la premier Meloni dopo il rinvio pregiudiziale del Tribunale di Bologna. Già entro la settimana i giudici di Roma potrebbero pronunciarsi sugli otto migranti ora in viaggio verso l’Albania. La probabilità di un altro flop è alta, la possibilità di un nuovo scontro tra politica e magistratura praticamente certa.

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