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Madre single chiede turni flessibili: Poste italiane non li concede

«Nel sito istituzionale di Poste Italiane, l'azienda pubblicizza con enfasi di aver ottenuto la certificazione che garantisce la parità di genere nell'ambiente di lavoro: concrete condizioni di parità, opportunità di crescita e inclusione delle donne, equità remunerativa, tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro. Deve esserci un refuso, perché non è quello che accade nella realtà».

L'accusa arriva da Stefano Gallo della Slc Cgil Veneto e Marianna Cestaro della Cgil di Padova. I due sindacalisti riferiscono che da mesi sono impegnati in una vertenza con Poste Italiane per ottenere il riconoscimento di un orario di lavoro adeguato per una lavoratrice, senza rete di supporto, che ha recentemente affrontato la morte del marito e che ha due bambini molto piccoli, per consentirle di accompagnarli all'asilo.

«La vertenza è iniziata con l'aggravarsi delle condizioni di salute del marito», continuano Gallo e Cestaro, «ma Poste si è sottratta al confronto, malgrado le proposte da parte sindacale siano state molte: la lavoratrice ha chiesto di entrare in ufficio con un minimo di flessibilità, ossia 10 minuti dopo le 8 in punto; si è detta disponibile a recuperare il tempo a fine turno, a spostarsi di sede, a cambiare mansione, ma niente, da Poste solo la proposta di un part-time, per giunta con demansionamento, pur sapendo che si tratta di un genitore monoreddito».

Al danno, poi, si accompagna la beffa: «Le posizioni richieste da questa lavoratrice – per le quali è abile e formata, nonché correttamente inquadrata professionalmente – si sono liberate, ma poi sono state occupate da altri, naturalmente maschi».

La Cgil ha chiesto l'intervento della consigliera provinciale delle Pari Opportunità, ma resta l'indignazione: «È vergognoso che un'azienda così grande e capillare sul territorio, con tutte le possibilità di cui dispone, non voglia trovare una soluzione per una madre sola che non sia quella di ridurle l'orario e lo stipendio. Parliamo di gender pay gap, di segregazione verticale, spendiamo soldi del Pnrr per colmare le distanze di genere, e stiamo ancora all'anno zero in una delle più grandi aziende italiane.

Ci domandiamo se i clienti e i correntisti sanno queste cose: è il caso che chi ha certificato quest'azienda riprenda in mano il fascicolo».

L'azienda risponde con decisione: «Abbiamo seguito con attenzione il caso riportato», si legge in una nota di Poste Italiane, «abbiamo già avanzato diverse proposte a tutela di una equilibrata gestione lavorativa e familiare della dipendente, con la quale, si segnala, è tuttora in corso un confronto finalizzato a trovare una soluzione coerente con l'attuale organizzazione del lavoro di Poste Italiane.

L'azienda ricorda di aver intrapreso, negli anni, iniziative di sensibilizzazione collettiva proprio al fine di individuare tempestivamente eventuali situazioni di vulnerabilità.

Poste Italiane si impegna a sviluppare politiche di intervento mirate alla diffusione di una cultura d'impresa inclusiva che tenga in considerazione le situazioni di fragilità. L'azienda continuerà pertanto ad ascoltare le esigenze di tutto il personale con l'obiettivo di coltivare un ambiente di lavoro rispettoso che guardi al benessere delle persone».

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