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Ue, 7 giorni di stallo per non cambiare niente: c’è intesa su Ribera e Fitto commissari. Fallito il ‘golpe’ dei Popolari spagnoli

L’Europa non poteva più aspettare. I tempi per dare il via libera alla nuova commissione von der Leyen sono sempre più stretti e oggi (20 novembre) è il giorno giusto per rimettere insieme i pezzi, con qualche modifica, dell’accordo tra Popolari, Socialisti e Renew sull’ok alla nuova squadra del Berlaymont. Mentre a Bruxelles da martedì vanno avanti gli incontri tra i capigruppo delle tre famiglie europee, al Parlamento di Madrid si è consumato lo scontro che tiene da giorni l’Ue in ostaggio: quello tra i Popolari spagnoli e l’attuale ministra per l’Ambiente e commissaria europea designata, Teresa Ribera. Alla fine, però, la lotta tutta interna al Paese governato da Pedro Sanchez non è riuscita a far naufragare la già difficile intesa a Bruxelles.

La battaglia di Madrid. PP: “Non sosteniamo Ribera, passerà con l’appoggio di Orbán e Meloni”
Il Partito Popolare spagnolo è riuscito a convincere il Ppe a tenere tutto congelato fino a mercoledì, quando Ribera è stata chiamata a rispondere di eventuali responsabilità per le devastanti alluvioni che hanno sconvolto il sud del Paese. I Popolari, sostenuti anche da Vox, hanno organizzato un tiro al bersaglio contro la ministra nel tentativo di screditarla al punto da compromettere la sua candidatura alla Commissione, nonostante gli accordi con S&D. Così l’hanno accusata di aver gestito in modo “negligente” la Dana: “Alla luce di una gestione negligente, se diventa commissaria trasferirà alla Commissione europea i problemi giudiziari dovuti alla sua cattiva gestione in Spagna?”, ha chiesto il deputato César Sánchez. Mentre sempre dai Popolari è stato detto che pur di salvare la poltrona e “rifugiarsi a Bruxelles“, Ribera è pronta a entrare in Commissione “con l’appoggio di Meloni e Orbán, esponenti di quella che lei stessa definisce ‘estrema destra‘”.

La vicepremier del governo Sanchez ha replicato sostenendo di aver “lavorato dal primo minuto per risolvere i bisogni e le urgenze. Io lavoro, non vado a farmi foto”, ha detto aggiungendo che il vecchio governo del conservatore Mariano Rajoy non eseguì le opere di drenaggio del torrente Poyo, nel 2017, ignorando la dichiarazione di impatto ambientale firmata da lei come segretaria di Stato nel 2011. L’esondazione del Poyo ha travolto il 29 ottobre interi comuni della provincia di Valencia. “Se il Pp avesse fatto le opere di sistemazione del torrente Poyo si sarebbero salvate molte vite”, ha concluso.

Tutti provano a non perdere la faccia
Oltre a infliggere un altro duro colpo alla credibilità dell’Unione europea, lo stallo nel quale i Popolari spagnoli hanno trascinato tutto il Parlamento Ue ha messo a rischio l’entrata in carica della nuova Commissione. Il Ppe, su richiesta dei colleghi iberici, ha bloccato il via libera alla commissaria designata Ribera provocando l’immediata reazione dei Socialisti che, a quel punto, hanno messo il veto sulla vicepresidenza a Raffaele Fitto, contestata già da una parte del gruppo, francesi e tedeschi in testa. Così hanno innescato una corsa contro il tempo per ricomporre la frattura, ma i cocci da rimettere insieme non erano pochi.

In primis, i Popolari spagnoli non possono permettersi, nonostante il fallito attacco in patria alla commissaria designata, di ritornare sui loro passi come se nulla fosse accaduto. È per questo che hanno annunciato che non daranno il loro voto alla commissione von der Leyen se all’Ambiente dovessero confermare la ministra socialista. Una presa di posizione durissima che, con il voto palese, sancirebbe la distanza dal resto del Partito Popolare Europeo, ma obbligata dalle pressioni che, secondo quanto appreso da Ilfattoquotidiano.it, il partito starebbe subendo da una folta compagine di imprenditori spagnoli preoccupati per l’approdo di Ribera al Berlaymont. Ma il Ppe prova a salvare in parte la faccia dei compagni di partito con un comunicato in cui si chiedono garanzie a Ribera in caso di indagini a suo carico: il Ppe, si legge in una nota, “segue con attenzione il dibattito sulle conseguenze delle inondazioni di Valencia con la ministra spagnola e candidata alla Commissione europea, Teresa Ribera. Nella sua apparizione al Parlamento spagnolo, la candidata ha evitato di rispondere alle ripetute richieste dei deputati riguardo al suo impegno a dimettersi se la giustizia spagnola la accusasse di illeciti durante la gestione delle inondazioni in due regioni spagnole. Si tiene a sottolineare che lei dovrebbe essere pronta a dimettersi a seguito di una richiesta del sistema giudiziario spagnolo”.

L’altro gruppo da tenere insieme è quello dei Socialisti. La prospettiva di avere Ribera come commissaria all’Ambiente e vicepresidente esecutiva aveva coperto sotto la cenere i bollori di una parte del partito, soprattutto francesi e tedeschi, contraria a offrire una vicepresidenza esecutiva al commissario designato da un governo, quello italiano, guidato da una formazione fuori dalla nuova maggioranza Ursula. Se i colleghi di partito del cancelliere Olaf Scholz, però, hanno poco spazio di manovra vista la speranza di formare presto una nuova Große Koalition in patria, al di là del Reno la posizione è ben diversa: da quanto apprende Ilfattoquotidiano.it da fonti parlamentari, i Socialisti francesi si sono riuniti nel primo pomeriggio di mercoledì e non è escluso che possano votare in disaccordo col proprio gruppo europeo e non sostenere la nuova squadra al Berlaymont. Oltre a Fitto, a convincerli c’è anche la notizia, per adesso tutta da verificare, che nella nuova intesa tra Popolari, Liberali e Socialisti non vi sia traccia della presa di distanza dai Conservatori Ue richiesta dalle sinistre. Un ulteriore elemento di frattura non solo nella maggioranza Ursula, ma anche all’interno dello stesso gruppo S&D: oltre ai francesi potrebbero emergere altri europarlamentari contrari all’appoggio a questa commissione, compresi alcuni membri del Partito Democratico, come emerso negli ultimi giorni.

Infine, c’è la questione interna a Ecr che, però, è molto meno complicata da risolvere. Al momento in cui si scrive non c’è una dichiarazione di voto, così è probabile che agli eurodeputati venga lasciata totale libertà. Non sarebbe una stranezza perché la stessa cosa accadde nel 2019, quando Fratelli d’Italia si oppose alla prima commissione von der Leyen, i polacchi del Pis, che esprimevano il commissario, diedero invece sostegno, mentre altri partiti si astennero. Questa volta la situazione sarebbe solo ribaltata: FdI appoggerebbe la nuova commissione che comprende anche la nomina di Raffaele Fitto, mentre i polacchi e altri si opporrebbero.

Il pallottoliere di Ursula
Stando così le cose, il secondo mandato della leader tedesca potrebbe iniziare secondo i tempi previsti: il 1 dicembre. La data clou è però quella del 27 novembre, quando a Strasburgo è in programma il voto della Plenaria sulla nuova squadra del Berlaymont. Per quella data, le commissioni parlamentari competenti dovranno dare il proprio via libera a ognuno dei commissari, con la conferenza dei capigruppo che dovrà poi decretare conclusa la fase di valutazione con tanto di pubblicazione delle lettere relative a ogni singolo candidato. Una corsa contro il tempo, ormai, dato che mancano solo sette giorni.

La Plenaria, poi, non dovrebbe preoccupare eccessivamente la presidente della Commissione: anche ipotizzando il voto contrario dei socialisti francesi e dei popolari spagnoli, il blocco formato da Ppe, S&D e Renew rappresenta comunque 366 eurodeputati, sufficienti al via libera dato che l’assemblea conta 720 membri. Ma a questi vanno aggiunti anche i 24 di Fratelli d’Italia e gli 11 di Fidesz, se il commissario Olivér Várhelyi verrà confermato. Il totale salirebbe così a 401, lo stesso numero di deputati che a luglio hanno detto sì al secondo mandato di Ursula von der Leyen.

X: @GianniRosini

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