Unifil in Libano. Tenenti (Onu): “Clima teso, ma è importante restare per la popolazione locale”
La regione di Shama, nel sud del Libano, resta un campo minato non solo metaforicamente. Otto i razzi lanciati da Hezbollah che, nella giornata di ieri, hanno colpito la base italiana del contingente Unifil. Fortunatamente, nessun ferito grave tra i i soldati italiani, ma l’attacco rivela una tensione crescente che tocca anche le forze di pace. A riportare l’accaduto, direttamente teatro di crisi è Andrea Tenenti, portavoce della missione Onu, che non nasconde la complessità di un equilibrio sempre più precario.
Una base tra due fronti
«L’atmosfera è tesa», afferma Tenenti, descrivendo una realtà dove le forze di difesa israeliane (Idf) e Hezbollah si fronteggiano a pochi chilometri di distanza. «Quando tutte le basi, non solo italiane, si trovano, come in questo caso vicine alle due forze che stanno combattendo, evidentemente è molto facile che ci siano degli incidenti anche all’interno delle nostre basi», ciò spiega come la base Unifil possa diventare, seppur non intenzionalmente, un bersaglio. Lo testimoniano i razzi che hanno centrato il magazzino ricambi della struttura italiana, fortunatamente vuoto al momento dell’impatto.
Mentre cinque militari italiani sono stati trasferiti in infermeria per accertamenti, i loro colleghi del contingente ghanese, posizionati nella base Unp 5-42 vicino Ramyah, non sono stati così fortunati e sono rimasti feriti dopo la pioggia di missili. Eppure, tra i soldati «è chiara la volontà di mantenere una presenza in questa regione», afferma Tenenti.
Il portavoce italiano fa inoltre il punto sulla confusione iniziale sorta in merito alla provenienza dei razzi:«Qui dal primo momento abbiamo sempre detto che erano molto probabilmente razzi che venivano dal Libano, quindi presumibilmente di Hezbollah o di gruppi affiliati. Nessuno ha dato altre responsabilità, avevamo da subito chiara la provenienza». La situazione che i caschi blu vivono da diversi mesi è sicuramente «difficile», come dice Tenenti, «ma stiamo prendendo tutte le precauzioni possibili per far sì che stiano in sicurezza durante queste attività militari», aggiunge.
Il sostegno alla popolazione, una sfida continua
Nonostante i rischi, i caschi blu continuano a portare avanti le attività di pattugliamento e assistenza umanitaria, anche se con estrema difficoltà. «Non ci viene mai o non sempre garantita la sicurezza durante questi movimenti», osserva Tenenti. Ma la voce delle forze di pace non manca di sottolineare che, «rimanere con delle attività anche molto limitate è importante per la popolazione».
La comunità locale, ormai ridotta a un numero esiguo, continua a sostenere la presenza dell’Unifil, consapevole che l’operato dei peacekeepers potrebbe rappresentare un’ancora di salvezza in un futuro post-bellico.
Netanyahu e la strategia su Gaza
Sull’altro fronte, a Gaza, il premier Benyamin Netanyahu ha visitato le truppe israeliane, scegliendo simbolicamente il corridoio Netzerim, che attraversa la Striscia da nord a sud e che nei mesi scorsi era stato teatro dei negoziati cruciali con Hamas per il cessate il fuoco e la liberazione di alcuni ostaggi. L’ufficio del primo ministro ha diffuso immagini e video che lo ritraggono mentre rilascia una dichiarazione sulla spiaggia di Gaza, al termine del corridoio, con il mare come sfondo. «Le nostre truppe hanno ottenuto ottimi risultati: Hamas non governerà più Gaza. Voglio dire a coloro che tengono gli ostaggi: vi inseguiremo e vi prenderemo”, ha affermato, ribadendo l’offerta di cinque milioni di dollari per chiunque riesca a riportare un ostaggio dalla Striscia.
Usa: un accordo per la fine dei combattimenti “è a portata di mano”
In parallelo, sul fronte diplomatico, l’inviato americano Amos Hochstein si dice ottimista e dichiara che l’accordo per porre fine ai combattimenti tra Israele e Hezbollah «è a portata di mano». Dopo «colloqui molto costruttivi con il presidente del Parlamento Nabih Berri (negoziatore e alleato del Partito di Dio) in cui sono stati ridotti i divari. Sono stati fatti progressi significativi», ha affermato in conferenza stampa. Hochstein ha visto anche il premier uscente Nagib Mikati, il quale ha specificato che «la preoccupazione principale è che gli sfollati ritornino a casa, che si fermi la distruzione… la priorità è attuare chiare decisioni internazionali e rafforzare l’autorità dell’esercito nel sud del Libano». In un’intervista al quotidiano Asharq al Awsa, Berri ha detto chiaro e tondo che «la situazione è buona in linea di principio. Alcuni dettagli devono ancora essere definiti. Ma ora aspettiamo di vedere cosa arriverà da Israele».
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