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Bozzetto e il signor Rossi: «Attraverso le mie storie voglio raccontare la vita»

A 86 anni lavora con l'energia di un ventenne, saltando da un impegno all'altro con leggerezza: peccato che proprio il sovraccarico degli appuntamenti in agenda gli impedisca di presenziare al vernissage della mostra "La linea intorno all'idea", che domani sera, alle 18, sarà inaugurata nella chiesa cividalese di Santa Maria dei Battuti, terza tappa nazionale dopo il debutto a Cremona (alla vigilia del lockdown) e un passaggio a Genova, sempre in fase Covid. Bruno Bozzetto, artista visionario, decisamente avanti sui tempi, nel nostro Paese, all'epoca del debutto è un vulcano oggi come alle origini della sua «casuale carriera».

Casuale perché, maestro?

«Non avrei mai pensato che quello che per me era un semplice hobby, un divertimento per passare il tempo, potesse diventare un lavoro. Studiavo legge, allora. Tutto è partito da un doppio colpo di fortuna. Il mio cortometraggio d'esordio, "Tapum! La storia delle armi", fu presentato a Cannes (era il 1958) nell'ambito della prima sezione dedicata all'animazione: richiamò l'attenzione di un critico che all'uscita dalla sala accanto, dov'era stato proiettato un film con Sophia Loren, attratto dalla musichetta del cartone animato entrò a vedere di cosa si trattasse. Nel suo articolo per Il Giorno definì il mio lavoro il più bello, fra i due. Per casualità, il giornalista che impaginava aveva conosciuto pochi giorni prima mio padre: letto il cognome e fatta l'associazione, titolò "Bozzetto meglio di Sophia Loren": guadagnai dieci anni di carriera».

E poi arrivò il signor Rossi, icona dell'italiano medio. Come nacque?

«Direi quasi di getto, senza troppi ragionamenti. Desideravo raccontare una storia che mi era capitata (il rifiuto, da parte di un festival di Bergamo, di proiettare il mio secondo cortometraggio), mi serviva un personaggio. La "bocciatura" del lavoro mi era parsa ingiusta, non perché il film fosse granché, ma perché tra quelli accolti ne ho visti di molto più brutti. Ho creato una caricatura del direttore del festival, lasciandomi ispirare anche dallo stile inglese, che avevo assorbito nelle mie trasferte in Inghilterra per studiare la lingua: ed ecco il signor Rossi, che ho poi mantenuto nel tempo come "interprete", anziché cambiare».

Fra le tante creature nate dalla sua fantasia ce n'è una in cui si riconosce di più?

«In realtà no. Non mi identifico nei personaggi, bensì nelle storie, che sono il mio modo di vedere la vita. In quelle sì, che mi riconosco».

Più soddisfazioni in Italia o all'estero?

«All'estero. Ora è cambiato tutto, ma per i primi 10 anni di attività l'Italia non prese in considerazione i miei film. Non c'era la possibilità di proporli: non esistevano eventi dedicati all'animazione, al cinema quel tipo di prodotto non passava, la tv non era interessata a comprare cortometraggi di 6-7 minuti. Per dare l'idea: quando ricevetti la nomination all'Oscar per "Cavallette", nel 1991, sui giornali non uscì neanche una riga. I film d'animazione erano considerati cose per bambini, non d'interesse. Presentando "Allegro non troppo", che considero la mia miglior creazione, mi sentii dire: "Complimenti, è bellissimo. Ma non ha pubblico, non è per adulti né per bambini". Solo dopo 6 mesi di programmazione in America, dove il successo fu straordinario, la pellicola uscì anche nel nostro Paese».

Ha citato "Cavallette", cortometraggio sull'insensatezza della guerra. Argomento purtroppo attuale.

«E' così. Di film sulla guerra ne ho fatti quattro: l'ultimo l'ho appena finito. Si intitola "Sapiens?" ed è visibile su Rai Play: è composto da 3 episodi, uno dei quali dedicato alle armi, al tema dell'uomo che continua, appunto, a fare guerra ai suoi simili. È un lavoro sullo stile di Allegro non troppo: ho scelto una musica di Verdi, una di Chopin e una di Beethoven e ho costruito storie che con quelle note vanno in sincrono. Mi ha sempre affascinato usare la musica classica, che amo profondamente: la reputo di tale importanza che la metà di "Sapiens?" ha come protagonista proprio le note, che parlano da sole. Io ci aggiungo immagini, per interpretare, in qualche modo, le melodie».

Come ha vissuto il passaggio al digitale?

«Sono stato uno dei primi ad apprezzarlo. "Europa & Italia" è il film più visto fra quelli che ho realizzato. Non ne ho guadagnato una lira, ma poi me ne hanno chiesti almeno 10 nello stesso stile, dunque ho compensato».

E dei film di animazione di oggi cosa pensa?

«Confesso, non sono molto aggiornato. Fino a quando ho seguito il genere, però, ho trovato meravigliosa l'evoluzione nel 3D: è stata la seconda rivoluzione dopo quella disneyana. Adesso, probabilmente, di film ne escono troppi. Hayao Miyazaki si stacca da tutti, ha una sua precisa personalità: gli altri si stanno omologando».

I suoi personaggi sono ispirati al mondo umano, ma lei è un amante degli animali, tanto da avere in casa una pecora...

«Ahimè, dobbiamo parlare al passato. Avevo. Beeelen è mancata 15 giorni fa, dopo 11 anni di vita insieme: non è morta per età, ma per un virus trasmesso da una zanzara, che a Bergamo ha provocato una moria. Se ne è andata in un giorno. Non vi dico il dispiacere: era a tutti gli effetti una componente della famiglia».

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