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Benvenuti a Stradella è un Falstaff burlone e triste: «Questo personaggio mi somiglia molto»

«Un Falstaff a tutto tondo, con molte similitudini con la mia vita da attore». È quello che porterà in scena, sabato sera, alle 21, al teatro Sociale di Stradella, nello spettacolo “Falstaff a Windsor”, Alessandro Benvenuti, storico componente del gruppo cabarettistico “I Giancattivi”, da più di dieci anni sul piccolo schermo di Sky nella serie tv “I delitti del BarLume”.

Diretto per la terza volta da Ugo Chiti, dopo Nero Cardinale e L’avaro, Benvenuti tratteggia il suo Falstaff attingendo soprattutto alla figura farsesca che emerge da Le allegre comari di Windsor, ma con precisi riferimenti ai drammi storici Enrico IV ed Enrico V. Un Falstaff che “risorge” a Windsor, per volontà della regina Elisabetta, tenta di sedurre due donne, che però lo scoprono e si prendono gioco di lui.

«Sì, Ugo Chiti, l'autore e il regista, ha fatto questa operazione condensando in un solo spettacolo un po' tutta l’epopea di Falstaff. Quindi lo presenta in tutti gli aspetti più umani. Lo presenta sia come gigione, sia come amante improbabile di donne, come guascone, irridente. Una sorta di grande buffone che in qualche modo recita la sua vita. Però lo presenta anche nei suoi dolori, nei suoi colori di anima più intimi, in qualche modo. Quindi è un Falstaff a tutto tondo».

Cosa le piace di questo Falstaff?

«Mi sento particolarmente vicino a questo personaggio. Questo Falstaff che non fa fare bella figura al potere e che quindi viene ripudiato mi fa sentire un po’ come noi che dal cabaret accediamo al grande teatro con studi da autodidatti, attraverso il confronto con il pubblico. Dei tre antieroi che Chiti ha scritto per me, Falstaff è in qualche modo quello che somiglia di più al mio destino personale di attore, con alcune similitudini anche con la mia vita artistica».

Nello spettacolo ci sono un po’ tutte le componenti, dalla risata alla riflessione.

«È un testo scritto molto bene, un po' perché l'ha scritto Shakespeare e un po' perché Ugo si è messo nella scia di Shakespeare e francamente è difficile capire quali siano le parole di Shakespeare e quali di Ugo. Quello che il pubblico ascolta è un testo pieno di senso, elegante e ben pensato. E, in un mondo dove le parole sono talmente buttate al vento, ancorarle ad un significato credo che renda felice sia chi le recita che chi le ascolta».

Si può dire che il cabaret sia stato per lei una palestra di vita?

«Il cabaret è stato una grande scuola perché ci ha fatto crescere attraverso il confronto con il pubblico, consentendoci di ottenere dal pubblico il rispetto oltre che il successo. Oggi il cabaret non è più come il nostro, ma non perché sia migliore o peggiore, ma perché sono cambiati i tempi. Oggi ci sono delle persone straordinariamente brave, che fanno cose meravigliose con mezzi completamente diversi, ad esempio utilizzando il web, che ti permette di avere come platea tutto il mondo e di affinare l’arte della comicità, della satira e della parodia».

Come vede il momento attuale della cultura in Italia?

«Brutto, perché c’è un desiderio di vendetta da parte di chi oggi sta al potere. Quello che oggi mi preoccupa è che c'è tanta falsa informazione, oggi si chiamano fake news. Quello che mi dispiace è il fatto che si sia totalmente abbassato lo spirito critico di chi legge, di chi ascolta, tanto che, quando uno ti dice una palla, se questa palla fa piacere a te perché tu la pensi in quel modo, la pigli per verità. La cultura è seriamente minacciata dalle cose di parte, dalle fake news, dalle cose che non vere».Oliviero Maggi

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