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“Bianca come il male” al Senato. La prefazione di Gasparri: no a tutte le droghe, nel segno di Muccioli

Sarà presentato al Senato, lunedì 25 novembre 2024, alle ore 14, il nuovo libro del giornalista d’inchiesta Luca Maurelli  sul tema della droga, “Bianca come il male: la cocaina, il successo, il crollo: la maledetta storia di Germano G, lo psicologo della Napoli “bene” diventato rapinatore e omicida” (Jack Edizioni, pp.311, 15 E) che si sviluppa intorno a un fatto di cronaca che nel 2021 tenne banco sui media per le modalità del tutto inusuali del crimine realizzato da un personaggio noto nella Napoli “bene”, lo psicologo Germano Guarna, che sotto effetto di cocaina e crack tra il 20 e il 21 ottobre mise a segno sette rapine a bordo di uno scooter rubato, una delle quali conclusasi con la morte, tre giorni dopo, di un’anziana donna, e che ha iniziato un percorso di “riscatto” e di testimonianza sui guasti delle droghe.

Il libro di Luca Maurelli ((nella foto nel riquadro in basso, a destra), giornalista del Secolo d’Italia, si apre con la prefazione del Cardinale Gherard Müller e una introduzione del senatore Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia, e si chiude con un racconto “ margine” della Napoli tossica, “Drogheria Bella Napoli”, firmato dal cronista di nera Sergio Califano. Insieme a loro, sarà presente anche l’avvocato Andrea Raguzzino,  della Jack Edizioni. Introduce e modera, l’avvocato Giuseppe Pedrizzi (nella foto nel riquadro in basso, a sinistra), presidente Ucid Roma “Quadragesimo anno”, che introduce e modera l’incontro.

Di seguito, la prefazione del senatore Gasparri a “Bianca come il male” di Luca Maurelli

La droga non può e non deve essere mai una libera scelta

Noi che abbiamo conosciuto Vincenzo Muccioli… Quando parlo di droga e di tossicodipendenza amo iniziare i miei ragionamenti ricordando il privilegio di aver potuto toccare con mano la straordinaria opera del fondatore di San Patrignano e di aver potuto, nelle mie possibilità, aiutarlo e sostenerlo anche nei momenti difficili in cui si sono levati in volo avvoltoi e nemici interessati. Credo che di tutta la mia azione politica la cosa di cui vado più orgoglioso è di non avere mai arretrato di un millimetro dalla mia posizione di rigetto assoluto di qualsiasi forma di liberalizzazione delle droghe, oggi, come trent’anni fa, così come sul sostegno alle comunità terapeutiche di recupero dei tossicodipendenti, anch’esse spesso messe sotto attacco o sminuite. Oggi posso dire con assoluta certezza che avevo, che avevamo ragione, noi che abbiamo conosciuto Vincenzo Muccioli… Ma anche don Pierino Gelmini è stato fondamentale nella mia azione per il recupero dei tossicodipendenti e per il rafforzamento delle normative in questo campo. Don Gelmini è stato un esempio vivente, anche lui ingiustamente contrastato, di amore verso il prossimo, di capacità di diffondere la cultura della prevenzione e del recupero, di non considerare mai scarton una persona con una vita di fronte da ricostruire e da vivere. Io che ho conosciuto don Gelmini e Vincenzo Muccioli, da loro ho imparato moltissimo.
La storia raccontata in questo libro, vera, amara, spietata nella sua circostanziata ricerca dei dettagli giudiziari, medici e psicologici, è la banale conferma di quanto sostengo da sempre: con la droga si inizia sempre piano, pianissimo, ci si illude che il “leggero” resti
tale ma si passa rapidamente al “pesante” e poi si fini sce sempre per andare a sbattere, spesso facendo danni collaterali enormi a vittime innocenti. Quando tutto è perduto, l’unica via di uscita, l’unica speranza di espiazione delle colpe e di rieducazione alla bellezza della
vita, non può che essere l’accoglienza in comunità. Il carcere, per quanto necessario, è un castigo, lo Stato per quanto volenteroso è un sostegno che non sa e spesso non può: eppure c’è un mondo, tutto italiano, potrei dire di orgoglio italiano nel mondo, costruito sul
volontariato, sull’iniziativa di area cattolica o su model li di assistenza privata che funziona, se sostenuto: un modello in grado di salvare giovani che hanno abboccato da poco o adulti incalliti, drogati alle battute finali di un’esistenza regalata a pusher e criminali.
La cronaca è spesso illuminante. La storia racconta ta nel libro di Luca Maurelli è quella di un professionista della mente, di estrazione borghese, di riconosciuta capacità, inserito perfettamente nel contesto sociale, capace perfino di dare un contributo di testimonianza
su battaglie di interesse pubblico, come la violenza sulle donne, che finisce il suo percorso segreto e inconfessato di dipendenza dalla cocaina nel modo più tragico, per sé e per gli altri: per la sua famiglia, gli amici, i suoi pazienti, le sue vittime sul campo. La vicenda di Germano Guarna e le sue stesse parole che oggi è di sposto a pronunciare sono la dimostrazione che tra le chiacchiere sulla “libertà” di farsi del male e la necessità di impedire che il masochismo diventi “libertà” di danneggiare gli altri, c’è un abisso di ignoranza e spesso anche di malafede che solo chi ha provato la condizione di alienazione che la droga realizza negli esseri umani può raccontare nel modo migliore.
Sullo sfondo, sia chiaro, non c’è una questione semplicemente politica, ma di veri e propri ideali di chi, come me, si batte contro le droghe libere, più o meno leggere, opponendosi a chi è portatore di quella malcelata idea che i limiti alle trasgressioni, l’inasprimento delle regole e le battaglie per la legalità non siano funzionali alla pacifica convivenza bensì attacchi al libero arbitrio dell’essere umano, quasi nel solco delle deliranti teorie del “buon selvaggio” di Rousseau.
Va però anche sottolineato che in alcuni casi, dietro le teorie antiproibizioniste, ci sono percorsi umani e politici che non ho condiviso, ma che a loro modo sono stati coerenti, come quello di Marco Pannella, con il quale mi sono spesso confrontato, da posizioni diametralmente opposte. In tanti altri casi, invece, vincono basse logiche di rendita elettorale e di speculazione politica alla vigilia, magari, di qualche votazione. La canna libera fa sempre effetto, come slogan, soprattutto tra i giovani, che poi sono quelli che in quanto giovani e inesperti non conoscono fino in fondo le trappole delle dipendenze – non solo dalla droga ma anche dall’alcol – e sono facilmente influenzabili.
Noi che abbiamo conosciuto Muccioli e don Gelmini conosciamo bene l’inganno della droga. Personalmente ho parlato a migliaia di famiglie di ragazzi passati per quelle ed altre comunità e che sono tornati alla vita per poi diventare padri e madri di figli che non sarebbero mai nati o che sono tornati ad essere figli di padri e madri che pensavano di averli persi. Dietro la disperazione della “scoperta” di un figlio o di un amico tossicodipendente, che per anni ha con dotto una doppia vita, come il dottor Guarna, c’è il vuoto, la solitudine di chi fa uso di droghe e delle famiglie: i Serd, le Asl e gli assistenti sociali non possono e mai potranno arginare da soli un fenomeno che negli anni si è evoluto e continua a cambiar pelle. Ciò che non è cambiato sono i numeri dei tossicodipendenti o dei morti per droga ma anche delle vittime di rapine di chi va in cerca di soldi per acquistare le dosi, dei plagiati dagli “zombie”, dei genitori derubati da figli ostaggio di sostanze che ora sono più invisibili di prima e più pericolose, dal crack al fentanyl. Non c’è battaglia culturale più difficile di quella contro “tutte le droghe”, nonostante il messaggio – non politico, non religioso, non etico ma scientifico – sia il più semplice di tutti: gli stupefacenti fanno male, in tutte le loro forme. È anche ora di dire basta alla favoletta della marijuana e dell’hashish liberalizzato che ammazzerebbe il business dei clan. Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, autorevole magistrato e tra i massimi esperti dei traffici dei narcos, ha detto a chiare lettere che legalizzando le droghe leggere non si farebbe alcun danno alle grandi mafie, che ottengono i loro profitti prevalentemente dalle droghe pesanti, ma si incentiverebbe il mercato nero per i minorenni, che sono la fetta più ampia dei consumatori di droghe leggere. Ma anche per quei maggiorenni, tipo colletti bianchi, che non vogliono che si sappia del loro discutibile stile di vita. Come il dottor Guarna, per intenderci, di cui leggerete da qui a poco.
Non c’è dubbio: bisogna combattere lo spaccio e il traffico di droga ma bisogna anche sostenere chi agisce per la prevenzione e per il recupero, l’operato delle comunità terapeutiche, portare lì i ragazzi delle scuole, mostrargli le “vite distrutte”, raccontargli l’orrore.
Come ha cercato di fare Luca Maurelli riportando una storia vera con le confessioni del protagonista e il dolore delle vittime innocenti.
Il mio auspicio è che il protagonista abbia voluto iniziare, mettendo a disposizione la sua storia con un gesto non facile che gli va riconosciuto, un percorso di testimonianza sociale che riallacci il filo con quell’idealità che aveva segnato l’inizio della sua professione di
psicologo: il desiderio di aiutare gli altri, facendosi portavoce di un modello di vita sano e rispettoso dopo aver assaggiato il peso della colpa, del rimorso e dell’emarginazione dal mondo dei giusti”.

 

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