I gesti delle “pistole” all’Università? “Sbagliati e controproducenti per la sinistra”, dice l’ex Lc Manconi
«Il segno della P38 e i manichini con i volti dei governanti bruciati in piazza sono forme di azione totalmente sbagliate e controproducenti». Detto da “uno di sinistra” come lui, Luigi Manconi, già Lotta Continua, “Ombre rosse”, ambientalista, poi senatore del Partito Democratico, non è proprio una banalità. In un’ intervista al Corriere della Sera, in merito alla violenza dei manifestanti antifascisti nelle università, ai danni dei ragazzi di destra, Manconi dice che la colpa è “l’involuzione di istanze che non trovando altri canali di espressione si tramutano in forme di aggressività indirizzate contro il primo bersaglio che incontrano sulla loro strada”.
Manconi: “Chi fa il gesto della P38 ignora la storia italiana”
«Chi fa quel gesto ignora la storia e i traumi del nostro Paese», spiega Manconi sul gesto delle P38 che i collettivi antifascisti alla Sapienza hanno ostentato. Una gestualità che il politico e sociologo italiano definisce “solo simbolica, che ha dietro di sé un’idea deformata e alterata di che cosa sia un conflitto sociale all’interno di una democrazia; e tuttavia rappresenta la sublimazione dello stato di frustrazione in cui versa una larga parte di giovani”.
La minaccia dei gruppi anarchici
Alla domanda sui rischi e pericoli delle piazze in questo momento, il sociologo e rappresentante democratico ha risposto che l’unica minaccia visibile per lui “è quella di piccoli gruppi che si definiscono anarchici”. Oltre a questo problema, Manconi ne individua altri due, il primo riguarda “l’incattivimento generale delle relazioni sociali e politiche, estrema conseguenza di un quadro internazionale dominato da guerre e stragi”, mentre l’altro riguarda “la mobilitazione delle giovani generazioni” che “non trovando forme di comunicazione e interlocutori politici, si trasformi nella dimensione agonistica di un corpo a corpo con gli apparati dello Stato”. A queste, secondo le parole del politico, bisogna sommare “l’effetto negativo di una inevitabile sconfitta dei movimenti e di una fase di depressione sociale, che produrrebbero afasia e impotenza“.
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