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Milei: l’onda d’urto anarco-capitalista che sta cambiando l’economia argentina

Da sempre descritta come la nazione delle opportunità perdute, l’Argentina si trova oggi al centro di un esperimento economico senza precedenti. Javier Milei, il controverso “anarco-capitalista” che ha conquistato la Casa Rosada a novembre 2023 e da poco incontrato anche la premier Meloni, ha promesso di ribaltare decenni di declino economico con una terapia d’urto. Ma il Paese, gravato da un passato segnato da default colossali e cicli di iperinflazione, può davvero trovare con lui una via d’uscita?

L’ascesa al potere di Milei

Con il 55,7% dei voti al ballottaggio, Milei è diventato il volto di una ribellione popolare contro il sistema politico argentino. Il suo rivale, Sergio Massa, incarnava l’ala peronista responsabile, secondo molti elettori, di un modello economico ormai logoro. Dopo 75 anni la pazienza degli argentini è finita e hanno spalancato le porte a Javier. E non a torto: il tasso di povertà ha toccato il 50% nel 2023, una cifra impensabile per un Paese con immense risorse naturali, dall’agricoltura al prezioso litio.

Ma Milei non si è limitato a cavalcare la frustrazione. La sua proposta di smantellare il modello corporativista e assistenzialista che domina lo Stato argentino dal peronismo è stata accolta come una svolta necessaria, un’alternativa alla stagnazione, soprattutto dai giovani che hanno creduto e credono nel leader di destra. Tuttavia, la sua debolezza parlamentare – con il suo partito, La Libertad Avanza, che detiene appena il 16% dei seggi alla Camera e il 10% al Senato – rappresenta ora la vera sfida.

Una terapia d’urto per l’Argentina: il metodo Milei

In dieci mesi di governo, i numeri danno ragione a Milei: il bilancio statale è in attivo, la banca centrale ha smesso di stampare denaro e l’inflazione è scesa dal 25% di fine 2023 al 3,5% di settembre 2024. Tuttavia, il costo sociale è stato altissimo. Le misure di austerità hanno colpito duramente le classi medie e lavoratrici. Due i nodi da sciogliere per il presidente: rilanciare un’economia ancora in affanno e sciogliere il nodo dello sblocco del peso – la moneta argentina – ancora vincolato da rigidi controlli valutari. Entrambe rappresentano la banco di prova definitivo per il suo progetto politico, che sarà inevitabilmente giudicato alle elezioni di metà mandato del 2025.

La strategia del presidente argentino

Milei non è solo un economista, ma anche un abile comunicatore. Come Trump e Bolsonaro, usa retorica incendiaria e conflitti diplomatici per mantenere alta l’attenzione. In passato ha definito e ribadito il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva un «corrotto comunista» e il premier spagnolo Pedro Sánchez come un «socialista fatalmente arrogante», ma dietro questa facciata continua a tessere legami e alleanze strategiche nel mondo. Come dimostra lo stretto rapporto con l’Italia e la simpatia per la premier Giorgia Meloni o anche la recente scelta di incrementare il commercio con la Cina, nonostante la sua retorica elettorale anti-Pechino.

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