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Recuperiamo la storia italiana, anche quella antica: basta con piagnoni e filtri stranieri

Che la storia del Novecento, e ormai di questo quarto del XXI secolo, sia politicizzata, magari è irritante, però sta quasi nella natura delle cose. Quello che sfugge alla memoria nazionale è che il morbo strisciante ha colpito anche la storia italiana antica; e siccome è morbo strisciante, quasi non se ne accorge nessuno; anzi la storiografia ufficiale e ufficiosa, inclusa quella scolastica, pare dipendere da qualche ideologia, e spesso forestiera.

E siccome si dice dalle mie parti che ognuno piange i guai suoi, inizio dalla mia Calabria, della quale si sa – e spesso solo vagamente – la Magna Grecia, e da allora a oggi, 2500 anni, silenzio stampa; e tutti a piangere l’illustre e sconosciuta defunta; sconosciuta e perciò illustre. Dal IV secolo a. C., di storia calabrese si sa poco e niente. Torniamo alla storia italiana. Roma godette di buona fama politica, militare e culturale durante l’età repubblica e imperiale, anche se solo gli storiografi e poeti romani furono sinceri nelle critiche e nelle polemiche. L’Impero pagano viene poi sublimato come opera di Dio per preparare il mondo cristiano. L’idea nobile della romanità dura per tutto il millennio detto medioevale, finché Lutero non proclama il suo “los von Rom”, “via da Roma”, che da elaborazione teologica passa prestissimo a concetto di rivolta del Settentrione divenuto protestante: i lanzichenecchi luterani che nel 1527 saccheggiarono l’Urbe portavano ciascuno una corda per impiccare il papa!

In forma meno cruenta, l’insurrezione antipapista diviene antiromana nella cultura inglese e tedesca, e, per contagio, americana. Bastano i filmoni falsoromani a colpi di cattivissimi imperatori e loro donne e cortigiani tristanzuoli, e sempre a perseguitare dei buoni tanto buoni da diventare stucchevoli come una dieta settimanale a base di babà. Ed ecco che nell’immaginario collettivo l’Impero Romano è una massa di sadici assetati di sangue e di conquiste a scapito dei suddetti buoni; e imperatori tutti affetti da qualche forma di follia buffa e furiosa. Ovvero, il nemico dei neonati Usa del 1776, il re inglese Giorgio III, che era matto davvero; e da allora sono matti tutti i nemici di turno dell’America. Non faccio nomi.

La cultura tedesca, pur meritevole per la creazione della filologia scientifica, affermò pervicacemente una visione filellenica della storia antica, e di conseguenza, per loro, antilatina, prendendo troppo sul serio il detto di Orazio sul Lazio feroce incivilito dai Greci; e dimenticando la profonda riflessione di Virgilio: gli altri abbiano pure le arti e le poesie, ma solo Roma e l’Italia hanno la civiltà giuridica e politica, senza la quale, con tutte le nove Muse e Apollo, non vi è degna umanità reale. E anche questo, in Italia, lo dimentichiamo.

Se non bastasse, il rifiuto luterano si estese alla grandiosa Roma barocca, che ai protestanti parve superstiziosa e pagana; e ai neoclassici qualcosa di contorto. La cultura illuminista francese, pur dovendo pagare il suo tributo alla religione cattolica ufficiale, condanna in blocco il Medioevo, e, implicitamente, quindici secoli di storia d’Italia… e della stessa Francia, la cui cattedrali vennero tacciate di “gotiche”, e alla vigilia del 1789 stava per essere demolita Notre Dame di Parigi; e immaginate quale scatolone avrebbero messo su al posto di quella. Se non immaginate, guardate qualche chiesa degli ultimi decenni. Ed ecco il Manzoni, di palese cultura francese, fa del sarcasmo sul Seicento, taccia gli Spagnoli di ignoranza… e, vivendo in Lombardia, disprezza i Longobardi. A questo proposito, quasi tutti credono siano stati “padani”, mentre il Regno di Pavia cade nel 774, e il Principato di Salerno nel 1076, tre secoli dopo, e ancora gli abitanti, o almeno i sovrani, si chiamavano Gisulfo e Sighelgaita.

L’Italia dopo il 1861, e in particolare il Ventennio, tentarono una diversa storiografia italiana, come nell’opera di Gioacchino Volpe e nei programmi scolastici di Gentile; e nel cinema; forse con troppa retorica, mentre sarebbe utile, anche in questo caso, raccontare la verità, anche quella meno piacevole. Per esempio, che il Rinascimento, il momento più alto della storia culturale italiana, è stato anche il momento politicamente e militarmente più scombinato e disastroso dai tempi del re Italo a oggi. Del resto, pure i più sinceri patrioti, dovendo esaltare l’Italia unita, si sono trovati costretti a disprezzare quella disunita, dimenticando che le piccole entità, pur politicamente deboli, furono quelle cui si devono due terzi dell’arte e della letteratura. E ammettiamolo pure che i papi molto raramente furono dei santi, e quasi mai dei pacifisti, ma se non avessero fatto così, anche la Chiesa di Roma avrebbe fatto la fine delle burocratiche Chiese statali: e invece il papa armigero Giulio II ci lasciò la Sistina; e salvò il possibile della libertas Ecclesiae!

E anche sulla debolezza politica sarebbe il caso di non esagerare, se pensiamo a Venezia; e già, ma se nominiamo Lepanto, ecco che tutti i professori si affrettano a dimostrare che fu una sconfitta veneziana, spagnola e cattolica: c’è scritto sul testo, vero? Testo scopiazzato! Nel XVIII secolo, ecco qualche gloria militare del Piemonte; e il primo esercito popolare della storia moderna fu quello calabrese del cardinale Ruffo nel 1799. Se veniamo ai tempi recenti, della Prima guerra mondiale si parla solo per Caporetto; e per la Seconda, per l’8 settembre. È ora di sottrarre la storia patria al lacrimatoio dei piagnoni; e dei dipendenti dalla storiografia straniera; e anche dalla forestiera cinematografia.

(In foto un’immagine dal trailer de Il Gladiatore 2)

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