Violenza in ospedale a Mestre, aggressore libero. Gli operatori: «Body cam e pulsante rosso»
Più sicurezza negli ospedali, pene certe per chi aggredisce medici e sanitari, prometteva la politica solo qualche settimana fa quando, il 13 novembre, con 144 voti a favore e 92 astenuti è arrivato il via libera della Camera per l'arresto in flagranza differita - cioè non sul luogo del fatto - di chi aggredisce il personale.
Poi, nel Pronto soccorso dell’ospedale di Mestre accade il peggio, si scatena la furia di un 50enne irlandese con cittadinanza italiana, che in un quarto d’ora scaraventa a terra e rompe otto monitor, per un totale di 10mila euro di danni.
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Scatta il protocollo di sicurezza, in pochissimo intervengono le volanti della Questura e viene convalidato l’arresto in flagranza di reato. «Il decreto ha agevolato la situazione, altrimenti sarebbe stato portato in Questura e poco dopo rilasciato, mentre oggi viene processato per via direttissima» commenta la primaria del Pronto soccorso, Mara Rosada. Poco dopo, però, arriva la sentenza: esattamente 24 ore dopo aver messo a ferro e fuoco la sala dell’Angelo, il 50enne è stato scarcerato, con il divieto di dimora nel Comune. Il problema, però, non si pone perché l’uomo è un senza tetto.
«Era già passato nel nostro Pronto soccorso» aggiunge Rosada, «e le altre volte si era poi allontanato prima del previsto» aggiunge, spiegando che, dedito all’alcol, capita spesso che venga trovato in stato di ebbrezza a bordo strada, spesso addormentato, e viene portato all’Angelo per gli accertamenti del caso.
Stavolta, però, si è sfiorata la tragedia, perché al momento del risveglio l’uomo non ha trovato il suo zaino, con le bottiglie all’interno. E, allora, la primaria sospira: «Le aggressioni sono episodi molto discussi, il personale è timoroso ma non ci sentiamo soli. Certo è che bisogna discutere discutere fattivamente su nuove procedure per aiutarci a garantire meglio la sicurezza: non parlo di risolvere ma iniziare a mettere aiuti specifici che possono essere dei deterrenti importanti» aggiunge.
«Il Protocollo firmato con la Prefettura ha funzionato e l’abbiamo visto, ma bisogna riprendere la discussione per rafforzare i modelli di difesa» rimarca ancora una volta la primaria.
Necessità, questa, emersa anche in tante altre realtà d’Italia: in provincia di Milano arriverà il pulsante rosso contro le aggressioni, un sistema che attiva automaticamente l’allarme al 112, sempre in Lombardia ma anche a Napoli e Salerno sono già usate le body cam sul petto per registrare eventuali malintenzionati pronti ad alzare le mani contro un camice bianco.
Dei palliativi? «No» risponde la primaria, «dei deterrenti importanti che anche noi vorremmo introdurre» fa sapere.
Mauro Filippi, direttore generale dell’Usl 4 fa sapere come in Veneto Orientale il Protocollo funzioni bene già così com’è, «ma siamo aperti a modifiche e suggerimenti, che potrebbero essere utili anche da noi» commenta, sottolineando che quest’anno le aggressioni nell’Usl 4 sono state 64, di cui solo cinque quelle fisiche, numero calato rispetto agli anni scorsi.
Il direttore generale dell’Usl 3, Edgardo Contato, fa un plauso al personale del Pronto soccorso e aggiunge: «Questa è la strada giusta da percorrere, dobbiamo accogliere nelle nostre strutture tutte le persone che hanno bisogno», sottolineando a sua volta come l’aggressore non faccia parte della casistica di persone innervosite dal sistema o maleducate, ma di un utente alterato.
Mentre gli operatori diventano eroi in trincea agli occhi del mondo esterno, molti si guardano intorno, e quella corsia la vorrebbero lasciare. «Le aggressioni sono un pericolo importante e vero, logorano la passione lavorativa che invece è fondamentale per fare questo lavoro» spiega Rosada, «abbiamo molti operatori giovani che guardano verso altri orizzonti per questo motivo. Quella che fa più male è la violenza gratuita da parte di persone maleducate, non l’aggressione determinata da uno scompenso psicotico come in questo caso che, si sa, mettiamo in contro in una professione come la nostra» conclude.