Ca’ Letizia, mense dei poveri in centro: via libera al tavolo tecnico
Da una parte le 870 firme di cittadini del centro di Mestre, tra via Carducci e via Querini, che chiedono da anni un trasferimento della mensa per i poveri. E che rivendicano il diritto a vivere sereni, vista la difficile convivenza con questa realtà.
Dall’altra Caritas e San Vincenzo de Paoli che nella mensa di Ca’ Letizia garantiscono un servizio fondamentale per la città, con circa 90 pasti giornalieri alle persone che vivono sulla strada e che sono pronti ad un confronto con l’amministrazione comunale ma solo a determinate condizioni.
Ieri il dibattito che va avanti da anni sul futuro della mensa per i poveri di Ca’ Letizia di via Querini, a fianco della Vez, è riapprodato in commissione comunale. La petizione vede come primo firmatario l’avvocato Francesco Schioppa e la raccolta firme è stata portata all’esame del consiglio comunale stavolta dal presidente della Municipalità di Mestre, il leghista Raffaele Pasqualetto, che ha preso a cuore il disagio che vivono gli abitanti.
Una convivenza non facile, lo sanno tutti: tra via Carducci e via Querini sono una costante i gruppi di persone che bivaccano tra un servizio mensa e l’altro in strada, spesso ubriacandosi, talvolta espletando bisogni corporali en plein air. Talvolta scoppiano le risse che aumentano la sensazione di insicurezza di molti.
I volontari avvertono: «Nei discount di via Carducci trovano l’alcool a prezzi meno cari della città».
Le case di questa zona centralissima del centro si svalutano, ci sono negozi che chiudono (l’ultimo quello di Lucia Grieco). Succede attorno a Ca’ Letizia, fulcro, con la vicina mensa dei Cappuccini, di un “triangolo” della marginalità, che arriva fino alla stazione a Mestre.
Nessun accenno a nuove sedi (si era parlato del polo della solidarietà degli Arzeroni oppure dell’ex monastero di clausura della Cipressina) ma c’è una generale volontà di partecipare a un tavolo di lavoro operativo che coinvolga Comune, Caritas, la San Vincenzo.
Per valutare che soluzioni mettere in campo. Obiettivo, ridurre i disagi per i residenti garantendo il doveroso aiuto a chi ha bisogno.
I servizi delle mense per i poveri di Caritas in città garantiscono aiuto a 250 persone al giorno. Tra di loro ci sono italiani e stranieri, clochard e nuovi poveri, persone con dipendenze, droghe e alcool.
A Ca’ Letizia l’attività si svolge dal 1967 contando su una rete di volontari, dalle 50 alle 70 persone (spesso di oltre 80 anni) e che necessiterebbero di un innesto di nuove energie.
Si apre al confronto ma a determinate condizioni.
Stefano Bozzi della San Vincenzo Odv ha ricordato che l’ente non si può permettersi di acquistare un nuovo immobile ma è disponibile a valutare proposte di utilizzo di spazi individuati dall’amministrazione con Caritas non lontani dal centro.
L’attuale immobile è proprietà della Curia, in comodato d’uso tramite la Caritas. Andare in periferia o in zone poco servite dai trasporti rischierebbe di interrompere un servizio che fa parte integrante delle Politiche sociali del Comune.
E questo lo ha evidenziato il direttore dei servizi sociali Danilo Corrà. Per i cittadini ai clochard oggi si mescolano anche persone, legate al mondo dello spaccio, aumentando i rischi.
La Caritas con il vice direttore Franco Sensini ha evidenziato come negli anni tante migliorie siano state apportate.
Fallito l’esperimento del 2010 del centro diurno, per la complessità di ospitare persone che reclamano libertà, dopo il Covid è diventata obbligatoria la tessera, che permette di identificare gli utenti e di farli seguire dai servizi del Comune, dal Drop-in al Serd.
«Non sono sconosciuti ma persone, che conosciamo e che vengono seguiti», ribadisce Corrà.
Gli animi si fanno più tesi quando dalla Municipalità si chiede se è fattibile allestire una navetta per i clochard. «Una navetta è una idea che suona strana visto quello che ci siamo detti fin qui. Non sarebbe frequentata», ribadisce Bozzi.
Stesse perplessità le solleva il Pd con Saccà e Trabucco. Il primo invita a coinvolgere la Questura al tavolo di valutazione; il secondo promette sorveglianza perché non si pensi di nascondere le marginalità in periferia.
«Il risultato sarebbero altre proteste». L’assessore alla sicurezza Elisabetta Pesce apre al tavolo. «Credo sia il momento di lavorare per una altra sede, più idonea della attuale», dice. Manca Venturini e il resto della giunta.