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Biathlon, le prospettive dell’Italia maschile. Tommaso Giacomel sbloccherà la modalità ‘gamer’? E Lukas Hofer è sempre lì!

In questo momento storico, coesistono due versioni del biathlon maschile di primo livello. Quella in cui si confrontano i norvegesi e quella in cui vivono tutti gli altri. In quest’ultima, gli italiani sono tra i migliori del mondo, al pari di francesi, svedesi e tedeschi. Magari altri movimenti avranno numeri più ampi, soprattutto fra seconde e terze linee, ma le punte del diamante azzurro non hanno nulla da invidiare a quelle dello zircone transalpino, teutonico o della parte orientale della Scandinavia.

La cuspide più acuminata è, ovviamente, Tommaso Giacomel, il quale è ormai arrivato a ridosso dei vichinghi, signori supremi della disciplina. Nei videogames delle console anni ’90 capitava che, una volta sconfitto il boss finale al livello di difficoltà “difficile” e dunque si fosse apparentemente raggiunto il pinnacolo assoluto, si sbloccasse la cosiddetta modalità “gamer”, ovvero un livello di difficoltà oltre il difficile, nel quale cambiava tutto.

Era come se il videogame lanciasse uno sberleffo al giocatore, dicendogli “credevi di avere vinto? Ragazzo mio, finora abbiamo scherzato o ti sei allenato. Il gioco vero inizia adesso”. Era però, al tempo stesso, una sfida. Uno sprone a migliorare e a proseguire nello sviluppare le proprie abilità, sino a battere di nuovo ogni avversario, stavolta a un livello ancor più alto.

È esattamente ciò che hanno fatto i norvegesi, hanno sbloccato la modalità “gamer”, issandosi a un livello neppure concepibile in precedenza. Ora bisognerà vedere se chi è capace di eccellere – o ha già eccelso – al livello “hard”, sarà in grado di emulare i norsk nella loro spaventosa crescita. Al riguardo, Giacomel appare – per età e potenziale – uno dei più attrezzati per entrare nella nuova dimensione.

Per adesso è lì, a ridosso dei “mostri provenienti dai Fiordi”, pronto a insinuarsi tra le loro fila alla prima occasione. Un ulteriore passo in avanti, non farebbe altro che moltiplicare queste opportunità di spezzare i filotti di chi ha messo le mani sulla disciplina.

La speranza è che progressivamente anche Didier Bionaz possa seguire la stessa strada. Non tutte le parabole agonistiche sono uguali e quella del classe 2000 valdostano è ben diversa rispetto a quella del coetaneo trentino. Sicuramente meno pronunciata, ma non per questo meno valida. Nella vita bisogna sapere avere pazienza, non si può pretendere di ottenere tutto e subito. Il 2023-24 ha sancito una crescita apprezzabile, l’augurio è che possa proseguire anche nel 2024-25.

Di pazienza ne ha avuta parecchia Lukas Hofer, ammirevole per come abbia saputo ritrovare una buona competitività dopo una serie di acciacchi fisici che avrebbe potuto stroncare anche una volontà ferrea. Non la sua, però. A 35 anni, il veterano sudtirolese può recitare un’importante parte di complemento, accarezzando il sogno di poter essere di nuovo protagonista nelle giornate più propizie.

Il resto della squadra azzurra deve ancora destreggiare appieno il livello di difficoltà “difficile”. Si vedrà se uno tra Elia Zeni o Patrick Braunhofer alzerà l’asticella a sufficienza per migliorare i già più che dignitosi risultati conseguiti sinora, oppure se dai meandri dell’Ibu Cup emergerà qualche altro biathleta tricolore capace di lasciare il segno nella parte bassa della zona punti. In questo drappello, il più in forma è Daniele Cappellari, che non a caso si è guadagnato il posto per Kontiolahti.

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