Quarant’anni fa ci lasciava Giovanni Volpe, l’Ingegnere diventato editore e mecenate “controcorrente”
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Se ne andò il 15 aprile del 1984 come avrebbe voluto, alla fine dei lavori dell’ultimo convegno, che aveva organizzato sotto l’egida della “Fondazione Gioacchino Volpe” da Egli stesso fondata e patrocinata. Giovanni Volpe, figlio dello storico Gioacchino, dopo le parole di commiato ai partecipanti e di ringraziamento ai vari oratori, che si erano succeduti nel corso dei lavori del XII “Incontro romano”, che con cadenza annuale ormai, come un appuntamento atteso di primavera, si teneva dal 1972, reclinò il capo e ci lasciò.
Editore contro corrente, giornalista graffiante ed efficace, mecenate come pochi che non se ne vedono più, organizzatore infaticabile fino all’ultimo istante di vita. Giovanni Volpe, era nato il 1906, aveva fatto, e bene, solamente l’ingegnere e l’imprenditore di successo e, per passione, l’agricoltore.
Dagli inizi degli anni ’60 incominciò ad impegnarsi a fondo ed in prima linea nel campo della cultura e dell’editoria. Chi scrive, appunto, l’aveva conosciuto intorno al 1964/65, ad un convegno di giovani provenienti da diversi paesi d’Europa, organizzato da Pino Romualdi in Romagna, a Rimini.
Volpe se ne stava seduto, in silenzio, da solo, nell’ultima fila della sala dell’albergo, ad ascoltare quanto andavamo dicendo noi giovani, allora ventenni che sentivamo l’urgenza di scoprire una cultura autentica e la necessità di rivisitare autori e pagine allora del tutto sconosciute nel nostro Paese. Eravamo giovani desiderosi di «inventare» ancoraggi morali e bussole d’orientamento che ci consentissero di orientarci in quella che anche allora era la palude delle idee dominanti. In quella occasione conobbi Roberto de Mattei e Francesco Perfetti.
Proprio in quel periodo cominciava a farsi conoscere la sua casa editrice e che precedentemente si chiamava «Il Quadrato». I libri che si pubblicavano e che a noi giovani venivano quasi regalati con sconti del 50/60% erano tutti di autori che si muovevano al di fuori e al di sopra degli schemi culturali laicisti e marxisti allora imperanti, ma tutti erano accomunati da un sentimento: quello di sentirsi e di voler restare scrittori ed uomini liberi; per questo nelle varie collane che si succedevano nel tempo e sulle pagine delle due riviste che Volpe pubblicava, «La Torre» ed «Intervento» (1) potevamo trovare esponenti di schieramenti politici anche contrapposti: da Panfilo Gentile a Jiulius Evola, da Piero Operti a Giuseppe Prezzolini, da Augusto Del Noce a Salvatore Valitutti (2).
L’opera più meritoria, però, che si può ancora oggi ascrivere all’Ingegnere – cosi lo chiamavano gli amici, i giovani che gli erano vicini e quelli che per i vari casi della vita se ne erano allontanati solamente fisicamente – e che penso gli faccia piacere sentirselo dire dall’aldilà nel quale credeva, fu quella di aver contribuito a formare ed a lanciare nel mondo accademico, giornalistico e delle professioni tanti giovani, dando ad essi fiducia, pubblicandone gli scritti, facendo dirigere loro collane di libri e di riviste. Ricorderò solo alcuni di essi: Fausto Gianfrancesci, Dall’Ongaro, Gianfranco Legittimo, Giovanni Allegra, Alfredo Cattabiani, Carlo De Risio, Primo Siena, Fausto Belfiori, Marco Tangheroni, Remo Palmirani, Roberto De Mattei, Francesco Perfetti, Gianfranco De Turris per finire ai Marcello Veneziani e Gennaro Malgieri.
Questo gli avrei voluto dire tanti anni fa e queste ed altre considerazioni gli avrei voluto esprimere, dopo aver letto una vecchia intervista che gli fece Francesco Grisi e che apparve nel n.° 163 della sua «La Torre», nel corso della quale si può scorgere nelle sue risposte un’ombra di malinconia e di scoraggiamento: «Ho anche la sensazione di essere rimasto solo. I giovani per motivi comprensibili si arrendono; i vecchi se ne vanno, come è giusto». Melanconia e scoraggiamento che erano riapparsi anche in una sua lettera aperta «Al lettore», in occasione dell’inizio del quattordicesimo anno di vita della stessa rivista: «La tentazione di abbandonare la lotta dei pochi, di evadere, di disimpegnarsi, di cercare di salvare se stessi, a cui non pochi uomini del nostro mondo hanno alfine ceduto, si riaffaccia». Anche se, poi, l’editore superava da par suo la vena di tristezza che di tanto in tanto riemergeva, respingendo la tentazione di mollare: «A questa tentazione tenacemente diciamo NO» e facendo programmi per il futuro: nuovi libri, le due riviste, altri incontri. Carissimo – mi scrisse – «Sto, incredibile a dirsi, cercando pubblici vari a cui raccontare la realtà storica della responsabilità italiana nella guerra mondiale, sulla base di un ponderoso volume della Dott.ssa Quartaro, allieva di De Felice. Faccio questo non per prenotare voti, ma perché sono ancora molti, troppi gli italiani che dicono: tutto andava bene, ma quella dichiarazione di guerra… E’ l’ultimo scoglio da superare, dopo cada su di noi il silenzio. Se a Pescara c’è qualcuno disposto ad organizzare una chiacchierata, sono pronto a partire!» (in quel tempo vivevo a Pescara perché ero Vicedirettore della Banca Nazionale del Lavoro).
Era forse un presagio, ma ancora non si arrendeva.
Ed io gli avrei voluto rispondere, scrivendo (non telefonare, ma scrivere perché più caldo, più profondo) per rassicurarlo sui giovani e meno giovani, per aprirgli un orizzonte, uno spiraglio che, Lui che era «dentro la torre» non poteva scorgere o cogliere. Gli avrei voluto scrivere che se non vicino a Lui fisicamente, o nelle sue riviste o accanto alla sua casa editrice quei giovani nella vita, nella società civile, senza abdicare ad alcune delle idee proprie, si erano fatti onore ed erano tra le migliori firme dei quotidiani più letti, erano tra gli accademici ed i docenti più seri ed accreditati, erano nel mondo del lavoro, della produzione, della finanza tra i dirigenti più apprezzati, erano nelle libere professioni tra gli esponenti più in vista. Gli avrei voluto scrivere che la maggior parte di essi, anche se non proprio in prima linea, non si era mai disimpegnata, anzi con una opera oscura, ma non per questo meno importante, aveva contribuito a quell’inversione di tendenza culturale, nell’arte, nella politica, nel sindacato, nella mentalità della gente che incominciava ad aprire gli occhi su tanti tabù, su tanti luoghi comuni, su tante verità a senso unico. Un’ inversione che, certamente non sarebbe stata possibile senza un retroterra umano e culturale così vasto, composito, articolato.
Questo avrei voluto scrivergli per fargli sentire che la sua opera, il suo impegno di prima fila avevano dato i frutti sperati, per fargli constatare, attraverso me, che le varie generazioni di giovani che si erano succedute negli ultimi anni, seppur a distanza, restavano a Lui legate da un filo sottile ed impalpabile, ma resistente e duraturo.
Questo avrei voluto scrivergli, ma non lo feci allora, per pigrizia, o chissà perché. Lo faccio dopo tanti anni, ora che l’Ingegnere non c’è più a trentacinque anni di distanza
Note
1- «Intervento», la rivista bimestrale nata nel 1972, sulla quale venivano dibattuti i temi più scottanti del momento storico, con taglio dottrinale e prevalentemente culturale. Si trattava della pubblicazione a più ampio respiro di cui disponeva il mondo non marxista ed antiprogressivista; ad essa collaboravano, tra gli altri, scrittori e pensatori come Fisichella, Ricossa, Tamburi, Cerbone, Salleron, Gregor, Calderini, D’Ancona, De La Mora, Paratore, Del Noce, De Leone, ecc.
2- «La Torre», invece, era nata nel 1970 e tutti i mesi trattava con un linguaggio giornalistico d’attacco e sferzante argomenti di politica contingente italiana ed internazionale, di costume, con alcune pagine dedicate alla musica, alla scienza, all’arte, alla letteratura, al teatro ed alla poesia. Volpe aveva riservato per sé una rubrica molto seguita «Il quartino dell’editore», nella quale spesso lanciava frecciate, da uomo libero qual era, a destra e manca, per spronare, rettificare, puntualizzare ed inquadrare uomini, cose ed avvenimenti. Non è un caso che questa rivista che ha compiuto venti anni abbia ripreso in parte quella testata.
- La casa editrice Giovanni Volpe pubblicò oltre 320 testi dei quali alcuni sono introvabili; il catalogo presentava oltre 305 titoli. Tra le collane di successo ricordiamo solamente: «Italia in guerra», «L’architrave», «Riconquista», «Scolastica», ecc.
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