Le imprese sul futuro del Porto Vecchio di Trieste: «Negozi, startup e cultura»
Negozi? Sì, ma «di qualità», con boutique d’artigianato e grandi firme. Imprese? Sì, però piccole startup, niente manifattura. Servizi sanitari? Solo farmacie. E poi ristoranti, tante attività culturali e museali, senza dimenticare le strutture ricettive. Le associazioni di categoria hanno avanzato le loro proposte per la riqualificazione di Porto Vecchio, dopo un sondaggio realizzato nelle scorse settimane con i rispettivi iscritti. Dallo spaccato emerge la necessità di «valorizzare i punti di forza di Trieste», limitando per quanto possibile gli esercizi commerciali che mal si attagliano all’immagine e alla storia della città.
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L’iniziativa nasce su richiesta della Camera di commercio della Venezia Giulia, che lo scorso 11 settembre aveva presentato alle associazioni di categoria il progetto di rigenerazione urbana dell’antico scalo così come redatto finora. Hanno risposto alla chiamata di piazza della Borsa Confindustria Alto Adriatico e Confcommercio Trieste, illustrando ciascuna i risultati ottenuti dal loro campione.
Per quanto riguarda Confindustria, i sondaggi hanno raccolto in tutto 99 risposte fra gli associati, la maggior parte dei quali (49 per cento) sono di età compresa tra i 50 e i 65 anni. Il 56 per cento degli interessati si dichiara imprenditore, mentre i restanti sono suddivisi tra collaboratori del settore industriale e vari servizi alle imprese.
Ebbene: i desiderata indicano ai primi posti per Porto Vecchio «centri di innovazione», ristoranti, strutture ricettive e attività legate al tempo libero. Guardando più nel dettaglio le singole opinioni, risaltano una serie di rilievi in continuità con il dibattito degli ultimi mesi. In molti vedrebbero ad esempio con favore lo spostamento del terminal crociere, affiancandolo a un marina con relativi servizi e a una spa con acqua di mare. In linea generale, poi, la riqualificazione va condotta secondo gli iscritti «attraverso il recupero dell’architettura classica», senza snaturare l’identità degli ex magazzini.
I parcheggi «devono essere gratuiti» e serviti da autobus navetta, mentre la lista degli errori da non fare include «lo stoccaggio di merci», la creazione di «banche o centri commerciali» e le «strutture residenziali private».
Più ricca di sfumature la fotografia scattata da Confcommercio Trieste, pur ponendosi in continuità con le osservazioni degli industriali. Le risposte raccolte nei sondaggi sono oltre 400, con un’analoga prevalenza (50 per cento) dell’età 50-65 anni. Maggiormente rappresentati i liberi professionisti (66 per cento), seguiti da lavoratori dipendenti (27 per cento) e pensionati (4 per cento).
Anche qui le quattro macro-aree più gettonate sono nell’ordine la ristorazione, i trasporti, l’intrattenimento e le attività culturali. Sul fronte del commercio, si vorrebbe valorizzare l’artigianato locale (58 per cento), le boutique di moda (39 per cento) e le librerie (38 per cento). Per la ristorazione si privilegiano le caffetterie e pasticcerie (70 per cento), oltre alle gelaterie artigianali (65 per cento). Poi teatri e spazi per spettacoli, centri per le attività sportive acquatiche, parchi giochi e poli museali. Le annotazioni sulla mobilità riguardano infine la promozione delle biciclette e dei monopattini elettrici.
I paletti fissati dai commercianti sono simili a quelli di Confindustria. No secco alle strutture sanitarie, ai centri commerciali e agli ambulatori medici. Con grande sorpresa dei vertici di Confcommercio, il rifiuto è esteso anche agli studi professionali. —
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