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Medici a gettone, arriva la stretta: ecco i nuovi limiti imposti dal governo

Ecco la stretta: limiti nel loro utilizzo, che deve essere necessario, e pure nei compensi, con la determinazione di un tetto non superabile.

Il governo entra a gamba tesa nella regolazione del fenomeno dilagante della medicina a gettone: dottori e infermieri, pagati a ore e in servizio negli ospedali, per coprire turni che altrimenti rimarrebbero sguarniti.

Il caso Veneto

Un’eccezione che è diventata regola negli ospedali del Veneto, soprattutto nei reparti di Pronto soccorso e del Suem 118, dove i gettonisti costituiscono il 30% del personale totale.

E un fenomeno che ha necessariamente “drogato” l’intero sistema. Perché, fino a pochi giorni fa, quella dei medici a gettone era una giungla economicamente votata all’anarchia, con regole dettate unicamente dal classico meccanismo della domanda, tanta, e dell’offerta, scarsa. Un tappeto rosso per compensi elevatissimi, per i pochi professionisti disponibili sul mercato (privato).

Altra conseguenza: l’esodo dal pubblico verso le cooperative destinatarie degli appalti. Un meccanismo che alle casse della sanità pubblica italiana si calcola essere costato 1,7 miliardi di euro.

Ma il ministero di Orazio Schillaci, appunto, è intervenuto, con un decreto, da ieri nella Gazzetta Ufficiale, che fissa nuove regole, per cercare di porre un argine a un fenomeno altrimenti destinato a ingrossarsi. Prima di tutto, viene indicato che il ricorso ai sanitari “on demand” deve essere limitato alle situazioni «di necessità e urgenza, in un'unica occasione e senza possibilità di proroga, a seguito della verificata impossibilità di utilizzare personale già in servizio, sia dipendente, sia in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale».

Ma queste sono poco più che parole. La vera stretta riguarda il limite nei compensi di questi professionisti. Quanto ai medici, non più di 85 euro all’ora, per i servizi di pronto soccorso e rianimazione, e di 75 negli altri reparti. Se si pensa che, in Veneto, per le attività libero-professionali della Medicina d’Emergenza e di Terapia intensiva, il tetto è di 100 euro, si intuisce quale potrà essere l’impatto del giro di vite deciso dall’esecutivo.

I nuovi limiti

E nuovi limiti sono stati fissati anche per gli infermieri: 28 euro nei pronto soccorso e 25 euro negli altri reparti.

C’è poi la richiesta di ulteriori garanzie. Ad esempio, per quanto riguarda il personale privo della cittadinanza italiana, deve essere assicurata la conoscenza della lingua.

Poi, dovranno essere rispettate le norme di "buon comportamento", valide per i dipendenti. Non solo. Il personale impiegato dovrà provvedere autonomamente alla stipula di una polizza assicurativa per colpa grave, che sollevi l'amministrazione dagli eventuali danni causati a terzi.

Ed è previsto anche un tetto massimo per le prestazioni, che non può sforare le 48 ore medie settimanali per i professionisti coinvolti nell'affidamento. Obiettivo: garantire a tutti i professionisti, anche impiegati in più strutture, un turno di riposo di almeno 11 ore consecutive.

Queste, quindi, le regole.

I sindacati sorridono, pur con una soddisfazione che rimane tiepida. «Il fatto che sia stata fissata una tariffa oraria di riferimento, con una serie di requisiti e controlli sul personale esternalizzato, è sicuramente positivo» commenta Sonia Todesco, di Fp Cgil, «Ma il decreto, così come è stato scritto, mi sembra pieno di “vie di fuga”. Ad esempio, sarebbe stato opportuno rendere nulle tutte le clausole vessatorie che le cooperative risulta inseriscano nei contratti con i medici, impedendo loro di lasciare quella società, per tornare nel pubblico» dice Todesco, e poi: «Prevedere una sorta di “D-day”, entro il quale consentire ai medici che ora lavorano nel privato di tornare nella sanità pubblica, a condizioni vantaggiose».

Aggiustamenti che non sono stati mutuati dall’esecutivo, nella redazione di questo decreto.

In ogni caso, i nuovi limiti potrebbero rappresentare una svolta, anche nel sistema della sanità veneta. Una sanità che, per andare avanti, continua a ricorrere ai medici gettonisti, pari all’8% dei dottori che lavorano nei nostri ospedali.

All’inizio dell’anno, l’assessora regionale alla Sanità Manuela Lanzarin aveva promesso che le cooperative sarebbe sparite dalle strutture del Veneto, entro la fine del 2024. «Ma i numeri dei gettonisti – spiega Massimo Annicchiarico, direttore della sanità regionale – non è diminuito in questi 12 mesi». Quella con la sanità privata appare una lotta impari.

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