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Urso: “Stellantis presenti un piano adeguato e convincente. La nostra bussola è il lavoro”

Il punto non sono le “bandierine”, ma le “soluzioni”. Per questo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, non drammatizza il fatto che al tavolo convocato con Stellantis per il 17 dicembre non ci sarà John Elkann, ma il responsabile Europa Jean-Philippe Imparato. Su cosa si aspetti al di là di chi si presenterà, però, Urso è chiaro: “Risposte concrete per aprire una nuova fase”. “Sono fiducioso che Stellantis possa invertire il declino, riaffermando la centralità dell’Italia nel suo piano industriale, e che anche in Europa possa contribuire alla svolta che l’Italia per prima ha indicato e che riscuote sempre maggiore consenso”, ha aggiunto il ministro, ricordando che la crisi dell’automotive non investe solo il nostro Paese.

La necessità di una “strategia complessiva”, non solo per l’Italia

E si tratta di una crisi che riguarda tanto l’industria dell’auto, con marchi storici come Volkswagen, Audi, Nissan, Ford pronti a chiudere stabilimenti e lasciare a casa decine di migliaia di lavoratori, quanto le aziende della componentistica, che hanno annunciato “drastici tagli”. Dunque, “serve una strategia complessiva”, ha avvertito Urso, intervistato dal Corriere della Sera, ricordando che “lo avevamo previsto quando ancora in tanti cantavano il “sol dell’avvenire”… Tavares negava la realtà per massimizzare i profitti nel breve”.

Le “linee rosse” del governo comunicate a Elkann

Nella conversazione con Elkann dopo le dimissioni di Carlos Tavares da Ceo e in vista del tavolo del 17 dicembre, Urso ha chiarito le “linee rosse” del governo, come fatto anche in Parlamento, e ha avuto rassicurazioni sul fatto che Imparato “ha il pieno mandato a chiudere con un piano Italia assertivo, chiaro e sostenibile”.

Urso: “Stellantis presenti un piano Italia adeguato e convincente”

“Sono fiducioso che ora si possa fare. E poi insieme, da subito, in Europa, perché la soluzione passa dalla revisione delle folli regole imposte con una visione messianica del Green deal”, ha sottolineato il ministro, spiegando che il governo, a fronte di “un piano Italia adeguato e convincente”, è “disposto a esaminare” i contratti di sviluppo presentati da Stellantis, mentre ha escluso nuovi provvedimenti per la rottamazione.

La “bussola” del governo è sempre il lavoro

La “bussola” dell’esecutivo “è il lavoro”, ha chiarito Urso, ricordando che si tratta di un discorso che vale per Stellantis, come è valso per altre crisi: “In questi due anni abbiamo avviato a soluzione crisi che si trascinavano da oltre dieci anni, da Termini Imerese a Piombino, dovremmo farcela persino con l’ex Ilva di Taranto, così come siamo riusciti in casi locali ma significativi come Wartsila a Trieste, Marelli a Crevalcore, Fos a Battipaglia e più recentemente con Berco”. “Sempre a difesa del lavoro. Nessuno è stato licenziato. E nel frattempo – ha sottolineato l’esponente di FdI – sono stati creati oltre 900 mila nuovi posti di lavoro, segando il record di occupazione”.

L’occasione persa a causa del governo Conte-Pd

Quanto a un ingresso dello Stato nell’azienda, come hanno fatto la Germania e la Francia per Volkswagen, Renault e la stessa Stellantis, Urso, rispondendo a una domanda di Enrico Marro, che firma l’intervista, ha spiegato che si è trattato di un’occasione persa a causa del governo Conte 2, visto che “la questione si pose quando fu creata Stellantis. Io stesso mi espressi in tale direzione, ma il governo di allora (Conte 2, ndr) preferì lavarsene le mani, a differenza del governo francese, e non esercitò nemmeno la golden power. Ora è tardi e non è più proponibile. Ed è inutile tornare sull’argomento”.

L’impegno in Europa per un elettrico sostenibile

Da Stellantis, ha spiegato ancora il ministro, “ci aspettiamo un piano di lungo respiro, dove siano indicati con precisione gli investimenti e i modelli che si intendono produrre nei singoli stabilimenti, assicurando una chiara prospettiva di sviluppo nel nostro Paese. E con particolare riguardo alla componentistica, impegnata in una difficile diversificazione e riconversione alla quale destineremo le maggiori risorse. Va realizzata inoltre una filiera nella tecnologia green, perché l’Europa non può dipendere da altri continenti”. Una strada tracciata dall’Italia in Europa, dove il “non-paper” promosso dal nostro governo e “fondato, come nel Report Draghi, sul principio di neutralità tecnologica, sulla necessità di risorse comuni per il comparto e sull’autonomia strategica nella catena del valore delle batterie elettriche” ha già incassato il sostegno di 15 Paesi.

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