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Accoltellato mentre tenta di sedare una rissa: «Ho rischiato la morte come Jack» 

«Ora vorrei solo essere nel mio locale e invece sono qui in questo letto di ospedale del reparto della Chirurgia toracica».

Cosimo, come sta?

«Fino a questa mattina (6 dicembre, ndr) avevo il respiratore, ora me lo hanno tolto. Ho tutto il collo gonfio, sono pieno di dolori, faccio un po’ fatica a respirare perché sono attaccato a un tubo. Con la coltellata che ho preso, alla scapola, il polmone è come collassato, ora mi stanno aggiustando, aspirando l’aria che è andata in giro nel mio corpo. Sulla schiena ho un bello sbrego. Infermieri e medici sono molto gentili. E per fortuna sono vivo».

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Ha avuto paura di non farcela?

«Ci ho pensato, a mente fredda, solo dopo. Potevo finire come Giacomo Gobbato. Giacomo era un amico, abbiamo anche lavorato insieme a Venezia. Quello che ci è successo è in qualche modo simile: lui è intervenuto dopo che una donna era stata derubata, io per cercare di fermare una rissa. Giacomo purtroppo non c’è più, io mi sono salvato ma se la lama fosse entrata in modo diverso forse non potrei essere qui a raccontarlo. Ho una compagna, un bimbo di tre anni, faccio fatica a pensarci. Devo ringraziare Dio se l’aggressore mi ha colpito solo sulla scapola».

Ci racconta che cosa è successo nella notte tra giovedì e ieri?

«Erano circa le 3 di notte, io ero fuori a parlare con alcuni clienti del locale. C’era un gruppo di ragazzi tunisini che stava festeggiando un compleanno, e altri clienti, una decina di persone in tutto comprese due ragazzi cinesi. Ad un certo punto è arrivata un’auto tutta sparata, dall’auto sono usciti dei ragazzi che non ho mai visto nel nostro locale. Uno in particolare se l’è presa con uno degli invitati al compleanno e lo ha trascinato fuori dal plateatico. Poi sono iniziati a volare tavolini e sedie, anche alcune bottiglie, la situazione stava degenerando».

E lei come ha reagito?

«Mi stavano sfasciando il plateatico, l’aggressore stava picchiando il mio cliente. Ho cercato di dividerli e sono intervenuti anche altri due ragazzi. La mia è stata una decisione presa d’istinto, mi è venuto naturale cercare di separarli. Credo che in tanti al mio posto si sarebbero comportati alla stessa maniera. Il tunisino – quello che dopo essere sceso dall’auto ha iniziato la rissa – deve aver tirato fuori dalla tasca il coltello. Anzi lo ha fatto, ma io non l’ho visto. È durato tutto pochi secondi».

Quindi non si è reso conto di essere stato accoltellato?

«Non subito. Ho sentito solo un fortissimo dolore alla schiena. E poi all’improvviso mi sono accasciato. Ho cercato di rialzarmi ma non ci riuscivo, e in quel momento ho sentito gli altri che mi urlavano: “Stai fermo, stai fermo”. Poi ho visto il sangue, tanto sangue, e ho capito che era successo qualcosa di grave».

È sempre stato cosciente?

«Sono svenuto due volte. Una lì davanti al locale, mentre ero steso per terra. Per fortuna c’erano mia sorella e gli altri clienti che mi hanno subito assistito. E poi credo di essere svenuto in ambulanza. Mi sono svegliato che ero già in ospedale. A adesso sono qui, disteso a letto, ci dovrò stare almeno fino a giovedì prossimo ma non vedo l’ora di tornare nel mio locale».

Che tipo di locale è quello gestito da lei e sua sorella?

«È un locale notturno, aperto fino alle 6 del mattino. Vengono a mangiare tanti operatori che per lavoro fanno le ore piccole. Non abbiamo mai avuto problemi di alcun tipo».

Ma lei si è fatto un’idea dei motivi che hanno scatenato l’aggressione e la successiva rissa?

«Sia gli aggressori che gli aggrediti sono tunisini e, da quel che ho potuto capire, ci sono delle vicende che devono chiarire tra di loro, però altro non so anche se mi piacerebbe capire. Anche perché, ripeto, quelli scesi dall’auto noi non li abbiamo mai visti qui. Dopo che mi sono accasciato per la coltellata si sono allontanati tutti».

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