Sos carewashing: 4 lavoratori su 5 non credono al benessere promosso dalle aziende
Allarme carewashing. Crescono gli investimenti delle aziende per fare stare meglio i dipendenti (+37% entro il 2028), ma i lavoratori non se ne accorgono. Per 4 dipendenti su 5, secondo un sondaggio Gallup, l’azienda non si preoccupa davvero del benessere di chi ci lavora. Questo divario tra le iniziative annunciate dai datori di lavoro e la reale esperienza quotidiana dei dipendenti è appunto il cosiddetto carewashing. Ed è un indicatore essenziale. Perché la ricerca del benessere è sempre più uno dei motori nel mondo del lavoro.
Il mercato globale del benessere aziendale è in forte espansione, passando da un valore attuale di quasi 70 miliardi di dollari a una stima di 95,8 miliardi entro il 2028 (+37%), secondo report di The Business Research Company. Tuttavia, questa dinamica positiva non sembra tradursi in un reale miglioramento per i lavoratori. Solo il 21% dei dipendenti a livello globale (sondaggio Gallup) ritiene che la propria azienda si preoccupi del loro benessere, mentre il restante 79% percepisce un forte scollamento tra le dichiarazioni e i fatti.
A fronte di progetti che spaziano dallo screening sanitario al supporto psicologico, fino allo smart working, permane una crescente insoddisfazione. La percentuale di lavoratori che a livello globale percepisce un sincero impegno dell’azienda verso il proprio benessere è crollata drasticamente, passando dal 49% nel 2020 al 21% nel 2024, con una riduzione del 57%. Dietro il fenomeno del carewashing si celano problematiche strutturali. Mentre molte aziende si concentrano su iniziative di facciata, i dipendenti continuano a riportare un aumento delle emozioni negative sul lavoro: stress (41%), preoccupazione (38%), tristezza (22%) e persino rabbia (21%). Il costo di tale disimpegno si riflette sull'economia globale, con un impatto stimato in 8,9 trilioni di dollari (pari al 9% del PIL mondiale).
"La mancanza di coerenza tra ciò che le aziende dichiarano e ciò che realmente attuano è alla base di questa sfiducia. Ad esempio, promuovere workshop sulla salute mentale nel quale vengono fornite indicazioni su come stabilire confini appropriati tra lavoro e vita privata e, al contempo, non monitorare i carichi di lavoro, inducendo le persone a sacrificare il proprio tempo personale per rispondere a scadenze serrate, mostra come un’iniziativa potenzialmente virtuosa, possa al contrario rivelarsi un boomerang per l’azienda che l’ha promossa”, spiega Marika Delli Ficorelli, Head of HR di Zeta Service, azienda specializzata nei servizi Hr e payroll che suggerisce, per superare il carewashing azioni concrete come garantire coerenza tra valori e iniziative, personalizzare le soluzioni per i dipendenti e monitorare l’impatto delle politiche adottate.
L’infelicità è stata la spinta di quel 42% di italiani che ha cambiato lavoro recentemente o pensa di farlo a breve. Il motivo principale è la ricerca di “benessere fisico e mentale” (36%), prima ancora della ricerca di opportunità di carriera (indagine dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con BVA Doxa). La ricerca del benessere importa sempre di più ai lavoratori e per questo superare il carewashing è essenziale per il nuovo mercato del lavoro.