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Case occupate a Milano, la sentenza choc ribalta tutto: licenza di occupare, i giudici assolvono gli abusivi

Il processo Robin Hood delle case popolari si chiude nel segno della beffa: con una sentenza ribaltata che assolve dall’accusa di associazione a delinquere i nove antagonisti alla sbarra. Restano in piedi solo gli addebiti relativi a reati minori. E il messaggio che passa, filtrato dalle parole degli avvocati difensori, è quello rilanciato da Ilaria Salis nel suo video postato alla vigilia del verdetto sul caso, con gli avvocati che commentano: «Altro che rete criminale, fu solo solidarietà in uno dei quartieri più poveri nella città più ricca d’Italia»…

Case occupate, beffa Giambellino, i giudici danno ragione agli occupanti abusivi

Il danno e la beffa, delitto senza castigo… E potremmo andare avanti all’infinito, ma il concetto è chiaro e rifà a quanto stabilito ieri nell’udienza in cui la Corte d’Appello di Milano ha assolto i nove imputati a processo con la formula “perché il fatto non sussiste” che ridetermina le pene fino a un anno di reclusione per resistenza e altri reati minori. Una sentenza che ribalta il pesante verdetto di primo grado, che aveva visto condanne fino a 5 anni e 5 mesi, superiori anche alle richieste dell’accusa.

Case occupate, Giambellino: la sentenza legittima l’abuso

Insomma, la vergogna è acclarata e l’abuso legittimato: cade l’accusa di associazione a delinquere per i nove antagonisti del Comitato abitanti Giambellino-Lorenteggio ribattezzati “Robin Hood delle case popolari” per le loro azioni contro gli sgomberi. Non solo. Un processo istituito – come ricordano i legali difensori degli antagonisti –  per «75 indagati, 49 imputazioni, migliaia di intercettazioni e pedinamenti – dopo sei anni si risolve in un verdetto della Corte d’Appello che stigmatizza che “non ci fu alcuna associazione per delinquere, solo una rete di solidarietà in un quartiere tra i più poveri della città più ricca d’Italia”.

Imputati assolti dall’accusa di associazione a delinquere

Il collegio – riferisce tra gli altri Il Giorno sulla vicenda processuale – «ha anche assolto gli imputati in merito ad alcuni episodi contestati oppure, in alcuni casi, ha dichiarato il non doversi procedere per prescrizione. Le indagini dei carabinieri furono avviate nel 2016 e sfociarono, nel 2018, negli arresti domiciliari per i nove imputati». Soggetti alla sbarra che, si legge negli atti dell’indagine, si sarebbero adoperati «con mezzi leciti ed illeciti» per «impedire gli sgomberi di immobili abusivamente occupati» e per «combattere le Istituzioni a colpi di occupazioni» delle case popolari.

E i poveri cristi in lista d’attesa?

Insomma, una sentenza che passa sopra come un trattore sui diritti di chi è rimasto pazientemente in attesa di un alloggio popolare, rispettando tempie e graduatorie di una lista d’attesa che rimane carta straccia. Un elenco che gli occupanti abusivi possono interpolare e riformulare a loro piacimento. Dato che, secondo la ricostruzione emersa dall’inchiesta e dal capo di imputazione di cui dà conto Il Giorno, «il comitato non agiva per fini di lucro ma avrebbe avuto “uno scopo comune: una propagandata giustizia sociale a tutela del diritto della casa, volta a creare una soluzione all’emergenza abitativa, parallela e contrapposta a quella offerta dalle Istituzioni».

Case occupate, non solo Giambellino: il problema abitativo resta irrisolto sul tavolo

Uno stato nella nazione, quello conclamato in aula, che ha smantellato un castello accusatorio che non ha retto all’onda d’urto del processo d’appello. Intanto però, resta irrisolto sul tavolo di accusa e difesa, sentenze e impugnative, il problema abitativo. Quello che coinvolge le famiglie in attesa di una casa, perennemente in attesa mentre gli “okkupanti” abusivi passano avanti con il benestare dei tribunali.

 

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