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Muore di freddo cacciato dalla casa di un attivista anti sfratti. Speranzon: “Dalla sinistra solita ipocrisia”

Tiene banco la tragedia di Marco Magrin, morto di freddo in un garage a Treviso. Era stato cacciato dal suo appartamento che per un beffardo risvolto del destino sarebbe di proprietà di Andrea Berta, attivista trevigiano del Centro sociale  Django e dell’associazione Caminantes. Questi gli slogan con cui l’associazione, con Berta in prima linea, aveva fatto irruzione nel bel mezzo del consiglio comunale una settimana fa.  “Basta sfratti! Basta persone in strada!”. “Siamo arrabbiati e sconvolti, accoglienza degna! Accoglienza subito!”. “La casa è un diritto!”. “Impensabile lo sfratto!”. “La casa è un diritto fondamentale”. E ancora: “Case, accoglienza e servizi per tutt*”, con l’immancabile asterisco inclusivo. Ma stavolta non sono stati inclusivi con il povero Marco Magrin. E’ nato un contenzioso tra il Comune di Treviso e il sindaco leghista Mario Conte; che ha annunciato verifiche da parte della Polizia locale e un esposto per chiarire le responsabilità del proprietario di casa. Che, pur sapendo della situazione in cui si trovava il Magrin, non avrebbe avvisato i servizi sociali del Comune che non ne sapevano nulla.

Muore di freddo in un garage, bufera sul proprietario

Magrin è stato trovato senza vita all’interno della sua auto in un garage alla periferia di Treviso. Aveva il cappello abbassato sulla testa e teneva il giubbotto stretto addosso a sé per difendersi dal freddo. Molto probabilmente è morto di stenti, forse per le temperature troppo rigide. La vicenda inizia da lontano – ricostruisce Libero – “con un’eredità, come ci fa sape  Antonella Maria Tocchetto, legale di Andrea Berta, nonché consigliera comunale del Pd a Treviso. «Il mio assistito – spiega il legale a Libero – ha ricevuto in eredità dalla zia questo immobile alla fine dell’anno scorso. Quando ha scoperto che lì dentro c’erano due persone (Marco Magrin e la compagna, ndr) ha detto loro che non poteva più permettersi di pagare le utenze. Ma Berta non sapeva che Magrin fosse uscito di casa e dove vivesse». Da qui sarebbe nato il cortocircuito: il proprietario sapeba della morosità, epperò pur essendo un attivista che fa del diritto alal casa un dogma, questa volta non si è preoccupato – né lui né altri dell’associazione – di che fine avesse fatto Magrin. La legale di Berta ribatte che che «Marco Magrin diceva che se ne sarebbe andato». Così, un giorno, Berta vedendo che l’appartamento era vuoto, ha cambiato tutte le serrature. Sabato scorso è morto di freddo nel garage dove aveva trovato rifugio.

Speranzon: “Sinistra ipocrita e indifferente”

C’è in corso un rimpallo di responsabilità tra il centro sociale e il Comune. «I colpevoli siete voi, vergognatevi miserabili»: questo il post vergognoso sui social pubblicato dal centro sociale Django. Accompagnando il post con un  messaggio che Magrin aveva scritto chiedendo aiuto al sindaco. E, ovviamente, non poteva mancare la voce di Ilaria Salis, paladina delle occupazioni abusive, che però, stranamente non fa menzione dell’identità del proprietario di casa: «La casa è un diritto universale. Non certo le occupazioni di alloggi popolari sfitti e abbandonati, ma l’assenza di politiche abitative per tutti è il vero crimine». Duro l’attacco del vicepresidente in Senato di Fratelli d’ItaliaRaffaele Speranzon, che focalizza il punto. «I tipi dei centri sociali sono quelli che fanno i cortei per la casa e che occupano abusivamente le case degli altri. Poi se è casa loro sfrattano chiunque, soprattutto se il malcapitato è italiano. Il povero Marco Magrin è stato ucciso dalla sinistra ipocrita e dall’indifferenza».

Muore di freddo in un garage. La difesa dell’attivista

Berta si è però voluto difendere dalle accuse: ” Non vivendo in quella zona non potevo sapere che aveva iniziato a vivere in un garage”. Nelle lettere dell’avvocato di Berta si parla solo di una restituzione delle chiavi e mai di un atto giuridico che chiede la riconsegna dell’immobile. Il centro sociale a sostegno di Berta  shttps://ansafoto.ansa.it/foto/ostiene la sua tesi. La polemica è destinata a durare.

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