Spagna, le signore spericolate che inguaiano Sanchez
È paradossale pensare che chi guida un governo con rappresentanza femminile record (12 ministre su 22 componenti: per questo è stato appena insignito del premio delle Nazioni Unite «He For She») possa essere messo in difficoltà proprio a causa delle donne. Eppure succede a Pedro Sánchez. In effetti, questa attenzione per il genere è un tratto distintivo del premier spagnolo: «Solo attraverso il femminismo, le società, i sistemi, i modi di vita miglioreranno» affermava nel 2021, per la festa dell’8 marzo. Ma ora, come in una sorta di nemesi, proprio i problemi di coloro a lui più vicine rischiano di costargli assai caro nei prossimi mesi. C’è innanzi tutto la moglie, Begoña Gómez, con la quale Sánchez è sposato da vent’anni. C’è poi Teresa Ribera, la sua «vice», che ora sarà anche la seconda di Ursula von der Leyen nella neo Commissione europea. E, ancora, ci sono Nadia Calviño, ex ministra dell'Economia, María Jesús Montero, responsabile delle Finanze, per finire a quella del Lavoro e anche lei ex vicepremier Yolanda Díaz.
Ma andiamo con ordine. Nell’aprile scorso un'inchiesta giudiziaria sulla consorte Begoña Gómez (guai, giustamente, a chiamarla Sánchez) per ipotesi di corruzione e traffico di influenze ha portato il premier a valutare seriamente l'opportunità di dimettersi (dopo cinque giorni di riflessioni, ha invece deciso di proseguire il suo mandato). Secondo le accuse, Gómez avrebbe sfruttato la sua posizione privilegiata per favorire un’azienda privata in un cospicuo finanziamento pubblico. Al centro dell’indagine ci sarebbero alcuni incontri privati avvenuti alla Moncloa, la sede del governo, nel 2020 tra Gómez, che allora era a capo della fondazione IE Africa Center, e Javier Hidalgo, l’amministratore delegato di Globalia, un gruppo turistico iberico che possiede Air Europa. Nello stesso anno, e dopo gli incontri tra i due personaggi, la compagnia aerea spagnola ha ricevuto un contributo pubblico da 475 milioni di euro. Gómez, molto indipendente e ambiziosa, mostra evidentemente il limite che spesso spicca nelle compagne dei premier spagnoli, come sottolinea perfidamente l'editorialista del quotidiano El Mundo, Silvia Nieto. «Il problema del loro ruolo è la “sindrome da regina": non possono essere particolarmente ambiziose, perché la Spagna non ha bisogno di una primera dama, essendoci già la moglie del re...». Secondo le indiscrezioni, fu proprio Gómez a insistere, perché Sánchez si presentasse alle primarie socialiste del 2017, per riconquistare la leadership del partito. In ogni caso, si apre ora un nuovo filone di inchiesta che riguarderebbe finanziamenti pubblici da 1,7 miioni euro, ricevuti, dal dicembre 2020, dalla Ong Cives Mundi, la cui madrina è proprio Gómez.
Ma le lusinghe del potere, e un’altrettanta buona dose di ambizione, devono aver avuto effetto anche su altre esponenti di primo piano nell’esecutivo spagnolo. E due di loro sono state candidate dal premier a istituzioni della Ue, la Ribera appunto a Bruxelles, e la Calviño a dirigere la Bei (Banca di investimenti europea). Forse un tentativo di risparmiarle dalla pressione mediatica - e che rischia di lambirle - su quello che appare come uno dei più imbarazzanti episodi di corruzione pubblica nella recente cronaca spagnola. All'ex ministro dei Trasporti José Luís Ábalos e al suo assistente Koldo García sono contestate tangenti per una fornitura da 82,5 milioni di euro di mascherine Ffp2 destinate alle isole Canarie, nel 2020. «Stiamo assistendo al crollo di un governo al rallentatore. I suoi tentativi di prolungare la legislatura sono forse efficaci, ma politicamente dolorosi» afferma Nacho Cardero, direttore di El Confidencial, autore del primo scoop sullo scandalo. Il leader del partito popolare Alberto Núñez Feijóo, nei giorni scorsi, gli ha fatto eco: «Non c'è più spazio per la corruzione nel Palazzo Moncloa. È necessario spalancare porte e finestre», e ha invitato Erc e Junts, le due formazioni indipendentiste catalane che sostengono l’esecutivo, a non essere «più complici di un governo corrotto».
Le parole di Feijóo arrivano dopo la testimonianza davanti ai giudici di uno dei protagonisti della vicenda, Victor de Aldama. Faccendiere, ex agente sportivo, sarebbe stato un «facilitatore» per il pagamento di somme di denaro proprio all’ex ministro dei Trasporti spagnolo (circa 400 mila euro) e al suo assistente (230 mila euro). E Aldama ai magistrati avrebbe fatto riferimento anche a incontri con Calviño e Ribera… Non solo: avrebbe parlato di contatti avuti anche con Montero e con il suo capo di gabinetto, Santos Cerdán León. «Sappiamo che per i socialisti l'opinione del popolo conta solo quando ha un effetto positivo su di loro. Ecco perché, quando non lo ottengono, lo comprano» commenta caustico, lo storico ed editorialista Frans Carrillo Guerrero. A prescindere dalle responsabilità accertate, questi coinvolgimenti sono un danno di immagine certo. Tra i vari inciampi, però, in queste settimane c'è proprio quello che riguarda l’ex vicepremier Teresa Ribera a creare i maggiori grattacapi a Sánchez. Secondo l’opposizione, con il partito popolare in testa, infatti, sarebbero evidenti le sue responsabilità nella gestione dell’alluvione «Dana» a Valencia, dal momento che in qualità di ministra della Transizione ecologica era anche a capo della Protezione civile. E anche per questo motivo il suo ruolo in Europa non è compatibile. Per superare l’impasse, che ha rischiato di mettere a rischio la nomina della sua delfina, Sánchez si è dovuto spendere personalmente con la presidente della commissione Von der Leyen, garantendo il via libera del gruppo socialista a Raffaele Fitto, in cambio del «sì» dei popolari europei alla propria candidata. A Ribera sarebbe imputata, oltre alla cattiva gestione dei soccorsi, un «dogmatismo climatico» - come da definizione del portavoce di Vox, José María Figaredo - che avrebbe impedito di realizzare le opere di contenimento del Turia, il fiume che attraversa Valencia. Queste mancate misure, a detta degli esperti, sono un’importante concausa nelle esondazioni di fine ottobre che hanno provocato 221 morti e un primo, assai provvisorio, bilancio di oltre 31 miliardi di euro di danni.
Dopo l'informativa in Senato sugli eventi nella città catalana, fatta da Ribera il 20 novembre scorso, Yolanda Díaz, leader della formazione di estrema sinistra Sumar, è stata la prima ad abbracciarla. Un gesto, ci si chiede, se dettato più da solidarietà femminile o dalla consapevolezza di condividere con lei un ideale «banco degli imputati»… Anche il partito di Díaz, infatti, è stato coinvolto in uno scandalo, stavolta a sfondo sessuale. Circa un mese, il mentore ed ex portavoce Íñigo Errejón Galván è stato accusato di molestie da diverse testimoni. Un colpo durissimo per l'iper-femminista leader di Sumar, oggi in forte crisi di consensi ma da sempre una spina nel fianco del premier. Le sue posizioni estremiste mal si conciliano soprattutto con la politica economica di governo, atteso alla solita e difficile sfida dell’approvazione della legge di bilancio. Secondo un recente sondaggio dell’autorevole agenzia Sociometrica, il gradimento dei popolari sarebbe salito oggi al 34 per cento, ben otto punti sopra i socialisti. In caso di elezioni, il centrodestra (con i popolari e la destra di Vox) otterrebbe 192 seggi, ben oltre i 176 della maggioranza assoluta. Ecco che l’inverno in arrivo, per il comunque attento alla diversità Sánchez, si preannuncia assai rigido.