Cesare Cremonini e Luca Carboni con “San Luca” cantano fede e identità: come insegnava Sant’Agostino
Un tempo era diffusa l’idea (e c’è chi ne è ancora persuaso) che l’artista anticonvenzionale fosse soltanto quello scurrile, ramingo, laicista d’accatto. Ebbene, si tratta di un’idea erronea. Per ascoltare, invece, un contenuto che si eleva davvero da certa convenzionale offerta musicale, consiglio di rivolgersi a Cesare Cremonini e Luca Carboni: con la loro ultima canzone – la prima incisa insieme – celebrano fede e identità territoriale.
Nel titolo, “San Luca”, è iscritta una dedica al santuario mariano che da secoli è il riferimento spirituale del popolo di Bologna, la loro città. Contenuta nell’ottavo album di Cremonini, “Alaska Baby”, pubblicato il 29 novembre dalla Emi, può essere considerata un poderoso ma raffinato moto dell’anima verso il cielo. È una sinfonia delicata, eppure efficace, lenta al punto giusto, piacevolmente accompagnata in sottofondo da sibili della natura e dal suono di campane. Se è vera la massima, attribuita a Sant’Agostino, che “chi canta prega due volte”, i due artisti bolognesi quadruplicano, perché quasi cantano e pregano nello stesso testo.
Cremonini rende un tributo al viaggio nel suo duplice e inscindibile valore, fisico e spirituale: “Quando non c’è qualcuno che mi aiuta, vado a correre fino a San Luca. Così magari mi trovo, in qualche sentiero nuovo, lì”. Questo tipo di viaggio non è precluso a nessuno, nemmeno a chi è poco avvezzo a pregare le orazioni tradizionali, come ricorda Carboni in una struggente strofa successiva: “Io non la so fare una preghiera, chiedo solo quello che si avvera, così sono sicuro, non ci perde nessuno, qui”. Del resto, ci insegnano i due artisti respingendo ogni tentazione ateista, “è bellissimo sperare che non sia tutto qui, sì”.
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