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L’analisi. I crimini contro la cultura? Non meno feroci di quelli consumati contro le persone

La recrudescenza del conflitto all’interno della Siria, con le truppe islamiste che hanno messo a ferro e fuoco diversi territori, riapre prepotentemente la questione di una delle vittime più dimenticate e trascurate di ogni conflitto: il patrimonio culturale. Già, perché la battaglia combattuta nei giorni scorsi ad Aleppo è avvenuta a pochi metri da uno dei luoghi più significativi dell’intera regione, la cittadella del XIII secolo, che da quasi quarant’anni è inserita nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità. Un’area senza pace, già fortemente compromessa fin da quando, nel 2013, l’Isis prese il sopravvento, infliggendo danni gravissimi al sito archeologico: il minareto della Grande Moschea degli Omayyadi, risalente al 715 d.C. venne raso al suolo e varie parti dell’antica cittadella furono distrutte. Il sito fu riaperto solamente nel 2017 una volta cacciati gli estremisti dello Stato Islamico, ma adesso è nuovamente in pericolo, dopo essere stato in parte danneggiato anche dal terremoto del febbraio del 2023.

La ferita di Palmira

In Siria, un’altra ferita difficile da dimenticare è quella che venne inferta a Palmira, distante solo poche centinaia di chilometri da Aleppo, con i ribelli jiadhisti che dal 2015, in modo sistematico e mirato, operarono la brutale distruzione di vari monumenti del sito archeologico, fra cui l’abbattimento del Tempio di Bel, dedicato alla divinità mesopotamica corrispondente al Greco Zeus e a Giove dei Romani, insieme all’arco monumentale costruito sotto il regno dell’imperatore Settimio Severo e al Tempio di Baalshamin, raso al suolo facendo esplodere al suo interno una grande quantità di esplosivo. La barbarie iconoclasta degli estremisti, che colpivano tutto ciò che per loro era “pagano”, si fermò soltanto nel 2017, dopo la liberazione della città. Sempre in Siria, le milizie dello Stato Islamico distrussero anche il monastero di Mar Elian, meravigliosa testimonianza cristiana risalente al quinto secolo d.C.

Non lontano, in Libano, prima della fragile tregua siglata dieci giorni fa, a danneggiare il patrimonio culturale ci hanno pensato le bombe israeliane: dallo scorso 17 settembre i raid hanno preso di mira Tiro, a ottanta chilometri a sud di Beirut: qui ne è risultato danneggiato l’Ippodromo romano, anche questo inserito nell’elenco del patrimonio mondiale Unesco, ma anche siti culturali di epoca fenicia, oltre all’antico mercato di Nabatieh, risalente all’epoca mammelucca e adesso distrutto, alla Chiesa greco-cattolica di Derdghaya e alle Moschee di Kfar Tibnit, Blida e Tayr Debba.

L’arte colpita anche in Libano

Le bombe, poi, hanno causato danni anche a un edificio di epoca ottomana nei pressi del bellissimo sito archeologico di Baalbek, ritenuto, con il maestoso Tempio di Giove, uno degli esempi architettonici più importanti dell’Impero Romano. A questo proposito, i bombardamenti hanno danneggiato il centro visitatori del sito, che era stato realizzato nell’ambito di un importante progetto di restauro voluto e finanziato dall’Italia e completato soltanto nel 2023. Fra i luoghi che a Baalbek hanno subito più danni, una cupola del Qubbat Douris, risalente al 1243 d.C. Ferite gravissime che hanno indotto l’Unesco a tenere una riunione straordinaria a Parigi lo scorso 18 novembre per proteggere i beni culturali libanesi, vittime incolpevoli della guerra fra Israele ed Hesbollah. Nella seduta 34 siti del Libano sono stati iscritti nel Registro Internazionale dei Beni Culturali sotto Protezione Speciale, che dovrebbe garantire a questi luoghi (il condizionale è d’obbligo) un livello di immunità più alto rispetto al passato.

Per non parlare di Gaza, dove i missili e i cannoneggiamenti israeliani non hanno solamente lasciato sotto le macerie decine di migliaia di persone, ma inferto ferite profonde anche al patrimonio culturale: secondo le stime aggiornate al luglio scorso, effettuate grazie a indagini satellitari, come riporta “The Journal of Cultural Heritage Crime”, l’Unesco ha documentato danni significativi a una cinquantina di siti culturali, comprendenti ventotto luoghi di interesse storico-artistico, quattro monumenti, altrettanti siti archeologici, un museo e undici edifici religiosi di pregio.

Iin Ucraina il “bello” violato dalle bombe

Non va meglio in Ucraina, dove il patrimonio culturale danneggiato dai bombardamenti russi, stimato al mese di ottobre, è di ben 451 siti culturali. Nel dettaglio, a subire gli effetti delle bombe sono stati finora 227 edifici di interesse storico-artistico, 32 musei, 32 monumenti, 17 biblioteche, 142 siti religiosi e un archivio. I danni ai luoghi culturali e di interesse turistico, secondo le stime, ammonterebbero a oltre 3,5 miliardi di dollari. Colpiti anche i centri storici di Odessa e Leopoli, entrambi inclusi nella lista del Patrimonio Mondiale Unesco. A proposito dell’Ucraina, recentemente il Consiglio d’Europa ha invitato gli Stati membri europei a ratificare la Convenzione di Faro e la Convenzione di Nicosia, che riguardano il valore del patrimonio culturale per la società e i reati contro i beni culturali.

L’opinione pubblica, occorre dirlo, ha spesso la memoria corta. E perciò non è male ricordare le significative distruzioni avvenute negli anni passati anche in Iraq, dove fecero il giro del mondo le immagini degli islamisti che demolivano antiche sculture all’interno del museo archeologico di Mosul, ma anche copie, trafugando alcuni originali per immetterli sul mercato internazionale clandestino di opere d’arte. O la distruzione, documentata anche da video fatti circolare appositamente dai miliziani, del palazzo di Assurnasiripal a Nimrud, che fu capitale dell’Impero Assiro. E sono due dei tanti esempi di devastazioni di siti culturali iracheni.

Questo, solo per riferirci ai fatti che finiscono sui giornali, ma purtroppo al triste elenco delle testimonianze del patrimonio culturale distrutto, si possono aggiungere – giusto per fare un esempio conosciuto quasi solamente dagli addetti ai lavori – i siti dello Yemen, dove una guerra silenziosa e ignorata dai media, negli anni ha fatto scempio di luoghi della cultura e siti archeologici. Da rilevamenti, aggiornati a qualche anno fa, risulta che ad essere stati rasi al suolo o danneggiati sono stati circa 66 monumenti, inclusi musei, luoghi di pregio storico, aree archeologiche, luoghi di culto e mausolei. La maggior parte sarebbero crollati sotto il peso dei bombardamenti, ma anche qui una trentina sarebbero stati distrutti deliberatamente dagli estremisti islamici.

Tanti episodi, di certo slegati fra loro, ma che hanno un unico comune denominatore, ovvero la distruzione sistematica del patrimonio culturale e con esso, dell’identità, della storia e della cultura dei luoghi. Un crimine contro la cultura, non meno feroce di quelli consumati contro le persone.

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