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Il professor Doria: «Anche le malattie reumatiche si prevengono con lo stile di vita»

Con la nomina alla presidenza della Società Italiana di Reumatologia, il professor Andrea Doria - che dirige l’Unità complessa di Reumatologia dell’Azienda Ospedale-Università di Padova - corona un percorso di eccellenza che ha fatto ottenere al suo reparto, unico in Italia, il riconoscimento europeo “Eular Center of Exellence in Rheumatology 2022- 2027”.

Sono almeno tremila i pazienti con malattie sistemiche gravi seguiti in ambito ospedaliero, e altrettanti quelli con patologie meno gravi ma più frequenti seguiti negli ambulatori dedicati. Farmaci biotecnologici personalizzati, diagnosi precoci grazie a un sempre più stretto rapporto con la medicina sul territorio e prevenzione sono i pilastri su cui poggia l’attività clinica, assistenziale e di ricerca.

Professor Doria, di quali malattie vi occupare nella sua Unità?

«La nostra attività si divide in due capitoli. Da una parte ci sono i pazienti affetti da malattie sistemiche per lo più gravi e potenzialmente soggette a complicanze: parliamo di connettiviti come il lupus eritematoso sistemico, le vasculiti e le malattie autoinfiammatorie. Questi pazienti sono quelli che vengono ricoverati più spesso e per le caratteristiche della malattia più complessi da gestire. Dall’altra parte abbiamo le malattie meno gravi ma con un impatto epidemiologico maggiore, quindi più frequenti, come per esempio osteoporosi, artrosi, affezioni dei tendini e artrite reumatoide. Questi pazienti vengono gestiti per lo più in ambito ambulatoriale. Abbiamo un ambulatorio dedicato per ciascuna patologia».

Sono malattie che colpiscono maggiormente gli anziani?

«In realtà no. In particolare i pazienti del primo gruppo descritto hanno una età media che va dai 25-30 anni ai 40-45, quindi giovani e con una prevalenza del genere femminile».

Quali cure ci sono a disposizione?

«Negli ultimi anni l’armamentario terapeutico si è arricchito grazie ai farmaci biotecnologici che, nel caso delle malattie sistemiche, anche se non sono in grado di guarire, garantiscono un livello di cura che consente al paziente una vita pressoché normale. Abbiamo farmaci efficaci contro l’osteoporosi e biofarmaci sempre più innovativi per le artriti».

Su quali fronti si rivolge la ricerca?

«Una delle principali sfide che abbiamo è quella della medicina di precisione: è importante riuscire a personalizzare le cure a seconda del paziente e della malattia. Da due anni, tra le altre cose, nell’Unità eseguiamo la biopsia della membrana sinoviale proprio per personalizzare le terapie: questo esame, infatti, serve per caratterizzare il paziente e in base alle sue caratteristiche indirizzare la terapia nel modo più personalizzato ed efficace possibile».

Possono essere prevenute le malattie reumatologiche?

«La prevenzione, in particolare quella primaria, è un capitolo nuovo per la Reumatologia e di grandissima importanza se consideriamo che l’incidenza di queste patologie pesa per oltre 4 miliardi di euro l’anno. Un recente studio ha permesso di identificare i soggetti a maggiore rischio: chi ha un familiare con una malattia reumatologica ha da 2 a 5 volte in più il rischio di svilupparne una, chi soffre di psoriasi cutanea ha dal 15 al 30% di possibilità di sviluppare un artropatia. Fattori di rischio sono poi il fumo - strettamente associato alle malattie sistemiche - una dieta ricca di grassi animali, la carenza di vitamina D - tanto da venire utilizzata come farmaco immuno-modulante - e il sovraccarico articolare. Quindi anche in questo caso lo stile di vita gioca un ruolo importante».

Quale sarà l’impegno nell’ambito della Società Italiana di Reumatologia?

«È necessario spingere sull’integrazione a la collaborazione con la medicina sul territorio da una parte, sia per promuovere la prevenzione primaria, sia per consentire diagnosi più precoci. E dall’altra fra professionisti nazionali e internazionali. Il paziente è centrale e l’obiettivo è garantire cure sempre più efficaci e accessibili: serve un dialogo continuo fra professionisti, pazienti, istituzioni per cogliere e gestire i bisogni emergenti. Sul fronte della ricerca e dell’innovazione siamo consapevoli della necessità di promuovere e valorizzare le nuove generazioni di ricercatori, così come spingere sulla formazione come investimento nel futuro».

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