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Aspromonte, montagna di luce

La drammatica stagione dei sequestri aveva trasformato l’acrocòro terminale della penisola italiana in una “terra di nessuno” dove lasciare agire indisturbata, nei decenni, la più potente associazione criminale italiana: oggi una nuova vita fa dell’Aspromonte uno dei luoghi più esotici della Vecchia Europa, tra iniziative paesaggistico-ambientali, valorizzazione economica e proposte turistiche, nella speranza che riemerga soltanto il passato della millenaria storia che qui ha lasciato tracce di assoluto valore culturale. Mentre si discute dell’etimologia corretta …

“Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e fango, e dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati alla mantelletta triangolare che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale”. «Si deve a Corrado Alvaro, originario di San Luca, quel “Gente in Aspromonte”, capolavoro della letteratura italiana del Novecento: un quadro di intima e drammatica connessione fra l’ambiente naturale e gli uomini, in un quadro di sofferenze in cui la terra dell’Aspromonte si segnala per la fioritura di narratori che qui più che altrove si produsse, soprattutto nel ‘900 e che oggi è rinverdita da nuove e importanti presenze».

Francesco Bevilacqua, avvocato e giornalista, già presidente del Wwf calabrese, autore di numerosi saggi sul paesaggio calabrese tra cui la guida naturalistica ed escursionistica “Il Parco nazionale d’Aspromonte, (con Alfonso Picone Chiodo, Rubbettino, 1999) ci racconta della rinascita dell’Aspromonte, da “montagna malfamata” a nuovo luogo esotico del continente europeo.

Un nome che evoca inaccessibilità e che lascia poco spazio alla fantasia…

«Nell’immaginario collettivo l’Aspromonte è il “monte aspro”, impenetrabile, inestricabile. A sedimentare questa etimologia letterale del toponimo fu, inizialmente, “La Chanson d’Aspremont”, un poema cavalleresco del ciclo carolingio le cui prime versioni risalgono al XII secolo, che narra dell’amore di Ruggieri e Gallicella e della caduta della città di Risa (Reggio Calabria) in mano ai saraceni. Si racconta di una montagna selvaggia e dirupata e di un lago collassato: una sorta di anticipazione di quanto sarebbe realmente accaduto nel 1973, quando una gigantesca frana piombò sulla Fiumara Buonamico generando uno dei più famosi laghi di sbarramento del mondo».

Per la pubblicistica nazionale, l’Aspromonte rievoca i sequestri di persona.

«Immagine che si consolidò a partire dagli anni Settanta -in realtà i primi casi si registrarono già negli anni Cinquanta…- con la tragica epopea dei sequestri i persona: l’anonima sequestri targata ’ndrangheta ne fece la propria base operativa e le forze dell’ordine ebbero grandi difficoltà ad operare in un contesto ambientale dalle forme complesse, labirintiche, con pendenze impossibili, valloni precipiti, rupi, frane, foreste che nessuno avrebbe mai pensato esistessero in una regione così a sud. Un centinaio di persone hanno affrontato terribili esperienze nei loro mesi di prigionia tra cui Paul Getty, Cristina Mazzotti, Giuliano Ravizza, Cesare Casella, Carlo Celadon, Roberta Ghidini e Alessandra Sgarella. Ma tutti i nomi andrebbero ricordati…».

Oggi, finalmente, l’immagine è di ben altro spessore.

«Articoli sulle riviste di natura e trekking e prime avveniristiche iniziative locali hanno spinto una nuova generazione di moderni visitatori a scoprire uno dei luoghi più sconosciuti d’Europa, direi “esotico”. Una rinascita coincisa con l’avvio di progetti di sviluppo sostenibile nei primi anni ’90, tra cui Il Sentiero dell’Inglese, originato da un avventuroso tour a piedi compiuto nel 1847 dal pittore e viaggiatore britannico Edward Lear. Organizzazione di una rete di ospitalità diffusa nei paesi, associazioni locali dedite alla riscoperta e alla tutela dei luoghi, promozione sociale e rivitalizzazione delle culture locali stanno contribuendo a cambiare l’immagine di questa montagna».

Iniziative che smuovo anche l’economia locale.

«L’Aspromonte e il suo Parco nazionale interessano finalmente anche per i ritorni economici, sorprendenti per un’area da sempre ritenuta marginale e depressa: giovani pastori riprendono gli allevamenti bradi che furono dei loro avi; si rigenera la produzione di tessuti artigianali prodotti con gli antichi telai nelle case; l’ospitalità nelle campagne e nei paesi si diffonde capillarmente. Insomma, esperienze imprenditoriali innovative per quest’area, nonostante le politiche nazionali ed europee non riescano a promuovere la vita delle aree interne, per come, del resto avviene in molte parti del nostro Paese».

A proposito di Parco nazionale…

«Sono 64.153 gli ettari compresi nel Parco, inglobando 37 comuni. Già dal 1968 l’Aspromonte era sede di una delle tre piccole dislocazioni dell’ex Parco Nazionale della Calabria, poi nel 1989, su iniziativa del senatore Sisinio Zito, venne approvata una legge per l’istituzione di un autonomo parco nazionale in Aspromonte. Nel 1991 la legge quadro sulle aree protette abolì di fatto il Parco Nazionale della Calabria e nel 1994 fu approvata la perimetrazione della nuova area protetta (successivamente rivista) e venne istituito l’ente di gestione, che ha sede a Gambarie, la più nota stazione turistica dell’Aspromonte».

La storia dell’Aspromonte è millenaria.

«Sulle coste tutt’attorno al massiccio approdarono, verso l’VIII sec. a.C., i greci che fondarono alcune delle più famose città del Mediterraneo, come Locri Epizephiri e Rhegion: seguirono bruzi e romani, le incursioni piratesche dal mare, le invasioni barbariche da nord e i bizantini con le fondazioni monastiche disseminate nelle aree più remote. Poi fu la volta di Normanni, Svevi, Angionini, Aragonesi, Spagnoli, Austriaci, Borboni, sino all’avvento dell’Unità d’Italia propiziata proprio dal passaggio di Garibaldi in Aspromonte e dal suo accidentale ferimento da parte delle truppe sabaude che volevano ostacolare - nella seconda spedizione, quella del 1862 - il tentativo dell’Eroe dei due mondi di salire verso nord e prendere Roma. Senza dimenticare terremoti, brigantaggio e alluvioni».

In un quadro storico dinamico, si inserisce la fioritura di celebri narratori.

«Corrado Alvaro, originario di San Luca, apre il suo capolavoro (“Gente in Aspromonte”) con un quadro di intima e drammatica connessione fra l’ambiente naturale e gli uomini: e tutti i principali narratori calabresi provengano proprio dall’area aspromontana e manifestano un forte legame con questa montagna: Leonida Repaci, Francesco Perri, Mario La Cava, Fortunato Seminara, Giuseppe Occhiato, Saverio Montalto, Saverio Strati. Per giungere ai contemporanei, come Mimmo Gangemi, Santo Gioffrè, Gioacchino Criaco, Pietro Criaco, dai cui libri sono stati tratti, anche di recente, film e serie televisive di successo: “Il giudice meschino”, “Artemisia Sanchez”, “Anime nere”, “Aspromonte, la terra degli ultimi”».

Questa montagna affascinò intellettuali non propriamente calabresi…

«Tra il 1916 ed il 1928, Umberto Zanotti Bianco, filantropo ed archeologo, dopo la guerra nominato senatore a vita, raggiunse più volte a dorso di mulo il paese di Africo, per portare aiuto alla sua popolazione derelitta, che abitava in tuguri di pietra, senza una strada carrabile, senza una scuola ed un ambulatorio medico, senza acqua corrente, elettricità, fognature. Nel 1948 un fotografo dell’“Europeo”, Tino Petrelli, ed il giornalista Tommaso Besozzi, furono autori di un drammatico reportage sulle condizioni del paese, come raccontò Corrado Stajano in un famoso libro pamhlet del 1979. Intanto Cesare Pavese, nel 1935 inviato al confino a Brancaleone, il borgo artigliato su una rupe ai piedi del versante orientale dell’Aspromonte, trovò ispirazione per uno dei suoi romanzi, “Il carcere”».

I greci di Calabria…

«Dall’VIII sec. a. C., epoca della colonizzazione magnogreca, sino alla conquista normanna, avvenuta nel 1052, l’ultimo e più meridionale massiccio montuoso dell’Italia peninsulare, rimase intriso di cultura greca. Che neppure le invasioni barbariche prima e le dominazioni normanna, sveva ed angioina, dopo, riuscirono a scalfire. Non è un caso che proprio in Aspromonte, tutt’attorno alla vallata della Fiumara Amendolea resista ancora un’enclave etnica di lingua ellenofona, fra Bova, Condofuri, Roccaforte del Greco e Roghudi, col cuore nel villaggio di Gallicianò. Questa comunità era un tempo molto più estesa e conservava più capillarmente il suo antico idioma».

Contrasto di tonalità. Dal nero al bianco…

«Dai paesaggi rupestri e in particolare dai candidi calanchi che popolano varie zone delle colline contermini al massiccio, oppure dal bianco delle nevi che i naviganti osservavano dal mare, deriva, secondo studiosi del calibro di Gerard Rohlfs, un altro possibile significato del toponimo Aspromonte: aspro, dal greco antico “àsperos”, significa, infatti, “bianco” per cui potrebbe tradursi “montagna bianca” o “montagna lucente”. Anche nel senso di montagna sacra: sacralità che potrebbe provenire dalla “Dea Bianca” di cui parla Robert Graves in un suo saggio, la “Grande Madre”, divinità primeva del Mediterraneo, femminile e pacifica, indagata con dovizia di ritrovamenti dall’archeologa Marija Gimbutas».

A proposito: l’Aspromonte si ammanta anche di profonda religiosità.

«Accade per il culto della Madonna di Polsi, o Madonna della Montagna, con il tema dell’uomo che è chiamato a sugellare la propria supremazia sulla natura. Il relativo santuario, letteralmente confitto nel cuore del massiccio, è il più isolato d’Europa, posto su un vallone dell’alta Fiumara del Bonamico. La devozione popolare porta migliaia di pellegrini almeno una volta all’anno (il 2 settembre) in un luogo praticamente inaccessibile a confrontarsi con riti ed usanze che si perdono nella notte dei tempi. Come le “pupazze”, le “Persephoni di Bova”, altro esempio di religiosità che affonda le sue origini direttamente nella mitologia greca».

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