World News

Forniture di gas russo a rischio in Serbia, Austria e Ungheria

Il colpo di coda di una guerra dell’energia che si combatte da quando la Russia ha invaso l’Ucraina. E che ora, a quasi tre anni dall’inizio dell’aggressione, rischia in un futuro forse non lontanissimo di lasciare al freddo milioni di persone, in Paesi che ancora dipendono da Mosca per le forniture di gas. È il fosco scenario che tiene in grande ansia Serbia e Ungheria – con possibili circoscritte ripercussioni anche in altre regioni dei Balcani e in Austria – Paesi che potrebbero presto registrare problemi seri nelle forniture di gas russo, essenziali per la stabilità dei rispettivi sistemi energetici.

Efetto domino

È questo l’ipotizzabile risultato di una complessa catena di eventi che, dalla lontana Washington, sta innescando un effetto domino tra Mosca, Sofia, Belgrado, Budapest. Tutto inizia negli Usa, a fine novembre, con l’imposizione di pesanti sanzioni contro Gazprombank e altre banche russe, pensate per «minare ulteriormente la macchina da guerra russa», che si alimenta anche grazie «all’aggiramento delle sanzioni da parte del Cremlino», ha annunciato Washington. In pratica, l’obiettivo delle nuove misure è evitare che Gazprombank possa operare transazioni che solo lambiscano il sistema di pagamenti occidentale e americano in particolare. Tutto bene, tutto giusto. Ma c’è un problema: il Cremlino, incassata la nuova botta, ha subito annunciato che Gazprombank continuerà a essere l’unica banca autorizzata a processare pagamenti per il gas russo da compratori stranieri – e che essi dovranno essere in futuro effettuati in rubli. Nuove sanzioni Usa e replica del Cremlino che rischiano di avere un pesantissimo effetto nel cuore dei Balcani, in Serbia, ma anche in Ungheria e in Austria.

Stop al gas

Perché? Per capirlo, bisogna spostarsi sul Mar Nero – attraversato dal gasdotto TurkStream – e in Bulgaria, dove il metano russo arriva via “pipeline” sottomarina, in solo transito, per essere poi trasportato via rete bulgara nei Paesi di cui sopra. Transito che, tuttavia, potrebbe fermarsi in un futuro non lontano. È quanto ha paventato una fonte autorevole, il ministro dell’Energia bulgaro Vladimir Malinov, che ha evocato un possibile stop all’afflusso di gas russo via Bulgaria diretto in Serbia e Ungheria, se Gazprombank non sarà più in grado – a causa delle sanzioni – di pagare per il transito del suo gas l’operatore Bulgartransgaz – che ha ricevuto dal 2022 oltre 700 milioni di euro dal lancio di Turkstream. Bulgartransgaz «rispetta i propri obblighi contrattuali per tempo» e Sofia si attende che «lo stesso faccia l’azienda che ha riservato» le quote di transito, leggi Gazprom. E che in passato «pagava attraverso Gazprombank», ma che non potrà più farlo a breve. «Aspettiamo una proposta da Gazprom», ha concluso Malinov, suggerendo che c’è ancora tempo per individuare una soluzione, dato che le sanzioni entrano in vigore il 20 dicembre, mentre Mosca avrebbe teso una mano.

Taglio delle forniture

Ma i timori, nei Paesi che potrebbero essere messi in ginocchio da un taglio delle forniture del gas, crescono, dato che in gioco ci sono circa 18 miliardi di metri cubi all’anno. «La Bulgaria potrebbe stoppare il gas diretto in Serbia», hanno titolato i grandi giornali a Belgrado, mentre il direttore di Srbijagas, Dusan Bajatovic, ha assicurato che le riserve di gas sono sufficienti, fino a dicembre. Di certo, «gli americani vogliono espellere i russi dal mercato europeo del gas e vendere il loro», sicuramente «più costoso», ha aggiunto malizioso. Nel frattempo, le autorità di Budapest, secondo l’agenzia Bloomberg, si sarebbero addirittura rivolte direttamente a Washington. Per chiedere un’esenzione dalle nuove sanzioni.

Читайте на 123ru.net