Il problema del campo largo sono le ambiguità del Pd
di Pietro Francesco Maria De Sarlo
Nella civilissima Emilia Romagna ha votato a malapena il 46% degli aventi diritto e il Pd si è salvato solo grazie al fatto che ha uno zoccolo duro che lo vota a prescindere e quindi maggiore è l’astensione maggiore la percentuale di voto che ne risulta, creando così un effetto nebbia che avvolge la realtà della disaffezione del suo elettorato.
Dall’ultimo rapporto del Censis, su cui è stata messa una ignobile sordina, si rileva che gli italiani ritengono per: l’84,4% che i politici pensino più a sé stessi che ai cittadini; il 71,4% che l’Europa sia prossima a sfasciarsi; il 68,5% che le democrazie occidentali non funzionino più; il 66,3% che i principali responsabili delle guerre in Ucraina e Medio Oriente siano i Paesi occidentali. Solo il 31,2% ritiene giusto l’aumento al 2% delle spese militari. Se persino Rosy Bindi di fronte a questo pensa (Tagatà, 9 dicembre 2024) che il futuro del campo largo o, meglio, della alternativa alle destre di Meloni, dipenda dal fatto che il M5S di Conte si definisca ‘progressista indipendente’ invece che ‘di sinistra’ allora meglio non farsi alcuna illusione sulla sconfitta delle destre.
Con i suoi pregi e difetti il Pd rimane l’elemento centrale per una alternativa a questo governo, ma per poter diventare anche una alternativa reale occorre che sia capace di mobilitare quell’elettorato deluso e disilluso che non va più a votare invece di respingerlo. Aiuterebbe anche capire che gli elettori del M5S, in specie quelli provenienti dalla sinistra, appena vedono alleanze o accordi con il Pd con la stessa dirigenza che hanno combattuto, sia a livello locale sia nazionale, scappano.
Ma cosa imputano al Pd quelli che possiamo definire gli elettori potenziali del campo largo?
Nel libro Il grande inganno Cirino Pomicino afferma che il ‘salotto buono’ del capitalismo italiano scelse di costruire la Seconda Repubblica dando credibilità e sostegno, con i propri media, agli eredi del vecchio Pc e della vecchia Dc, ora Pd. Sempre secondo Pomicino questo legame pernicioso trasformò il Pd “nel braccio operativo della destra neoliberista europea” e l’intreccio tra capitale, finanza e informazione ha generato “Un’arma letale per le democrazie liberali… Una potenza di fuoco difficilmente sostenibile dalle istituzioni democratiche”. Anche perché operano: “utilizzando nel contempo le insinuazioni personali e la gogna contro gli avversari, manipolando pesantemente la verità”. Esempi: putiniani, populisti, sovranisti.
Non si potrebbe esprimere meglio di Pomicino la natura del problema rappresentato dal Pd. In aggiunta l’attuale segreteria Schlein fa poco o nulla per liberarsi dallo stigma di essere parte del sistema di potere che ha massacrato il Paese. Anzi la sua recente visita a casa Draghi fa sorgere il sospetto che voglia riaccreditare il partito presso i salotti buoni andando a rendergli omaggio. Ancora non si capisce che per l’elettorato astensionista del campo largo, Draghi è peggio della peste bubbonica. Che Elly chieda lumi a Beppe Grillo che su Draghi ha perso ogni credibilità.
Ci sono poi le ambiguità sulla pace e sul progetto, sempre di Draghi, di trasformare l’Europa in una fabbrica di armi e quelle nei confronti di Netanyahu alimentate dalle posizioni espresse da Picierno e Guerini e i voti in sede di parlamento europeo in appoggio alla commissione Ursula, la più a destra di sempre. In politica economica le piccole retromarce sulla stagione liberista che ha impoverito non solo l’Italia e la Grecia, ma anche la Francia non sono sufficienti a causa del mancato rinnovamento della classe dirigente sia a livello locale sia nazionale.
C’è infine la giustificazione sul piano formale della distruzione del principio stesso di rappresentanza politica con i governi tecnici e c’è anche altro, ma finché il Pd, proprio per il suo ruolo, non darà garanzie credibili sul ritorno alla propria ragione sociale credo che l’elevato astensionismo aumenterà ancora e che ci terremo Gioggia a lungo.
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