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La WADA sul caso Sinner: “L’atleta è responsabile del team che lo circonda”

L’assenza di tennis giocato non ha spento i riflettori su uno dei fatti fuori dal campo che ha fatto più rumore in questo 2024: la positività al Clostebol di Jannik Sinner.
Come noto ai più, il Tribunale indipendente selezionato dall’ITIA (International Tennis Integrity Agency) ha riconosciuto che non vi era stata né colpa né negligenza da parte del tennista italiano e quindi non gli è stato inflitto nessun periodo di squalifica. Argomenti che però non hanno impedito alla WADA, agenzia mondiale antidoping, di presentare il ricorso davanti al TAS di Losanna.

Delle motivazioni che hanno portato la WADA ad agire ne ha parlato il direttore generale dell’agenzia mondiale antidoping, Olivier Niggli, all’agenzia di stampa France Presse: “Non contestiamo il fatto che possa essersi trattata di contaminazione, ma riteniamo che l’applicazione delle norme non corrisponda alla giurisprudenza”.

Il direttore Niggli evidenzia come, secondo la WADA, l’atleta è responsabile del suo team ed è questo l’aspetto che va chiarito: “Nella decisione si è ritenuto che non vi fosse alcuna colpa di Sinner. La nostra posizione è che esiste ancora una responsabilità dell’atleta nei confronti di coloro che lo circondano. Quindi è questo punto giuridico che sarà discusso al TAS”.

Discussione che, come ben pronosticabile, sarà rimandata al 2025 in una data non nota. “Non ci sarà nulla entro la fine dell’anno” ha ribadito Niggli. Il TAS sul proprio sito ha pubblicato le udienze che si svolgeranno sino all’11 febbraio 2025, motivo per il quale si può presumere che il caso Sinner possa essere affrontato successivamente a tale data. Sebbene occorre sottolineare che nel calendario vi è un buco temporale di diverse settimane prima dell’11 febbraio che, si può immaginare, potrebbe essere utilizzato dal TAS per inserire ulteriori udienze al proprio programma.

Tornando alle parole di Niggli, il DG della WADA ha apprezzato la gestione dell’ITIA per quanto riguarda gli aspetti della privacy del tennista azzurro. “Bisogna proteggere gli atleti.ha sottolineato Niggli. “Personalmente trovo che la tutela della reputazione di un atleta debba essere la nostra prima preoccupazione. Viviamo in un mondo in cui i social sono quello che sono e fanno sì che una reputazione possa andare in fumo in brevissimo tempo.”

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