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Perché occorre la ‘misura’ per scongiurare un sistema culturale di idolatria del guadagno e del denaro

Il Vangelo odierno: In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo
(Lc 3, 10-18 – III Avvento C).

La domanda Che fare? – agli studiosi di politica – richiama immediatamente il libro di Lenin, pubblicato nel 1903, testo fondamentale del pensiero rivoluzionario sul tema del rapporto che intercorre tra il partito e la classe proletaria. La sua analisi ci porterebbe molto lontano dall’intento di queste riflessioni sul Vangelo odierno. Tuttavia non va sottovalutato come la domanda Che fare? sia un pilastro di ogni vita umana e di ogni società. Per esempio, se si pensa alla crisi della politica italiana, sono in molti a chiedersi: che fare?

Donne e uomini di ogni cultura e sensibilità, filosofi, teologi, pensatori… ognuno di noi, molto spesso nella sua vita, si chiede che deve fare. Lo chiede a se stesso, o a chi ama sinceramente, o a chi stima profondamente. Lo chiede. Certamente può anche non chiederlo e ripiegarsi in una sciocca sufficienza e pericolosa boria. 

Le risposte di Giovanni alle tre domande (delle folle, dei pubblicani e dei soldati) Che cosa dobbiamo fare? sembrano contenere un richiamo implicito al senso della misura. Quello della misura non è solo un tema della Grecia classica, ma anche biblico. Del resto, anche nella nostra vita, molto spesso, quando chiediamo sul da farsi, ricerchiamo una misura, un’indicazione che ponga le persone e i fatti nella giusta prospettiva o posizione. Il Che cosa devo fare? è una domanda che porta con se diversi altri interrogativi: senso della vita, atteggiamenti verso se stessi, gli altri, la natura e, per chi ci crede, il buon Dio. Ma vediamo le risposte di Giovanni: esse hanno molto da insegnare ai nostri Che cosa devo fare? E la misura sembra essere l’elemento costante nei tre riferimenti.

Alle folle Giovanni indica una misura di dono a chi non ha o ha meno. La vera misura non è nelle scelte egoiste e individualiste ma è rendersi conto di essere e di vivere per mezzo degli altri e con gli altri. Basterebbe il parametro della misura per giudicare i nostri politici attuali: hanno misura? E qual è? E’ individualista e egoista? Oppure solidale e benefica per tutti?

Ai pubblicani Giovanni presenta una misura che è di fatto un “non esigere nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Misura che non è solo il rispetto di regole (fissate) ma è anche il capire che i capricci e gli arbitrii non portano da nessuna parte, se non alla distruzione di ogni legame sociale.  

Ai soldati offre una misura più composta: “non maltrattare, non estorcere e accontentarsi delle paghe”. Le prime due misure si comprendono molto facilmente. Anche la terza, ma essa è tanto compresa quanto ignorata. Non è assolutamente facile accontentarsi delle proprie paghe. Tra desideri personali di possesso e un sistema culturale di idolatria del guadagno e del denaro, non è facile accontentarsi. 

Dobbiamo rifare e attuare diverse misure con noi stessi, con gli altri, con la natura e con il buon Dio. E’ un modo di prendere sul serio la nostra vita; altrimenti questa diventa paglia. E se il Cristo che viene trova paglia, rischiamo di essere spazzati e bruciati nel fuoco inestinguibile. Certo il nostro Natale, spesso fatto di consumati sentimentalismi, stride con richiami alla misura e rischia di perderla e di perdersi in tanti fuochi distruttivi; rischia di essere “fuoco di paglia”. Ma il Natale autentico è sempre altrove… In una giusta misura.

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