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Anche per Hamas si è vicini a una tregua a Gaza: “Forse entro il 2024”. Marwan Barghouti? “Non sarà tra i prigionieri liberati”

Venerdì c’è stata la mano tesa di Washington, con la scarcerazione di Mofid Abdul Qadir Meshaal, fratellastro dell’ex leader politico di Hamas, Khaled Meshaal. Sabato, il partito armato palestinese ha risposto per bocca di un suo alto funzionario che ha parlato al quotidiano Al-Sharq di “un’eccellente opportunità” per annunciare un accordo sugli ostaggi e un cessate il fuoco a Gaza. Questo, secondo una fonte egiziana citata dai media israeliani, anche senza la liberazione della figura più rappresentativa tra i prigionieri palestinesi: Marwan Barghouti.

Tutto è in mano alla nuova amministrazione americana guidata da Donald Trump, sostiene la voce di Hamas, che non deve fare l’errore di dare carta bianca all’alleato Benjamin Netanyahu, intenzionato, secondo il Movimento Islamico di Resistenza, a far naufragare di nuovo l’intesa. “Se Donald Trump riesce a impedire che Benjamin Netanyahu blocchi l’accordo, allora ci troveremo di fronte a un’intesa di scambio in tre fasi e a un graduale accordo di cessate il fuoco, forse prima della fine dell’anno”. Per quel momento il tycoon non avrà ancora preso posto alla Casa Bianca, ma è evidente che il suo approccio al dossier e le garanzie che deciderà di fornire al premier israeliano influiscono già da adesso sulle decisioni di Tel Aviv. Fonti vicine ai negoziati hanno comunque riferito che “ci sono progressi tangibili nei colloqui per il cessate il fuoco” e che “i negoziati vengono condotti in modo molto discreto”.

A dimostrazione del fatto che sottotraccia qualcosa si sta muovendo nei colloqui tra le parti, venerdì anche il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha fatto appello alla Turchia, nel corso della sua conferenza stampa congiunta con l’omologo di Ankara, Hakan Fidan, di esercitare la propria influenza sul partito armato palestinese affinché si arrivi al più presto a un cessate il fuoco, con le vittime che ormai sono diventate 45mila.

Oltre alla tregua, l’intesa prevederà anche la graduale ma totale liberazione degli ostaggi ancora in mano alla formazione islamista e, dall’altra parte, la scarcerazione di numerosi prigionieri palestinesi dai penitenziari dello Stato ebraico. Ma tra quest’ultimi, secondo fonti egiziane, potrebbe non esserci uno dei leader storici e più rappresentativi di al-Fatah, Marwan Barghouti, condannato a cinque ergastoli per aver preso parte alla pianificazione di tre attacchi terroristici in cui morirono cinque civili durante la Seconda Intifada. “Israele ha in mente liste alternative di detenuti palestinesi, tra cui persone recentemente arrestate, che potrebbero ritardare l’accordo”, ha poi aggiunto la fonte. Inoltre, i mediatori avrebbero chiesto che alcuni detenuti palestinesi dopo essere stati rilasciati nello scambio vengano inviati all’estero invece che in Cisgiordania o a Gaza, “cosa che potrebbe essere accettata dai mediatori come un compromesso per porre fine a questo nuovo ostacolo”.

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