Per la Treccani è “rispetto” la parola dell’anno: eppure a guardarsi intorno non si direbbe
Singolare la scelta della Treccani: per la storica Enciclopedia è “rispetto” la parola dell’anno. Stupisce, ma la prendiamo ovviamente per buona stante il blasone della istituzione di provenienza. Eppure, la scelta dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana che ha indicato “rispetto” come parola del 2024 «per la sua estrema attualità e rilevanza sociale» fa pensare e solleva qualche perplessità. Una risoluzione, va precisato, avvenuta nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono, volta a promuovere un uso corretto e consapevole della lingua.
Singolare scelta della Treccani: per la storica Enciclopedia è “rispetto” la parola dell’anno
E allora, il Dizionario dell’italiano Treccani definisce il “rispetto” come un «sentimento e atteggiamento di stima, attenzione, riguardo verso una persona, un’istituzione, una cultura, che si può esprimere con azioni o parole». Una motivazione cristallina e ineccepbile e cristallina: ma siamo proprio sicuri della sua aderenza ai tempi e alla società attuali?
Ma tra accademia e quotidianità reale ce ne passa…
Sì perché a ben vedere in un contesto come quello che ci ritroviamo a vivere e frequentare: con i talk show tv in cui infiammano polemiche e aspri scontri verbali tra gli ospiti in diretta; con la politica sempre più di sovente orientata verso modalità verbali che, fatto salvo i dovuti distinguo, specie dai banchi dell’opposizione sembra aver ormai istituzionalizzato il motto di MacLuhan «il medium è il messaggio», e per cui la recriminazione cede sproporzionatamente il passo all’aggressività verbale e all’insulto.
Treccani: “rispetto” parola del 2024, eppure termine e concetto sembrano caduti in disgrazia
E ancora. Con la scuola preda di bullismo tra coetanei e dove gli insegnanti vengono aggrediti quasi all’ordine del giorno da studenti o dai genitori degli stessi. Per non parlare dei social dove, stante la dimensione virtuale di scontri e confronti, haters e villani di ogni genere e forma, la fanno da padroni. O di quanto ci restituisce la cronaca, dove strabordano casi criminali che, ahinoi, non si limitano a ledere il rispetto che si dovrebbe a donne e minori, fragili e indifesi, ma si va virulentemente ben oltre, la scelta di “rispetto” come parola chiave del 2024 ha più il sapore di un richiamo a un valore in disuso che quello dell’affermazione di un principio vigente , tanto da conquistare l’ambito titolo accademico…
Un valore e una parola rimpiazzati da aggressività verbale, volgarità, violenza
Un valore e un termine, ahinoi, ormai quasi desueti, rimpiazzati con furore dalla maleducazione, dall’arroganza, dalla volgarità, dall’insulto, dalla violenza verbale oltre che fisica. Una sopraffazione concettuale e lessicale che sbatte fuori dalla porta, inevitabilmente, anche i sostantivi e i significati di parole come dignità e tolleranza, sempre più bannati dalla quotidianità. Una quotidianità che, accademia a parte, sembra invalidare nei fatti la scelta dell’Enciclopedia Treccani.
Rispetto, la motivazione della scelta della Treccani
E allora ecco che, a questo punto, forse le motivazioni con cui la scelta della Treccani viene argomentata e rilanciata ci sembra facciano riferimento più alla prima ipotesi di un desiderio di riaffermazione del valore del rispetto, che a quella formulata subito dopo. Perché se c’è una postura o un’inclinazione emotiva in via di estinzione come certe specie animali, purtroppo, questo è proprio il rispetto: soverchiato da ben altri comportamenti. Rinnegato nel linguaggio e nelle condotte pubbliche.
«Questa parola – spiegano Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, condirettori del Vocabolario Treccani, in un comunicato – dovrebbe essere posta al centro di ogni progetto pedagogico, fin dalla prima infanzia. E poi diffondersi nelle relazioni tra le persone, in famiglia e nel lavoro. Nel rapporto con le istituzioni civili e religiose. Con la politica e con le opinioni altrui. Nelle relazioni internazionali.
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