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Ue, cosa c’è dietro il nuovo braccio di ferro tra Bruxelles e l’Ungheria sui 6,6 miliardi di euro da destinare all’Ucraina

In queste ore, a Bruxelles il tempo scorre più veloce che altrove. Il Consiglio europeo sta cercando di arrivare a un’intesa tra i 27 Stati membri che sblocchi lo stanziamento degli ultimi 6,6 miliardi di euro di aiuti all’Ucraina. Ma il grande ostacolo ha, di nuovo, le sembianze del primo ministro ungherese, Viktor Orbán, contrario a contribuire al supporto all’esercito di Kiev. Arrivare al 2025, però, sarebbe un rischio tropo grosso: intanto non verrebbe rispettata la tabella di marcia decisa dall’Unione, trasmettendo così un segnale di debolezza, e si andrebbe inoltre incontro a un anno di cambiamenti che potrebbero convincere molti membri a rivedere le proprie posizioni, soprattutto per l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, da sempre contrario al sostegno incondizionato al governo di Volodymyr Zelensky.

Il 19 dicembre sembra essere il termine ultimo per arrivare a un’intesa, in occasione dell’ultimo Consiglio europeo dell’anno. Ma l’ostruzionismo di Budapest preoccupa le altre cancellerie in cerca di una soluzione per aggirare il problema dell’unanimità. E da quanto si apprende, la via d’uscita sembra essere, di nuovo, quella di pagare (o non far spendere) l’Ungheria: si tratta, secondo quanto scrive Euronews citando funzionari europei, di una riforma del Fondo europeo per la pace (Epf), lo strumento fuori bilancio utilizzato da Bruxelles per il sostegno a Kiev, consentendo alle cancellerie il versamento di contributi finanziari su base volontaria e non obbligatoria. Una soluzione strutturale che risolverebbe futuri problemi legati a impasse e veti, ma che potrebbe scatenare reazioni a cascata all’interno del gruppo dei 27, pressati dalle opinioni pubbliche affinché il sostegno venga allentato.

Nel tentativo di risolvere la questione nel più breve tempo possibile, Nato e Ue hanno giocato di nuovo la carta Zelensky. Mercoledì 18 è stato invitato alla riunione del formato Weimar plus (Francia, Germania, Polonia, Regno Unito e Italia) col segretario generale Mark Rutte a fare gli onori di casa, mentre il giorno successivo sarà presente al Consiglio europeo. Un modo per permettergli di ribadire le proprie richieste di sostegno alla causa di Kiev di fronte agli alleati e a coloro, come l’Ungheria ma non solo, che in Europa manifestano dubbi o scontento per il supporto incondizionato all’Ucraina.

I fondi in discussione fanno parte di un pacchetto che forma nel suo complesso lo European Peace Facility che tra il 2022 e il 2024 ha mobilitato 6,1 miliardi di euro per rispondere alle esigenze urgenti dell’Ucraina nel settore militare e della Difesa. Una cifra che è stata aumentata dopo un accordo raggiunto a marzo 2024, quando l’Ue ha deciso di alzare il massimale finanziario dello strumento di 5 miliardi di euro istituendo un apposito Fondo di assistenza per l’Ucraina. Così facendo, il sostegno ha raggiunto un totale di 11,1 miliardi, ai quali si sta cercando di aggiungere proprio i 6,6 miliardi in discussione in queste ore, portando il totale a circa 17. Ma l’ostruzionismo di Budapest, da mesi, sta bloccando tutto.

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