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La tragedia dei libanesi prigionieri in Siria: sofferenza, silenzi e lotta per la libertà

di Charbel Tawk *

Sento la necessità ed il dovere e non desidero nient’altro, se non che far luce sulle tragedie vissute dai libanesi durante anni di attesa. E quale attesa?

Sono nato in un Paese chiamato Libano, che era occupato dal regime siriano. Sono cresciuto nella paura di questo regime. Perché? Perché è il regime che arresta i cittadini facendoli sparire.

Quanti giovani sono stati arrestati da questo regime? Quante storie portano con sé le famiglie dei detenuti che hanno manifestato per anni e anni chiedendo notizie dei loro figli? Le storie sono innumerevoli, il cui comune denominatore è la sofferenza,in tutte le sue orribili sfaccettature.

Il regime siriano ha arrestato più di 600 giovani libanesi. Li ha prelevati dalle loro case, dai loro letti. I giovani sono stati trascinati sotto gli occhi delle loro madri verso l’ignoto. Sono scomparsi e non sono mai tornati, perché detenuti nelle prigioni siriane.

Il problema non si limita a questo. Il vero problema risiede in seno allo Stato libanese, che non ha mai chiesto conto a quel regime dei suoi detenuti! Hezbollah, il presidente Michel Aoun, e sicuramente anche i presidenti che li hanno preceduti, erano tutti alleati del regime. Erano servi del regime di Assad e non hanno mai chiesto la liberazione dei detenuti!

Ricordiamoci dei Paesi che hanno fatto di tutto per costringere un nemico a liberare anche un solo loro prigioniero. Ma in Libano, il valore dell’essere umano è inesistente. Questa cricca al potere non aspira ad altro che essere serva e sottomessa ai più forti, per vantarsi di un “successo” fatto di fallimento e vergogna.

Pensavano che il regime fosse eterno e hanno raccontato menzogne al loro popolo, sostenendo che non vi fossero detenuti nelle prigioni siriane.

Uno dei partiti politici in Libano, che non conosce altro che guerra e massacri, ha sostenuto il regime in tutte le sue guerre interne e non ha mai chiesto nulla sui detenuti, come se la questione non lo riguardasse. Ovviamente, perché è una questione libanese (non palestinese! Non iraniana!).

E oggi, dopo la caduta del regime, i detenuti sono stati liberati. Ma chi li ha liberati? Nessuno Stato, né alcun piccolo Stato, né una comunità internazionale, ma i rivoluzionari che lottano per uno Stato civile.

I detenuti sono in condizioni pietose. Ciò che vediamo sui social media e quanto riportato dai notiziari è inimmaginabile. Se fossero stati detenuti all’inferno, non sarebbero in queste condizioni. Sono fisicamente distrutti, mentalmente privi di memoria e di parola, e nemmeno ricordano i loro nomi.

Il ritorno dei detenuti in Libano segnerà il giorno della vera liberazione del Libano dal regime. Perché la liberazione illusoria vissuta dai libanesi il 30 aprile 2005 non è stata altro che una gioia priva di dignità, morale e onore. Il giorno del loro ritorno sarà il giorno dell’indipendenza.

Nel mezzo di ciò che è accaduto e accade ancora, i libanesi fedeli al regime siriano si sono mai svegliati di fronte a quello che il regime ha fatto ai loro fratelli libanesi? L’umanità prevarrà mai sulle loro affiliazioni nazionaliste esterne? I libanesi avranno mai inteso cosa hanno provocato loro i politici, riconosciuto il regime come loro alleato, senza mai preoccuparsi dei suoi prigionieri,preda di una vera e propria mattanza disumana?

Ora il regime siriano non esiste più. I politici Libanesi hanno perso il loro potere e la loro protezione. Il popolo libanese sarà mai mosso da sentimenti di vendetta e rivoluzione come quello siriano?

*dottorando alla Pontificia Univeristà Gregoriana

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