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Processo a Salvini, tutte le tappe del caso Open Arms: così la Ong voleva dettare legge in Italia

È iniziata il primo agosto 2019 la vicenda della Open Arms, al centro dell’omonimo processo che vede imputato il ministro Matteo Salvini con le accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La sentenza di primo grado, dopo tre anni e 24 udienze, è attesa per oggi: i giudici si sono ritirati in camera di consiglio alle 11.30, il verdetto arriverà non prima delle 18. Al centro del processo c’è la legittimità o meno della decisione di Salvini, che allora era ministro dell’Interno, di non autorizzare lo sbarco dei migranti soccorsi dalla Ong in un porto italiano. A reclamarlo era la stessa Ong spagnola nonostante, come evidenziato dalla difesa del ministro, l’indicazione di un Pos, Place of safety, spettasse alla Spagna o a Malta.

La ricostruzione della vicenda Open Arms: tutte le tappe

“L’indicazione del Pos (place of safety) spettava alla Spagna o a Malta (e non certo all’Italia) e il comandante della nave ha deliberatamente rifiutato il Pos indicato successivamente da Madrid, perdendo tempo prezioso al solo scopo di far sbarcare gli immigrati in Sicilia come già aveva fatto nel marzo 2018 ricavandone un processo per violenza privata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, si legge nelle chat leghiste, in cui in queste ore viene ricostruita la vicenda passo dopo passo.

Lo scambio di messaggi tra Malta e Spagna

Il primo agosto la Open Arms soccorre 124 migranti in due diverse operazioni. Era partita da Siracusa il 29 agosto e “anziché dirigersi a Lampedusa come aveva annunciato alle autorità, cambia rotta”, si legge nella chat, in cui si parla del sospetto “di aver ricevuto qualche informazione da persone a bordo” rispetto ai migranti intercettati al largo della Libia. “I primi Paesi contattati e informati da Open Arms dopo le operazioni di salvataggio erano stati la Spagna (Paese di bandiera della nave) e Malta (zona più vicina al punto dei salvataggi). L’Italia non aveva alcuna competenza e alcun obbligo con riferimento a tutti i salvataggi effettuati dalla nave spagnola Open Arms, in quanto avvenuti del tutto al di fuori di aree di sua pertinenza. A dimostrarlo – si legge ancora nella ricostruzione – lo scambio di corrispondenza tra La Valletta e Madrid nei primi giorni dell’agosto 2019 a proposito del Pos: c’è un reciproco palleggio di responsabilità, ma non viene mai citata Roma”.

La richiesta di Pos avanzata da Open Arms all’Italia

La richiesta di Pos all’Italia arriva il 2 agosto, ma – è stato evidenziato dalla difesa di Salvini – “non può ricadere sullo Stato italiano l’onere di una risposta di competenza di altri Stati. Open Arms poteva dirigersi verso altri Paesi che avevano l’obbligo di accoglierla. Il primo agosto il decreto firmato da ministeri dell’Interno, Difesa e Infrastrutture impediva alla Open Arms ingresso, sosta e transito e nulla cambiava il provvedimento del Tar del 14 agosto: non si può confondere l’ingresso in acque territoriali, a fini di sicurezza e navigazione e di assistenza alle persone bisognevoli, con il diritto allo sbarco e all’attracco. Lo confermano gli stessi legali di Open Arms che il 19 agosto chiedono una integrazione al precedente decreto cautelare del Tar per consentire approdo e sbarco”.

Gli esposti e i ricorsi della Ong

Nel frattempo la Ong si era rivolta sia al Tribunale dei minori di Catania, chiedendo lo sbarco, sia alla Procura, chiedendo di verificare se il no allo sbarco potesse configurare reato. Sul caso interviene anche il Tribunale di Palermo. Sulla nave in quei giorni sale anche Richard Gere. Due giorni dopo la sentenza del Tar, che consente alla nave di avvicinarsi alle nostre coste, la Open Arms presenta un esposto al tribunale di Agrigento con l’ipotesi di omissione di atti d’ufficio e altri reati; il 19 agosto arriva un nuovo ricorso al Tar del Lazio. Il 20 agosto l’allora Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio sale a bordo della nave con medici e psicologi e decide per lo sbarco ordinandolo con un provvedimento. A bordo sono rimaste 83 persone.

L’apertura dell’inchiesta a carico di Matteo Salvini

Tre mesi dopo lo sbarco Matteo Salvini viene formalmente indagato dalla Procura di Agrigento. L’indagine passa per competenza alla Procura di Palermo che si rivolge al Tribunale dei ministri di Palermo, che ha poi chiesto l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. Il Senato della Repubblica ha accolto la richiesta del Tribunale e il Giudice delle indagini preliminari ha rinviato l’imputato Salvini a processo.

Il rifiuto della nave alle offerte di sbarco arrivate da Malta e Spagna

“Il comandante, dopo il primo salvataggio effettuato in zona Sar libica il primo agosto con 55 persone portate a bordo, ne ha accolte altre 69 il 2 agosto: doveva immediatamente dirigersi verso Spagna, Malta o Tunisia. Invece – si legge ancora nella ricostruzione delle chat – il comandante ha deliberatamente scelto l’Italia quale luogo di attracco e sbarco. Ha rifiutato uno sbarco di un gruppo di migranti offerto da Malta, che poi accuserà Open Arms di ‘bighellonare’ per il Mediterraneo. Non solo. Ha detto no anche al Pos concesso dalla Spagna il 18 agosto e addirittura rifiutato l’assistenza offerta dalla Capitaneria di Porto italiana, che si era detta disponibile ad accompagnare la nave verso la Spagna, prendendo a bordo alcuni immigrati. In più, la stessa Spagna aveva inviato verso Lampedusa l’unità Audaz per dare assistenza alla Open Arms (18 agosto)”.

“È quindi paradossale affermare che, per il solo fatto di essere entrata in acque italiane senza aver ottenuto il Pos, possa configurarsi il reato di sequestro di persona. Si precisa, inoltre, che le persone a bordo sono state costantemente accudite e curate e che sono state fatte sbarcare tutte le persone con comprovate necessità mediche (scelta, peraltro, che non competeva al Viminale)”, ha sottolineato la difesa di Salvini, evidenziando che “i migranti a bordo di Open Arms sono stati trattenuti sulla nave dagli attivisti della Ong spagnola”. Una circostanza che l’avvocato di Matteo Salvini, Giulia Bongiorno, ha suffragato documentando le diverse occasioni e possibilità offerte alla Ong per far scendere le persone e che non sono state colte “scientificamente, perché Open Arms – è l’opinione di chi ha seguito puntualmente il processo al fianco del ministro – voleva decidere come e quando far sbarcare tutti in Italia. Anche per creare un problema a quello che l’Ong considera un vero e proprio avversario politico, ovvero Matteo Salvini“.

“È sconcertante – è il commento degli ambienti leghisti – che la pubblica accusa e le parti civili non abbiano detto nulla su questi aspetti e abbiano taciuto su altre situazioni opache come il modo in cui la Ong ha intercettato i barconi e ha rifiutato le indicazioni di Malta, Spagna e Italia. In particolare, dal 18 agosto 2019 c’era un preciso ordine del governo di Madrid che intimava alla Ong di dirigersi in Spagna: Open Arms si è rifiutata di obbedire a un ordine di uno stato sovrano”.

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