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Europa alla canna del gas? A chi dobbiamo il prossimo freddo?

A pochi giorni dalla fine del 2024, lo spettro di una crisi energetica torna a incombere sull’Europa. Il 31 dicembre scadrà il contratto tra Gazprom e l’Ucraina per il transito del gas russo, lasciando l’Europa in bilico tra incertezza e tensioni geopolitiche. Il Sole 24 Ore descrive la situazione come un autentico campo minato di possibilità: “Gli scenari restano aperti […]. Si sono registrati due colpi di scena: l’apertura di Zelenskij alla possibilità di consentire il transito del gas russo purché i pagamenti non vadano a Mosca, e l’esenzione concessa dall’Ungheria per continuare a utilizzare Gazprombank nonostante le sanzioni statunitensi”.

Il presidente ucraino Vladimir Zelenskij, parlando da Bruxelles, ha dichiarato: “Possiamo considerare la possibilità di mantenere il transito del gas, ma solo se il corrispettivo non sarà versato alla Russia fino alla fine della guerra”. Nonostante questa apparente apertura, Kiev ha ribadito che non intende rinnovare il contratto di transito. Una posizione che contrasta con le necessità energetiche europee, ancora parzialmente dipendenti dal gas russo.

Secondo il think tank Bruegel, tra gennaio e novembre 2024, l’Unione Europea ha importato 19.298 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL) dalla Russia, superando i volumi registrati nel 2022 (18.949 milioni di metri cubi) e nel 2023 (17.801). Questo incremento evidenzia come, nonostante gli sforzi per diversificare le forniture, l’Europa non sia ancora riuscita a ridurre completamente la sua dipendenza energetica da Mosca.

Parallelamente, le importazioni di gas dai 27 Paesi della UE hanno mostrato fluttuazioni significative tra il 2021 e il 2022 rispetto al periodo 2015-2020. Fonti come Norvegia, Algeria, Azerbaigian e il GNL da America, Africa e Medio Oriente stanno progressivamente sostituendo le forniture russe, ma questo cambiamento richiede tempo. Intanto, i principali corridoi di transito per il gas russo, come i gasdotti Nord Stream, Yamal, quelli che attraversano l’Ucraina e TurkStream, continuano a essere al centro di tensioni geopolitiche che destabilizzano i flussi.

Finora, i 27 Stati membri hanno evitato di includere il gas russo nelle sanzioni mirate a limitare la capacità della Russia di finanziare la guerra in Ucraina, lasciando il gas naturale liquefatto (GNL) fuori dalle restrizioni. Di conseguenza, il GNL russo continua a rappresentare una parte significativa del mix energetico europeo. Nel frattempo, Gazprom utilizza in modo strategico rotte e stoccaggi per mantenere il controllo sul mercato, aumentando i rischi per la sicurezza energetica dell’UE.

Le recenti tensioni geopolitiche e le strategie messe in atto dalla Russia hanno avuto un impatto significativo sui mercati finanziari, portando a un'impennata dei prezzi del gas naturale. Al Title Transfer Facility (TTF) di Amsterdam, il principale hub europeo per lo scambio di gas, i prezzi hanno superato la soglia dei 43 euro per megawattora. Nel frattempo, sul fronte russo, la situazione è altrettanto complessa. Come riportato da Il Sole 24 Ore, “Alla Borsa di Mosca, il titolo di Gazprom ha toccato i minimi storici dal 2009, evidenziando una profonda incertezza sulla capacità della Russia di garantire le esportazioni di gas verso l’Europa”.

Questo calo evidenzia le crescenti difficoltà di Gazprom nel garantire le esportazioni di gas verso l’Europa, aggravate dalle tensioni geopolitiche e dagli sforzi dell’UE per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia. L’instabilità del mercato ha avuto ripercussioni immediate sui Paesi vicini: Moldavia e Transnistria sono state costrette a dichiarare lo stato d’emergenza a causa della mancanza di prenotazioni per il trasporto di gas nel mese di gennaio.

Non è solo la Russia a complicare il quadro energetico europeo. Due eventi recenti hanno accentuato le tensioni: il conflitto in Medio Oriente, che mette a rischio le forniture di GNL dal Qatar, e l’incidente al gasdotto Balticconnector tra Finlandia ed Estonia, che ha riacceso i timori di sabotaggi dopo l’esplosione del Nord Stream nel 2022.

In questo scenario, gli Stati Uniti si confermano il principale esportatore di GNL verso l’Europa, un ruolo rafforzato dall’impennata della domanda europea di gas liquefatto seguita all’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Secondo Kpler, le esportazioni statunitensi verso l’Europa sono passate da una media di circa 15 milioni di tonnellate all’anno tra il 2018 e il 2021 a circa 55 milioni di tonnellate nel 2022 e nel 2023. Questo boom è stato guidato dalla necessità delle aziende energetiche europee di sostituire rapidamente il gas russo perso.

Gli esportatori statunitensi hanno risposto a questa domanda aumentando i volumi totali del 95% rispetto al 2019, con l’Europa che ora rappresenta quasi il 70% delle esportazioni totali di GNL dagli Stati Uniti, rispetto al 37% registrato tra il 2019 e il 2021.

Anche Algeria e Norvegia contribuiscono a ridurre la dipendenza dal gas russo, sebbene entrambe le fonti non siano immuni da rischi geopolitici e logistici. “La sicurezza delle infrastrutture energetiche europee è sempre più a rischio, con potenziali interruzioni delle forniture che spingono i prezzi verso l’alto”, ha sottolineato Kadri Simson, commissaria UE per l’energia.

Nonostante le difficoltà, l’Unione Europea ha compiuto notevoli progressi nella gestione delle risorse energetiche. Gli stoccaggi sotterranei europei hanno raggiunto il 90% della capacità, segnando un livello record. Questo risultato è stato possibile grazie a una combinazione di consumi ridotti, incremento delle energie rinnovabili e condizioni meteorologiche favorevoli che hanno contribuito a contenere la domanda.

Tuttavia, il mercato rimane vulnerabile alle fluttuazioni stagionali: previsioni favorevoli per gennaio 2025 potrebbero contenere la domanda, ma un’ondata di freddo improvvisa rischierebbe di destabilizzare il sistema.

L’anno prossimo potrebbe segnare una svolta significativa. L’UE prevede di introdurre nuove sanzioni contro il GNL russo e di consolidare le collaborazioni con fornitori alternativi come Stati Uniti e Algeria. Come avverte l’esperto bulgaro Ilijan Vassilev, “Ogni interruzione nei flussi di gas avrebbe conseguenze devastanti per Paesi come Ungheria e Serbia, rendendo necessaria una soluzione politica a breve termine”.

In un clima di incertezza e tensione, l’Europa si appresta ad affrontare un inverno che testerà duramente la sua resilienza energetica, guardando al 2025 come a un potenziale punto di svolta per raggiungere una maggiore autonomia energetica e stabilità del mercato.

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