Giulia Rizzi e il futuro della scherma: “In Asia hanno creato una bolla. Dobbiamo trovare un sistema all’italiana”
Trovare una propria stabilità. Quando si compete ad alto livello non è mai semplice avere ben chiaro cosa fare nel proprio percorso e la maturazione di un atleta segue differenti percorsi. È il caso di Giulia Rizzi che, a 35 anni, ha potuto festeggiare con le proprie compagne una meravigliosa medaglia d’oro nella prova a squadre della spada alle Olimpiadi di Parigi.
Un team formato anche da Rossella Fiamingo, Alberta Santuccio e Mara Navarria, capace di spuntarla nell’accesissimo confronto co la Francia di Auriane Mallo-Breton, Marie-Florence Candassamy, Coraline Vitalis e Alexandra Louis Marie. A rivelare cosa abbia rappresentato quel risultato e a parlare dell’attuale situazione della scherma italiana è stata Giulia Rizzi, ospite di Alice Liverani nella trasmissione di approfondimento sul mondo dello sport “OA Focus“, in onda sul canale Youtube di OA Sport, con la presenza anche del collega Alessandro Gennari.
Si è partiti con la descrizione della squadra e delle differenti personalità delle componenti: “Un team che era già nato anni fa, nella stagione 2017-2018, che per varie vicissitudini non si è riproposto prima della stagione olimpica. Possiamo dire che ci conosciamo da diverso tempo, ma la chimica si è ricreata in vista dei Giochi. Siamo atlete diverse e dai caratteri differenti. Partiamo dal presupposto che ci sono due siciliane e due friulane e quindi siamo proprio ai poli opposti. Mara (Navarria, ndr) è quella che ha la maggior esperienza (38/39 anni), mentre la più giovane è Alberta (Santuccio, ndr) che ne ha 30. Rossella (Fiamingo ndr) ne ha 33 e io 35. Possiamo dire che il nostro sia un gruppo maturo. Quindi abbiamo dalla nostra esperienza. Abbiamo veramente fatto tantissime gare insieme. Ognuno di noi ha un carattere diverso: Rossella è una campionessa straordinaria e ha vinto tutto quello che si poteva, è molto fredda e concentrata; Alberta invece è una specie di vulcano e ha tanta grinta dentro di sé; Mara ha una scherma molto aggressiva e positiva, mentre io ci ho messo un po’ a trovare il mio equilibrio“.
Rizzi si è riferita alla sua esperienza difficile in Francia: “Ho trascorso sei anni in Francia, a Parigi, allenandomi lì. E non riuscivo a trovare la stabilità dal punto di vista dell’attività agonistica che svolgevo e della mia vita. Tornando in Italia, questo percorso che andava a rilento si è un po’ sbloccato. Andare all’estero non è mai facile, quindi credo che la mia consacrazione sia arrivata più tardi anche per questo, avendo vissuto la prima esperienza olimpica a 35 anni“.
Descrivendo le emozioni alle Olimpiadi di Parigi, Giulia ha ammesso: “Le emozioni hanno giocato un ruolo importante a livello individuale, mentre con la squadra tutto è stato completamente diverso. Ma io credo che quando si ottengono determinati risultati è frutto dell’essere pronte. Se prima non erano arrivati i riscontri, penso dipendesse proprio da un differente livello di consapevolezza. Noi, come detto, siamo una squadra matura e anche l’esperienza ha avuto un peso. Siamo quattro atlete con tanta umiltà e nessuno si monta la testa. Questo, a mio avviso, fa la differenza“.
Rizzi poi non si è sottratta a una domanda in riferimento all’evoluzione della scherma, che risente molto di più dell’effetto “globalizzazione” rispetto a qualche anno fa: “Per quanto mi riguarda, per anni siamo stati abituati benissimo perché l’Italia è un Paese che nella scherma ha una tradizione grandissima e una cultura sconfinata. Per cui, pensare di non ottenere medaglie in certe situazioni è impossibile. Ora però le cose sono cambiate perché ci sono diverse realtà emergenti, specialmente dai Paesi asiatici come Giappone, Corea del Sud e Hong Kong, che stanno veramente investendo tantissimo nello sport e in questa disciplina, creando un sistema molto forte, dove chi compete ha tutto a sua disposizione. Una specie di bolla dentro la quale puoi allenarti e progredire. Noi abbiamo un centro federale, ma ci riuniamo una volta al mese per i ritiri. Per cui, a mio avviso, il fatto di fare gruppo è importante proprio per crescere insieme. Secondo me, quindi, bisogna trovare un sistema all’italiana, cioè che faccia bene al caso nostro e ci permetta di integrare tutti questi aspetti perché forse proprio la diversità è la nostra forza. Quindi avere ognuno il proprio tecnico, un suo stile, può essere un vantaggio“.
In conclusione, le emozioni dell’oro olimpico: “Ho ancora i brividi a pensarci. Sono veramente delle sensazioni uniche che non avevo mai provato e auguro a tutti di poter provare perché sono veramente intense e per uno sportivo è veramente il top, tant’è che quasi possono spaventare. Bisogna, infatti, trovare tante altre motivazioni perché è una medaglia d’oro al collo può appagare. È necessario sempre reinventarsi“.