Manfredi Rizza: «Largo ai giovani, adesso vorrei fare l’ingegnere»
PAVIA. Nel futuro del canoista pavese Manfredi Rizza, 33 anni, non c’è l’olimpiade di Los Angeles, ma la ricerca di un lavoro. La mancata qualificazione ai Giochi di Parigi, l’età che avanza, il pensiero di costruirsi una famiglia, sono tante le variabili che incidono sul futuro dell’argento nel K1 sui 200 metri ai Giochi di Tokyo.
Rizza, che anno è stato?
«Non sono del tutto soddisfatto, abbiamo lavorato sul K4 sui 500 metri per tre anni per conquistare i Giochi a Parigi e non ci siamo riusciti nell’intento. Per poco, ma alla fine quello che conta è che non siamo andati e questo mi ha deluso, anche perché mi sono impegnato parecchio. Il livello tecnico nel mondo è cresciuto. Ci sono pochi posti a disposizione e per gareggiare ai Giochi occorre eccellere anche solo per qualificarsi. Con la cancellazione della gara sui 200 metri ho dovuto cambiare distanza e adattarsi non è stato semplice. Ho cambiato il mio fisico, ho gareggiato con un equipaggio nuovo e ho modificato il mio modo di stare in barca, ma si vede che non siamo stati abbastanza bravi».
Cosa salva?
«Ero partito dubbioso sulle mie capacità perché a 30 anni non ero sicuro di riuscire a trasformarmi, invece col lavoro e il sacrificio mi sono tolto ancora delle belle soddisfazioni, come il terzo posto agli europei di quest’anno in K4 e il quinto posto in K2 in Coppa del Mondo. Mi rendo conto che, nonostante il finale non sia stato positivo, ho consolidato la mia posizione in barca. Non avevo mai fatto il capovoga ed è stato un esperimento positivo».
Il prossimo anno sarà in barca da un quarto di secolo.
«È una passione sbocciata col tempo. Se sono diventato professionista è perché ho avuto la fortuna di incontrare le persone giuste nel momento giusto. Il contesto è sempre stato favorevole, dall’ambiente della Canottieri Ticino all’incontro con Stefano Loddo a essere entrato nel gruppo sportivo dell’Aeronautica».
Cosa pensa del suo allenatore Loddo?
«La sua forza, come quella di un altro grande come Antonio Mortara, è la passione. Gli atleti sentono passione e impegno di chi li guida. Lui mi ha dato fiducia, ha creduto in me prima ancora che ci credessi io e questo mi ha permesso di andare avanti sino alla medaglia olimpica».
Cosa vede nel futuro?
«Non mi voglio precludere nulla».
L’Olimpiade a Los Angeles?
«Quattro anni sono tanti e poi la nuova generazione di canoisti è una delle più forti in assoluto e mi renderebbero la vita difficile. Gli anni passano».
Da capovoga può portare leadership ed esperienza.
«In Italia oggi non c’è un capovoga al mio livello, e non è vanteria bensì consapevolezza della mia forza. Funziono ancora bene, però mi ritengo obsoleto, faccio parte di un’altra generazione di canoisti e me ne rendo conto».
Ha mai pensato di mettere a frutto la sua laurea?
«Mi piacerebbe, se ci fosse uno studio che mi assumesse come ingegnere dei materiali. Non è facile. Sto cercando, ma tutto è ancora più difficile per me che ho fatto tutt’altro per anni. Vero che lo sport da una forma mentis particolare. Educa al sacrificio e questo uno se lo porta dietro tutta la vita. Per l’approccio al lavoro, per la resilienza la canoa è uno degli sport più formativi».
E fare l’allenatore?
«Posso essere un esempio, portare la mia esperienza. Allenare in questo momento non mi piace, devo smettere di essere atleta per pensare agli altri. Preferisco uscire in barca coi ragazzi, non stare sul motoscafo a guardarli».
I risultati di cui va più fiero?
«Dopo l’argento olimpico scelgo il bronzo agli europei di quest’anno sul K4 500 metri. È stata una gara che abbiamo voluto fare a ogni costo. Io, Freschi, Lanciotti e Penato, che sono parte della nuova generazione di fenomeni. Si tratta di una barca nata in modo naturale, sgangherata ma che abbiamo portato sul podio e mi ha fatto pensare che il futuro dell’Italia è in buone mani».
Ha mai pensato di costruirsi una famiglia?
«Sono fidanzato da dieci anni con Ginevra. Abbiamo messo tutto in pausa perché tre settimane al mese le ho sempre passate lontano e avere una famiglia era impossibile. Ora abbiamo comprato casa e ci stiamo pensando. Uno dei motivi per cui vedo difficile la partecipazione ai prossimi Giochi è perché prima avevo messo al centro della mia vita lo sport e ora vorrei mettere la famiglia».
L’aeronautica?
«La ringrazierò sempre, ma non so cosa mi riserva il futuro».