Landini, spina tra i petali della nuova Margherita di Delrio: la sua ombra incombe sull’agenda catto-dem
Tra i petali della nuova Margherita, spunta la spina di Landini and compagni allineati: ma quanto e come deve pungere per affermare il suo primato sugli elettori di centrosinistra? Un interrogativo, neanche troppo retorico, che in queste ore potrebbe investire il segretario della Cgil Maurizio Landini che, solo ieri, mentre invocava platealmente la «rivolta sociale» – provando perfino a teorizzare l’incitazione virulenta con orpelli dialogici che hanno fatto meno presa dello slogan lanciato in piazza – al congresso Acli – e nel dietro le quinte dell’evento – si impegnava (?) a tessere la rete di un intreccio possibile con l’organizzazione cattolica presieduta da Emiliano Manfredonia, eletto Presidente nazionale delle Acli il 20 febbraio 2021. E uomo che si è formato nel movimento studenti di Azione Cattolica, oltre che con un nutrito background di animatore ed educatore parrocchiale di lungo corso.
Comunità democratica, la nuova Margerita tra petali anti-Pd e la sfida Landini
Una «empatia» – così la definisce Il Giornale online oggi – quella tra il numero uno del sindacato di Corso Italia e l’organizzazione cattolica capitanata da Manfredonia, passata fin qui quasi in sordina. Con l’attenzione social e mediatica in genere concentrata sugli allarmi e gli appelli belligeranti del segretario Cgil in trincea contro il governo Meloni. Oggi però, come una sorta di boomerang per il Pd, in giorni in cui si dibatte sullo strappo dei catto-dem inferto ai membri del Nazareno con l’ufficializzazione della nuova costituente per i cristiani di centrosinistra che si chiamerà «Comunità democratica». E che vede Prodi, Castagnetti, Delrio e l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, in prima linea, il tema dei centristi cattolici di estrazione dem torna nel centro del mirino: e in primo piano.
Il legame tra Landini e le Acli, un’ombra che leva luce alla Comunità democratica dei catto-dem
Così, in occasione del battesimo ufficiale di Comunità democratica – una sorta di rifondazione nell’eterno e ciclico ritorno della diaspora dem – promossa da alcuni esponenti cattolico-democratici del Pd, guarda caso parteciperà anche Manfredonia. E insieme a lui, come sottolinea sempre il quotidiano milanese citato, «esponenti di spicco – parlamentari e non – che hanno rappresentato la costola cristiano-sociale del Pd». Ma queste presenze e questi convitati di pietra non proprio dietro le quinte, quanto incideranno sul nuovo slancio annunciato con la sberla catto-dem al Pd della Schelin? E quale sarà l’entità e la forma del compromesso possibile tra le varie anime dem in fermento?
Comunità democratica, Delrio prova a ridimensionare l’operazione “nuova Margherita”
Al momento, a bocce ferme, in vista dell’appuntamento segnato in rosso sul calendario di gennaio (con la data del 18 cerchiata in evidenza) Delrio prova a ridimensionare e a limitare l’idea di danni collaterali. Tanto che in un’intervista di oggi al Corriere della sera, preferendo tenere i fari bassi sulla nuova formazione che punta a riunire i cattolici di ispirazione democratica, prima osserva: «Comunità democratica è il nome di un’organizzazione, in questo caso il nome di un convegno che ci sarà a Milano il prossimo 18 gennaio… Non capisco tutta questa enfasi». Quindi a stretto giro aggiunge anche un cautelativo: «Non stiamo parlando di un nuovo soggetto politico». E un ancor più rassicurante (?): «Né di una corrente» del partito democratico.
E l’asse si sposta sull’astensionismo e la rivalità con la destra. Ma è davvero così?
Poi però il buon Graziano assesta la bordata che fa sussultare compagni e affini: «Per combattere la crisi della politica, della partecipazione alla politica, bisogna mettersi in ascolto di quello che ci succede intorno. Si deve seminare prima di costruire. Questo convegno di gennaio è per ascoltare i fermenti culturali delle settimane sociali di Trieste», sottolinea l’ex ministro ed ex renziano di ferro. E allora: in atto fermenti di rinascita dei cattolici democratici? La domanda sorge spontanea direbbe qualcuno. E la replica è: «Sì, siamo in campo per dare risposte nuove alla società che cambia. E non si può regalare il mondo cattolico ricco di fermenti all’astensionismo o alla destra».
L’agenda riformista va rivisitata e corretta
Ebbene, diventa proprio questo il pomo della discordia intestina con Landini, che si è fin qui ritagliato il ruolo – strappando e avocando a destra e a manca – di figura di riferimento (o comunque di nome preso in seria considerazione) presso i cattolici progressisti. Dunque, che fare? È evidente che l’agenda non potrà essere troppo riformista e andrà decisamente ritoccata, sia in materia di salari che in tema di contratti di lavoro. Capisaldi su cui il segretario Cgil si è sempre mostrato decisamente intransigente. Ma anche la questione della «patrimoniale», scrive Il Giornale, «dovrebbe essere in qualche modo rimessa sul tavolo».
Comunità democratica e l’ombra di Landini che incombe: tempi duri per i catto-dem…
E allora quale il punto d’incontro? Quale il compromesso su cui confrontarsi sulla “questione guerra”, tenendo conto del fatto che per molti cristiani il sostegno a Kiev è un dogma non negoziabile? La risposta che al momento è enucleabile è semplicemente che, stando ai dati, al momento sono tempi duri quelli che si prospettano all’orizzonte per i catto-dem. Gli affini. E i competitor interni… Tutti chiamati a rivisitare agenda delle priorità, slogan, diktat e uomini del giorno. Soggetti che, come le stagioni (e non solo quelle politiche), cambiano e si alternano periodicamente. Ma può bastare?
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