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Roccella: “La denatalità è stata sottovalutata per anni. Anche gli immigrati fanno meno figli”

“Rimettere al centro il valore sociale della maternità”. Così la ministra della Famiglia e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, in un’intervista a Il Tempo in cui sottolinea che anche “gli immigrati appena arrivano nei Paesi europei assumono le nostre abitudini riproduttive, e fanno meno figli”. “Sperare nell’immigrazione” per combattere la denatalità, conclude Roccella, “è una specie di pozzo senza fondo”.

Secondo Roccoella si tratta di un problema che “non riguarda solo l’Italia ma tutte le società sviluppate. Non mi riferisco solo al benessere, ma allo sviluppo tecnologico, sociale, dei diritti. I Paesi sviluppati sono tutti sotto il cosiddetto tasso di sostituzione”. Roccella aggiunge: “È il tasso medio di 2,1 figli per donna che assicura l’equilibrio demografico fra nascite e decessi”.

Esempio Corea del Sud: più si è ricchi, meno figli si fanno

“Caso emblematico – spiega il ministro – è la Corea del Sud. Fino a 30 anni fa aveva 5, 6 figli per donna. Adesso è sotto uno. Cosa è successo? Uno sviluppo galoppante dal punto di vista tecnologico, economico, in tutti campi, anche artistico. E la natalità è crollata””In Italia – racconta Roccella – una volta si facevano i figli sotto le bombe, anche in situazioni di estrema povertà. Potrebbe sembrare un controsenso, ma non lo è. Sul piano generale e’ chiaro che le motivazioni sono culturali. Poi, certo, sul piano personale, individuale, di coppia, le motivazioni economiche hanno un peso. Se c’è conciliazione vita-lavoro, un lavoro stabile, sostegni economici, è chiaro che questo aiuta a fare i figli che si desiderano. Ed è sull’aspetto economico che più facilmente un governo può incidere, e lo stiamo facendo”.

Roccella: prima la denatalità era sottovaluta, lavoriamo per cambiare la tendenza

Tuttavia, in base agli ultimi dati Istat l’Italia non se la passa molto bene: “Vero. Ma la differenza con il passato è che noi abbiamo iniziato a investire. Prima in Italia la denatalità era sottovalutata, pochi ne parlavano. La Francia invece ha iniziato ad agire con misure importanti già con Mitterand, negli anni ’80. Eppure anche lì la situazione oggi è peggiorata e la differenza con noi e’ solo dello 0,3-0,4 per cento”. C’è speranza: “Certo, ma bisogna sapere che quando si va troppo sotto comincia una spirale da cui è difficilissimo tornare indietro, perché diminuiscono le donne in età fertile. Da noi la popolazione continuerà ancora inevitabilmente a calare, per recuperare subito dovremmo fare 4-5 figli per donna. Ciò a cui bisogna puntare è cambiare la tendenza”.

Per i nuovi nati non chiamatelo bonus: stavolta è un intervento strutturale

La sinistra spesso invoca l’immigrazione come panacea contro la denatalità, ma la Roccella cita i precedenti: “La Germania ha fatto una politica di questo tipo. Però gli immigrati appena arrivano nei Paesi europei assumono le nostre abitudini riproduttive, e fanno meno figli. Sperare nell’immigrazione è una specie di pozzo senza fondo. Tra l’altro, sta diminuendo la natalità anche in Africa”. La ministra osserva infine che “non possiamo invertire in poco tempo questo processo, ma lo possiamo frenare. Per prima cosa abbiamo posto il tema. E abbiamo agito concretamente, su tre pilastri. Primo: i trasferimenti economici diretti. Il secondo pilastro e’ la conciliazione. Terzo pilastro: i servizi. Sugli asili nido abbiamo messo i soldi del Pnrr ma anche altre risorse”.

Quanto al bonus nuovi nati: “È diverso da quelli del passato. Viene chiamato bonus ma non lo è, perché è strutturale. È un modo sostitutivo per incrementare i soldi in tasca per le famiglie, non potendo intervenire sull’assegno unico che, come accennato, e’ sotto procedura d’infrazione per come e’ stato scritto dalla sinistra, che però non lo difende. Lo stiamo difendendo noi. E stiamo insistendo per porre con più forza il tema della demografia all’attenzione dell’Europa, che finora non ne ha avuta molta” conclude Roccella.

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