Sànchez: le Regionali come un campo minato. I Popolari davanti al dilemma: governare con l’estrema destra di Vox?
Le elezioni regionali in Extremadura hanno rappresentato un duro colpo per il Partito socialista operaio spagnolo guidato da Pedro Sánchez, aprendo una fase di forte incertezza per il governo nazionale. In un contesto segnato da bassa affluenza e diffusa sfiducia verso la politica, il voto ha assunto un significato che va oltre i confini regionali, trasformandosi in un test politico di portata nazionale.
In una comunità storicamente considerata un bastione del socialismo, il Psoe ha subito una sconfitta netta, passando da 28 a 18 seggi e perdendo oltre 100mila voti rispetto alla precedente tornata. Un arretramento che riflette non solo dinamiche locali, ma anche un elettorato sempre più disilluso, colpito da mesi di scandali che hanno investito la maggioranza di governo e dalla crescente difficoltà della sinistra nel mobilitare i propri voti tradizionali. Il Partito popolare si è confermato prima forza politica con circa il 43% dei consensi e 29 seggi, senza però raggiungere la maggioranza assoluta, costringendo la leader regionale María Guardiola a cercare un accordo con Vox. Il partito di estrema destra ha raddoppiato la propria rappresentanza, passando da cinque a undici seggi, assumendo un ruolo centrale nella formazione di qualsiasi maggioranza conservatrice.
Il risultato va oltre il perimetro regionale. La combinazione di sconfitta socialista, avanzata di Vox e vittoria incompleta del Pp proietta un possibile riassetto del quadro politico nazionale, con implicazioni dirette sulle prossime elezioni regionali in Aragona e in Andalusia e sull’orizzonte delle elezioni generali.
La risposta immediata del premier Sánchez è stata un rimpasto di governo, presentato come segnale di rilancio dell’esecutivo. Elma Saiz è stata nominata nuova portavoce, mentre il ministero dell’Istruzione è stato affidato a Milagros Tolón. In una dichiarazione alla Moncloa, Sánchez ha ribadito di affrontare “con entusiasmo e con le batterie cariche” la seconda metà della legislatura, evitando però qualsiasi riferimento diretto al voto in Extremadura. Dal quartier generale socialista di Ferraz si è tentato di ridimensionare il risultato, attribuendolo a fattori locali e alla bassa affluenza, senza considerarlo un giudizio complessivo sull’operato del governo. Tuttavia, il quadro politico appare più complesso: una sinistra frammentata e in difficoltà nel parlare all’elettorato moderato, e una destra in crescita, trainata soprattutto dalla componente più radicale. Il prossimo banco di prova sarà l’Aragona, roccaforte del Pp, dove la candidata socialista Pilar Alegría ha lanciato la sua campagna, invitando a “non rassegnarsi” a un’Aragona delle “disuguaglianze”.
Un nuovo arretramento per il Psoe rafforzerebbe la percezione di un trend negativo. Il futuro politico di Pedro Sánchez così appare sempre più complesso. Il presidente ha ribadito la volontà di arrivare a fine legislatura e di ricandidarsi nel 2027, valorizzando i risultati economici e sociali degli ultimi anni. La sfida per il presidente è duplice: contenere la perdita di consensi nei territori chiave e ricostruire la credibilità del progetto socialista. Il contesto lo penalizza, tra scandali interni e accuse nel partito. Se da un lato mantiene il sostegno di parte dell’apparato socialista per arrivare fino alla fine della legislatura, dall’altro molti dirigenti temono che perseverare possa danneggiare ulteriormente i socialisti nelle urne. Il vero banco di prova sarà rappresentato dalle elezioni regionali in Andalusia nel 2026, una regione governata dal PP dal 2018, dove i sondaggi indicano un netto vantaggio dei popolari (accreditati del 40%) e una crescita costante di Vox (17).
A destra anche per il Pp il risultato di Extremadura presenta elementi ambivalenti. Pur confermandosi primo partito, la necessità di un’intesa con Vox evidenzia la crescente dipendenza dalla destra radicale, inclusa la sua agenda: immigrazione, sicurezza, identità nazionale.
I sondaggi nazionali consolidano il vantaggio del Pp, con possibilità che il centrodestra governi con o senza Vox. Se a livello regionale i governi di coalizione a destra sono già una realtà, il nodo del governo centrale resta aperto. Feijóo continua a evitare una risposta netta, oscillando tra il profilo moderato e la necessità aritmetica di sommare i voti della destra radicale. L’esperienza di Extremadura suggerisce che la distanza tra alleanze locali e nazionali si stia assottigliando. La domanda non è più se il Pp possa governare con Vox, ma se – in caso di vittoria alle elezioni politiche – sarà disposto a farlo anche a Madrid, una scelta che potrebbe ridefinire l’equilibrio politico della Spagna.
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