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Vigili del fuoco, il capo distaccamento di Ivrea Luca Poma va in pensione: «L’acqua fa più paura del fuoco,  si porta via tutto»

Vigili del fuoco, il capo distaccamento di Ivrea Luca Poma va in pensione: «L’acqua fa più paura del fuoco,  si porta via tutto»

Poma racconta i suoi 39 anni e mezzo da vigile del fuoco e i 4 alla guida del distaccamento di Ivrea: dalle alluvioni del 2000 fino al Covid

IVREA. Trentanove anni e mezzo passati in un baleno per l’eporediese Luca Poma, 60 anni, capo distaccamento dei vigili del fuoco di Ivrea, che andrà in pensione il 1° gennaio. Poma ha preso il comando del distaccamento nel 2019, attraversando dunque tutto il periodo Covid.

Quali sono gli interventi che ricorda con maggiore emozione?

«Le calamità naturali e, tra queste, sicuramente quelle del Canavese legate all’acqua. Davanti all’acqua purtroppo hai un senso d’impotenza enorme. L’incendio, bene o male, prima o poi lo circoscrivi. Con l’acqua tamponi, cerchi di salvare le persone, ma nei confronti dei beni puoi bene poco. Ricordo le tre esondazioni del fiume Orco a cavallo degli anni duemila, si è allagata tutta la valle Orco da Ceresole in giù. Negli scenari apocalittici abbiamo visto degli escavatori trasportati completamente dall’acqua, quindi cose che pesavano tonnellate, bomboloni che esplodevano, saltavano in aria carichi di gas trasportati dal fiume. C’era gente nei sottotetti che non voleva abbandonare la casa, persone che non volevano abbandonare i loro beni. Al collega che li ha salvati e li ha portati via sono venuti a ringraziarlo e a dirgli: “Purtroppo in quel momento lì sono andato proprio in tilt, sarei morto”».

E cosa si sente in quei momenti?

«Ti senti chiamato da tutte le parti, hai continue richieste di soccorso. C’è un denominatore comune ed è vedere la contentezza delle persone quando arrivi e le togli da una situazione di pericolo, quando le carichi sugli anfibi, sui gommoni, il punto è la contentezza di esser stati messi al sicuro. Non hanno tempo di dire grazie, ti ringraziano con uno sguardo, ti prendono un braccio».

Come è cambiato questo lavoro negli ultimi 39 anni e mezzo?

«Tanto. Anzitutto dal punto di vista della sicurezza, sia degli operatori, che delle persone salvate. Ricordo quando gli incidenti stradali si facevano purtroppo con l’estrazione delle persone che sentivano ancora tanto dolore, quando magari hanno delle brutte fratture, e questo è cambiato tantissimo, da quando c’è il 118 ha le sue procedure per stabilizzare le persone».

Un ricordo e un consiglio per chi la succederà?

«Il ricordo è quando mi hanno chiamato, nel luglio dell’85, nel giorno di San Savino per dirmi che sarei stato vigile del fuoco. Il consiglio è di stare attenti, perché nel fare questo mestiere ci sono sempre più responsabilità».

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