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Zeno D’Agostino: «Pronti a nuovi traffici: il porto di Trieste cresce nel sistema del Nord Adriatico»

TRIESTE Una punta di commozione per l’esperienza triestina verso la fine, ma pure la certezza che lo sviluppo del porto è su binari da cui non può deragliare. Il presidente dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino è ai bilanci, pur assicurando che anche l’ultimo giro di giostra del 2024 sarà foriero di novità, dalla partenza del Pnrr all’apertura di nuove linee col Nord Africa per adattare Trieste alle trasformazioni imposte dalla geopolitica alle catene di fornitura.

A che punto è il Pnrr?

«L’ultima novità è il bando per preselezionare le imprese interessate al progetto di Servola. Anticipiamo passaggi per essere pronti all’aggiudicazione, quando arriveranno le autorizzazioni nel primo trimestre. Siamo allineati al rispetto dei tempi».

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Avevate chiesto più soldi Pnrr per l’elettrificazione delle banchine: arrivano?

«Stiamo scrivendo i piani di fattibilità degli interventi aggiuntivi. Il viceministro Rixi dice che ci sono 400 milioni per la seconda tranche: siamo ottimisti. Arriveremmo a 126 milioni sul cold ironing che avremmo in tutto i moli di Trieste e Monfalcone».

Fanno discutere l’opa di Msc su Hhla e i dubbi sulla creazione del Molo VIII…

«Hhla ha appena ricapitalizzato la società a 48 milioni, mostrando l’intenzione di continuare. Ma se le cose per qualche ragione non andassero, l’Autorità potrebbe mettere a gara il progetto ormai pronto. Non faccio nomi, ma ci sono molti soggetti interessati ad avere un posto in Adriatico».

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Una nuova di crisi di Suez: quanto rischia Trieste?

«Sul breve rischiamo di perdere un mese di traffico pieno, ma la visione deve essere di medio periodo».

Sul medio andiamo incontro a trasformazioni delle catene di produzione e fornitura. Come ci si attrezza?

«Continuano a chiedermi della Via della Seta, ma la globalizzazione si sta regionalizzando. C’è un processo di industrializzazione nel Mediterraneo e siamo andati in missione in Egitto e Marocco a preparare accordi. Non sapevamo che gli Huthi avrebbero attaccato, ma già stavamo investendo sul futuro: partiremo presto con linee per Damietta e Tangeri. Il traffico inframediterraneo crescerà».

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La crescita del porto però si è fermata…

«Non mi fa paura un lieve calo dei traffici. La creazione di occupazione e valore è l’obiettivo, non i volumi in sé».

Quanto lavoro può dare il porto con sistemi sempre più automatizzati? La sfida di creare industria dai traffici non è ancora vinta.

«A Trieste non è il se, ma il quando. Da manager pubblico devo creare occupazione stabile e di qualità: lo faccio ragionando come sistema e non solo come porto. Mitsubishi farà logistica sul Canale navigabile, Bat passa alla fase 2 del progetto, a FreeEste non ci sono più spazi: lavoriamo non solo sui moli».

Il suo ultimo anno a Trieste: come lo vive?

«Ho già fatto qualche saluto per questo mio ultimo Natale qui e la lacrima scende, ma nel giro delle varie società partecipate ho visto tanti giovani e sono felice. Le cose prima o poi hanno una fine: bisogna essere razionali».

Che succede nel 2024?

«Partiranno i progetti Pnrr che trasformeranno il porto. A 7 anni dall’approvazione del piano regolatore non avrei mai pensato che su ogni opera ci fosse il nome di un terminalista».

Gli operatori sono preoccupati dalla successione.

«Abbiamo costruito un rapporto proficuo anche per ragioni personali che non è semplice replicare. È inevitabile qualche preoccupazione».

Si teme un ritorno alle nomine politiche del passato.

«Molte cose sono avviate e sul binario, senza rischi di sorprese. L’Autorità portuale funziona, le partecipate lavorano. A tutti i livelli c’è coscienza del ruolo dei porti: la norma dice che il presidente deve essere tecnico preparato ma, anche senza questo paletto, escluderei passaggi clientelari».

Cosa lascia a Trieste?

«Abbiamo riportato in mano pubblica una serie di attività, ottimizzando la gestione e avendo un sistema socialmente sostenibile. Abbiamo basato la competitività non sui costi come a Capodistria, ma sul modello di sviluppo. Nel 2026 arriveremo a 25 mila treni di capacità: più del doppio di adesso. E ricordo lo sviluppo di Monfalcone. Spero rimanga un modo diverso di guardare al porto».

Ora parla di agricoltura alle Noghere. Che c’entra?

«La nave non è più l’unica forma di creazione di valore. Facciamo scelte diverse dagli altri. La protesta contro il laminatoio è una lezione. Parlare di agricoltura farà sorridere, ma il progetto vale centinaia di milioni e il masterplan è firmato da un guru della sostenibilità come Carlo Ratti, curatore della Biennale di architettura di Venezia».

Trieste è diventata il porto del Nordest?

«Non fatemi usare occhiali vecchi. Io penso a un sistema Nord Adriatico, che ha capacità importanti con le cose diverse che si fanno a qui e a Capodistria, Fiume e Venezia».

Riforma dei porti: serve un ente centrale per coordinare le Autorità portuali?

«Un soggetto forte che dia indicazioni univoche è necessario. Realtà globali come Dubai Ports e Singapore Port Authority investono con forza sul mercato e gestiscono un network logistico internazionale in proprio: questo da noi la può fare un soggetto dinamico e agile, seppur di emanazione statale».

Va modificata la forma giuridica delle Autorità?

«Avrebbe senso passare da enti pubblici non economici a economici, per facilitare la gestione degli investimenti. Ma abbiamo dimostrato che il pubblico funziona: non serve privatizzare».

E lei cosa andrà a fare? Sembra il profilo giusto per l’Autorità centrale…

«Non lo so e nessuno mi ha fatto proposte. Italia o estero, deve essere un ruolo che ha a che fare con quello che succede in giro nel mondo».

Nominato dal centrosinistra, che rapporti ha col centrodestra?

«Buoni e non ho mai percepito pregiudizi. Spero che, facendo bene il proprio mestiere, si venga riconosciuti».

Dica la verità, sulla Cina pensa di aver sbagliato?

«Molti hanno parlato senza aver mai letto il memorandum. La firma era solo un modo di tenere aperte delle possibilità. Oggi la geopolitica conta molto di più nelle scelte e si sono fatte altre scelte».

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