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Mido a Milano, boom di visitatori dal mondo. «L’occhiale di qualità ha casa in Italia»

Una settimana alla Mido. L’appuntamento, in programma dal 3 al 5 febbraio a Fieramilano Rho, si annuncia ancora una volta come la manifestazione irrinunciabile per chi lavora nell’occhialeria.

La piazza dove tutto il mondo internazionale dell’eyewear si incontra e si confronta; il barometro su cui si misura lo stato di salute del settore; la dinamo che mette in moto un anno fondamentale, in particolare per l’Italia che esporta oltre il 90% della sua produzione, per le dinamiche internazionali dalle guerre alle prossime elezioni che riguarderanno un terzo della popolazione mondiale.

«Partiamo dagli ottimi numeri di espositori e visitatori che riportano questa 52ª edizione di Mido», sottolinea il presidente Giovanni Vitaloni, «ai fasti di quella record del 2019. Ed è molto importante perché, per quanto il 2023 sia stato un anno complessivamente positivo, si è chiuso con un ultimo trimestre complicato».

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È necessario quindi un colpo d’ala e cosa può esserci meglio di Mido con i suoi 1.200 espositori da 140 Paesi diversi?

«Per quanto riguarda i visitatori, addirittura siamo a un +30% delle pre-registrazioni rispetto allo scorso anno, fra italiani e stranieri. Insomma siamo di fronte a un grandissimo evento internazionale che non ha eguali al mondo».

Mido non è più ormai solo una fiera, la più importante al mondo nel settore dell’occhialeria, ma racchiude in sé tanti altri momenti utili per tutta la community internazionale che ruota attorno all’occhiale.

«Si va ovviamente dai produttori agli ottici, ma in questo percorso non si trova solo il prodotto: si studiano nuove forme di comunicazione e interazione, anche grazie a internet, si organizzano piattaforme informative, piazze d’incontro, corsi formativi. E soprattutto si alimenta il business».

Gli espositori confermano l’internazionalità della manifestazione perché provengono da tutto il mondo, rappresentando l’Europa (a iniziare da Francia, Germania, Spagna), ma anche Gran Bretagna e Stati Uniti d’America.

«Siamo poi molto soddisfatti della risposta dei paesi asiatici, in particolare da Cina, Hong Kong, Taiwan, Giappone, Corea del Sud, India, Malesia e Thailandia».

Il settore dell’occhialeria significa in Italia un fatturato di più di 5 miliardi nel 2022, con oltre il 90% derivante dalle esportazioni, 830 aziende e più di 18.000 addetti.

«Abbiamo una grande responsabilità, che accogliamo con entusiasmo ogni anno, quella di essere un termometro dell’andamento dell’eyewear a livello globale. Ogni anno portiamo a Milano buyer, distributori e operatori di alto profilo da tutto il mondo, anche grazie alla preziosa collaborazione con Agenzia Ice. Visitatori da oltre 140 paesi transitano dai padiglioni di Fieramilano Rho nei tre giorni di fiera, dove si chiudono accordi commerciali, si stringono relazioni e si discute di futuro del settore, elementi che contribuiscono in modo significativo e, ci auguriamo, positivo all’andamento dell’ottica e dell’occhialeria nel corso dell’anno».

Lei ha lasciato dopo due mandati, un paio di mesi fa, la presidenza di Anfao, l’associazione che riunisce i fabbricanti di articoli ottici.

«Sono stati sei anni impegnativi soprattutto per le vicende del Covid che hanno segnato tutta l’economia mondiale e anche il nostro vivere sociale. Nella bufera abbiamo tenuto la barra dritta e posso dire che lascio alla collega Lorraine Berton, dopo sei anni, un’associazione sana sia dal punto di vista economico che della base associativa. È chiaro che possiamo ancora fare molto in chiave di sviluppo, e abbiamo tante potenzialità, come la collaborazione con Certottica, che ci garantiscono un traghetto verso il futuro. Poi abbiamo riattivato tutte le iniziative di internazionalizzazione in collaborazione con Ice. Così oggi Anfao rappresenta la salvaguardia del made in Italy e dei posti di lavoro nel distretto».

E i competitor?

«Nella fascia alta siamo decisamente i migliori al mondo, la qualità italiana non si trova altrove; poi certamente la concorrenza asiatica, e cinese in particolare, si sente nei semilavorati e nelle produzioni di massa. Ma qui in Italia abbiamo talenti e capacità produttive a un livello molto alto, una cultura e una tradizione che vanno mantenute, per restare quell’unicum a nel panorama globale che tutti ci riconoscono. Il settore è effervescente e ha dimostrato di essere estremamente dinamico»

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