World News in Italian

Morto Manrico Marchetto: Treviso e il rugby piangono la loro leggendaria ala

È spirato domenica sera, 28 gennaio, in un letto dell’ospedale Ca’ Foncello. Manrico Marchetto, leggenda del rugby trevigiano dei Dogi e della nazionale, aveva 71 anni (il 4 febbraio ne avrebbe compiuti 72).

Lo ha vinto un male inesorabile, diagnosticato solo pochi mesi fa. Visite specialistiche e terapie sono state inutili, perché l’aggressività della malattia ha prodotto un’evoluzione rapidissima, fino all’epilogo che ha lasciato tutti attoniti. Sconvolta dal dolore la compagna Anna Chiara Bortolon, e la grandissima famiglia del rugby trevigiano.

Promessa del calcio – Turazza, Aurora e Treviso calcio le sue società – ma anche atleta di ottimo livello, Marchetto avrebbe deluso le attese di chi lo vedeva futuro calciatore. Al rugby lo avrebbe portato, se non rapito, Natalino Cadamuro, il fondatore della Tarvisium nel quartiere di San Giuseppe. E subito Manrico aveva messo in mostra le sue doti, che ne avrebbero fatto un’icona del rugby, ma anche un interprete sopraffino del ruolo di ala: velocità e doti fisiche, ma anche un impareggiabile fiuto della palla ovale, di cui sembrava quasi predire i rimbalzi impazziti, irregolari e poco canonici.

[[ge:gnn:tribunatreviso:14028988]]

E il suo rigore nel leggere le situazioni di campo, mentre in difesa sapeva come pochi allearsi con il compagno più naturale, la linea laterale. “Never be beaten by the outside” (mai farsi battere all’esterno), Manrico amava ricordare la massima dei maestri inglesi, che incarnava sul campo.

Il male, stavolta, lo ha battuto da dentro. Il passaggio dalla Tarvisium al Metalcrom fu naturale, come per altri grandi campioni della città. E con la squadra di Treviso vinse lo scudetto nel 1978, il secondo della storia (con un record di mete tuttora imbattuto), preludio alla sponsorizzazione prima e all’avvento poi del Benetton. Il secondo tricolore lo vinse nel 1983, con “Ciodo” de Cristoforo.

In tutto, ha superato il muro dei 1000 punti segnati: 1.103, a conferma di una prolificità offensiva che lo pone tra i grandi di tutti i tempi). Lascerà nel 1984, con 262 presenze E fu poi colonne dei Dogi, la mitica squadra del rugby veneto che sfidava le grandi squadre internazionali allora tabù per il rugby italiano ufficiale. In Nazionale esordì a soli 20 anni, con la Jugoslavia: fino al 1981 avrebbe collazionato 43 presenze e 21 mete (terzo di sempre), giocando anche match che allora non davano cap, fra cui quello con gli All Blacks a Padova.

Architetto, ha lavorato in comuni, poi alla progettazione di ville e resort nelle più esclusiva località turistiche italiane africane e brasiliane. In particolare a Malindi e Florianopolis. Uomo di innata bontà e di forti passioni amava il mare e le barche. Da allenatore si dedicò per alcuni anni alle giovanili del Benetton. È stato pilastro del Vecio Rugby, tuttora presidente, e degli Azzurri d’Italia. Negli ultimi anni, si era battuto contro lo scippo della Celtic League a Treviso, e nelle campagne elettorali federali, animando i gruppi di opposizione alla ultime presidenze.

Oltre alla compagna Anna Chiara Bortolon, lascia i figli Michele e Camilla, avuti da legami precedenti, il fratello Paolo e la sorella Michela, entrambi rugbisti (il primo anche allenatore e grande talent scout), gli adorati nipoti.

La data dei funerali non è stata ancora fissata, mentre il rugby trevigiano è in lutto.

Читайте на 123ru.net