Vito Timmel e Anita Pittoni, amicizia e tormenti nel Novecento triestino
TRIESTE Due anime intrecciate dalla comune passione per l’arte e per la cultura, ma d’indole molto diversa: Vito Timmel (Vienna 1886–Trieste 1949), pittore visionario, delicato, reso fragile e colpito sul piano psichico dalle vicende della vita, e Anita Pittoni (Trieste 1901–1982), creatrice di moda, imprenditrice e artista, scrittrice, poetessa ed editore, una “pasionaria” dal temperamento indipendente, forte e scomodo.
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Ambedue anime tormentate sullo sfondo della Trieste del Novecento, sono ora riunite in un volume dall’accurata veste grafica e dagli interessanti apporti, che testimonia l’intenso legame di amicizia che le univa. “Sogni meravigliosi di Vito Timmel”, curato da Gabriella Norio, coordinatrice della Sezione Fondi Archivistici ed Archivio Diplomatico della Biblioteca civica Attilio Hortis, viene presentato mercoledì 21 gennaio alle 17.30 nella nuova sala polifunzionale del Museo LETS–Letteratura Trieste (piazza Hortis 4) in un dialogo con il pubblico, dalla curatrice e dalla storica e critica dell’arte Franca Marri, studiosa di Timmel e autrice dell’introduzione.
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Coedito dal Servizio Scuola, Educazione del Comune di Trieste e dalla Casa editrice Simone Volpato Studio Bibliografico Editore, il libro (pagg. 74, euro 22) raccoglie i disegni rigorosi e magici, realizzati da Vito e oggi conservati nel Fondo Pittoni della Biblioteca Hortis. Sono i suoi sogni, espressi attraverso coloratissimi disegni di sapore vagamente naïf, scrupolosamente annotati tra il 1 febbraio 1939 e il 1° novembre 1944: conversazioni e passeggiate immaginate, evasioni dalle brutture della realtà, tentate libertà.
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Timmel dedicò ben 51 di tali opere, realizzate prevalentemente a china e matite colorate, finora inedite e pubblicate oggi nel volume, alla Pittoni (e in parte ad Agnoldomenico Pica, architetto, pubblicista, critico d’arte e compagno per un certo periodo di Anita). Il rapporto profondo che li univa è testimoniato anche dalla scelta dell’artista di affidare all'amica il suo “Magico taccuino”, cioè il manoscritto del diario-romanzo in cui il pittore ripercorreva gli attimi più significativi della propria esistenza e meditava sul senso della vita, della morte e della sofferenza.
Una fiducia cui Anita corrisponderà, pubblicando in un volume delle sue Edizioni dello Zibaldone nel 1973, il testo postumo, che esprime una sorta di riflessione intima e poetica, fantastica e visionaria, scritta dall’autore in terza persona negli anni tra il 1926 e il 1938, che egli stesso ebbe a definire caratterizzati da “un vivere come all’inferno”. Dopo il fallimento del secondo matrimonio, Timmel era infatti divenuto preda dell’alcol e della depressione, fino a smarrire se stesso nei tanti mesi di reclusione in manicomio, dove sarebbe morto il 1 gennaio del 1949.
«I disegni di Timmel, - precisa Gabriella Norio - attestano lo stretto e sincero rapporto di amicizia che legava i due artisti. L’affetto reciproco provato da entrambi appare evidente anche in alcune analogie relative alle loro esperienze infantili e fu, per Timmel, estremamente consolatorio in un periodo molto difficile della sua vita, mentre ebbe una notevole influenza nella formazione culturale, ma soprattutto spirituale della Pittoni, che si rivelò in particolare nelle sue opere letterarie. La loro pubblicazione permette quindi agli studiosi e appassionati di questi due artisti di avvicinarsi alle loro intense e caratteristiche personalità e comprendere in maniera sempre più approfondita il significato delle loro opere».
I piccoli, precisi disegni sono istintivi cammei che rappresentano delle vere e proprie opere d’arte e aiutano a penetrare la singolare ed eccentrica personalità di Timmel. A fare da sfondo ideale alla loro amicizia, sfilano gli altri protagonisti della vita culturale triestina dell’epoca, cui la città, così amata da Anita assieme al suo dialetto, fa da indispensabile cornice: tra questi, compare naturalmente lo scrittore Giani Stuparich, che Anita portò via alla moglie Elodie Oblath, il letterato Bobi Bazlen, i poeti Virgilio Giotti e Luciano Budigna, lo scrittore e giornalista Pier Antonio Quarantotti Gambini…
«Il libro – spiega Franca Marri - rappresenta un ulteriore tassello e strumento per cercare di comprendere più da vicino un artista tra i più complessi ma anche tra i più interessanti della pittura triestina della prima metà del Novecento com'è stato Timmel, negli ultimi tormentati anni della sua vita. Nel guardare questi disegni, viene da chiedersi nuovamente quale fosse allora il sottile confine tra sogno e realtà, come tra desiderio e disincanto; nel leggere alcune parole delle lettere scritte su quegli stessi fogli quadrettati viene da pensare al sottile confine esistente tra ragione e follia comune anche ad altri artisti, capaci di far commuovere come l'ultimo Timmel, il più intimo e ‘sognatore’».
Il volume allude e ricostruisce anche il clima creativo dell’epoca a Trieste, a Vienna, dove Timmel era nato con il nome di Viktor von Thümmel da due piccoli commercianti di nobile origine, e, in senso più lato, il milieu culturale nell’ex Impero asburgico, con le ali dell’espressionismo di Oscar Kokoschka, compagno di studi di Vito all’Accademia di Belle Arti di Vienna, che si levano in volo, lasciandosi in parte alle spalle lo stile Secession, di cui Vito fu raffinato e sempre più visionario e luminoso interprete.