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Dall’Italia alla Lituania, in mostra a Trieste le dodici riviste che fecero la democrazia

TRIESTE La letteratura come campo di battaglia per aprire la strada alla democrazia con il grimaldello della creatività, nel nome della libertà artistica e politica, anche dietro la Cortina di Ferro degli anni della Guerra Fredda. Come mezzo per superare i confini, in particolare quello tra Italia e Jugoslavia, dando vita a un dialogo tra le due culture che rappresentò un’importante arena per entrambe.

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Fa proprio il pensiero di Jacques Derrida, “Non c’è democrazia senza letteratura e non c’è letteratura senza democrazia”, la mostra documentaria “Testing the boundaries and paving the way to democratization: east european literary magazines 1945–2004", che aprirà i battenti oggi alle 16 nella sale espositive del secondo piano della biblioteca statale “Stelio Crise”.

L’esposizione, frutto del progetto di ricerca europeo LitMag (https://litmag.eu/), che vede la collaborazione di otto partner da sei Paesi europei, tra cui l’Università di Trieste, racconta le iniziative di resistenza e apertura verso la democrazia di cui sono state protagoniste dodici riviste letterarie nel secondo dopoguerra in Italia, Slovenia, Ungheria, Repubblica democratica tedesca, Polonia, Lituania.

Raccoglie fotografie, documenti e alcuni numeri storici di queste riviste, tra le quali figurano “La battana”, fondata a Fiume nel 1964 nell’ambito delle iniziative culturali dell’Unione degli italiani di Istria e Fiume, e Zaliv e Most, riviste slovene che invece furono pubblicate a Trieste più o meno nello stesso periodo e che furono di grande importanza per i dissidenti dell’allora Jugoslavia. Ma ci sono anche Mladina, Nova Revija e Beseda, pubblicate nella Slovenia jugoslava: nonostante la stretta sorveglianza e l’intensa pressione politica che portò a monitorare, punire e censurare diversi collaboratori, tra cui autori che salirono poi al vertice della letteratura slovena, queste riviste divennero il fulcro della spinta democratica nel Paese.

Le pubblicazioni illustrano le situazioni di ciascun Paese e le diverse soluzioni messe in campo per ottenere spazi di democrazia, spiega Sergia Adamo, docente di Letterature comparate e teoria della letteratura di UniTs, che insieme a Vesna Mikolič, (Lingua e letteratura slovena, UniTs), Francesca Richetti e Iwan Paolini (UniUd) è parte del comitato scientifico-organizzativo che ha curato l’allestimento della mostra. «Ci sono quelle che nacquero all’interno del sistema, come appunto in Slovenia, e quelle che invece sorsero in esilio, come la rivista polacca Kultura, che si stampava a Parigi e su cui scrisse anche il nobel Czesław Miłosz, così come il nostro Pasolini. Molto interessante è il caso della Germania dell’Est, dove nel breve lasso tra il 1980 e il crollo del muro di Berlino furono pubblicate clandestinamente almeno trenta riviste. Venivano stampate negli scantinati, in un numero di copie relativamente basso, e si trattò di una reazione ai dettami del Partito socialista unificato tedesco (Sed), che aveva promulgato delle direttive su come bisognava scrivere, ottenendo però l’effetto opposto: una di queste, Radix-blätter, è memorabile per aver fatto la storia della critica letteraria del Novecento».

Erano riviste in cui si testavano i limiti della libertà, tentando magari di scrivere tra le righe per dire ciò che direttamente non si poteva esprimere, in un arduo bilanciamento tra censura e autocensura. «La Battana, di cui si è occupato il mio gruppo di ricerca, rappresentò tra il 1964 e il 1990 un’arena davvero importante per la cultura italiana, in cui gli intellettuali trovarono spazio per esprimere la propria visione in una cornice marxista molto aperta: tra le sue firme annoverò Italo Calvino, Franco Fortini, Carla Accardi, Ivo Andrić. Nomi di rilievo, chiamati a contribuire dal carismatico direttore Eros Sequi, il fondatore della facoltà di italianistica a Belgrado che contribuì moltissimo a fare da ponte tra le due culture e di cui abbiamo anche rintracciato l’archivio», evidenzia Adamo. Proprio su questa rivista fu pubblicato, nel 1990, Martin Muma, del poeta Ligio Zanini, il primo testo letterario a parlare del gulag di Goli Otok.

Dall’altra parte vi furono le riviste in lingua slovena pubblicate a Trieste, Zaliv e Most: Boris Pahor fu direttore ed editore della prima, e per alcuni articoli polemici che scrisse nei confronti del sistema monopartitico jugoslavo non potè rientrare per anni in Jugo. «Furono riviste che costituirono una sorta di ponte per il dialogo tra la minoranza slovena in Italia e gli sloveni di Lubiana - sottolinea Adamo -, così come “La battana” per gli italiani fuori e dentro l’Italia».

La mostra ha già fatto tappa al Museo nazionale di Storia contemporanea di Lubiana, all’Università di Bielsko-Biala (Polonia), all’Università di Salisburgo, all’Università di Pécs (Ungheria) e al Venclovas’ House-Museum di Vilnius (Lituania). A Trieste è realizzata in collaborazione con il Ministero della cultura e la Biblioteca statale "Stelio Crise” e sarà visitabile fino al 15 febbraio, con ingresso libero, da lunedì a giovedì, dalle 8.30 alle 18.30. Il 7 febbraio alle 16 è in programma anche una tavola rotonda. Info su www.units.it.

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