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La tecnologia ci sta fregando



Non solo al ristorante, durante lo shopping, mentre si viaggia in metropolitana o si corre sul tapis-roulant, ma anche quando si attraversa la strada e addirittura alla guida dell'auto. L'ondata di immagini e clip che negli ultimi giorni sono rimbalzate sui social media mostrando i tanti modi in cui negli Stati Uniti le persone stanno utilizzando Apple Vision Pro ha sorpreso e impressionato. Il visore per la realtà mista in vendita da pochi giorni solo sul mercato americano è diventato immediatamente l'oggetto del desiderio, aprendo il prevedibile dibattito tra apocalittici e integrati. Da una parte gli entusiasti per l'innovazione che avanza, dall'altra chi considera pericolosa la diffusione di un oggetto particolare, nella forma e nell'uso. Al di là delle rispettive visioni, ci sono alcuni fatti cui guardare per un'analisi che va oltre il dispositivo di Apple - che come sempre sarà largamente imitato - per provare a capire dove stiamo andando. Soprattutto dove ci sta portando la tecnologia.

Abbiamo creduto per anni che l'evoluzione tecnologica ci avrebbe aiutato a semplificare le nostre attività, come è in effetti avvenuto, ma l'emergere dello smartphone come unico compagno di vita da cui è impossibile staccarsi ha generato aspetti imprevisti o almeno sottovalutati. Poter disporre in ogni momento di email e fogli di calcolo, per esempio, ha gradualmente allungato la finestra giornaliera lavorativa, esaltando il multitasking nel nome della dea produttività, finendo per intaccare il tempo libero e la sacralità del weekend. Un rovesciamento imponente, paradossalmente amplificato dallo smart working, che ha innescato la battaglia per il diritto alla disconnessione, introdotto per la prima volta in Francia nel 2016.

Il filo che lega l'addio all'ozio e il visore per la realtà virtuale/aumentata non sta nel dispositivo e nemmeno nell'idea di chi l'ha creato. Molto dipende invece dall'utilizzo che si decide di fare, concetto che vale per ogni tecnologia e prodotto, la cui declinazione tra efficacia e deriva annida nella mente di chi lo usa. Se scegliere di trasformare un pranzo di coppia in un'immersione nella realtà virtuale è un atto volontario quanto innocuo, calarsi un visore sugli occhi mentre si guida un'auto è demenziale, anche se si attiva il pilota automatico.

Non c'è bisogno che Apple specifichi che il Vision Pro “non si deve utilizzare alla guida di un veicolo e di una bicicletta o in qualsiasi altra situazione che richieda attenzione alla sicurezza”, come si legge nelle istruzioni del prodotto, perché dovrebbe essere il buonsenso a consigliare di evitare il pericolo. Almeno in teoria, perché la pratica si scontra con la ricerca della fama social, poiché è probabile che la persona immortalata con il Vision Pro sul volto e alla guida di una Tesla fosse alla ricerca dei like che appagano l'ego. Un atteggiamento che in ultima istanza rimanda all'alto numero di incidenti, tanti mortali, provocati dai selfie estremi, scattati in circostanze assurde o in luoghi insicuri. La tecnologia che avanza è un bene per l'umanità, a patto che l'intelligenza resti dominante sulla necessità dell'approvazione sociale via Instagram e TikTok. Sembra scontato dirlo, la realtà dimostra che non lo è.

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