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Il centrodestra cancella il possibile referendum sulle leggi elettorali Fvg

L’eventuale referendum confermativo sulle leggi elettorali in Friuli Venezia Giulia, che ha cristallizzato le regole del gioco da oltre 20 anni, potrebbe essere presto un lontano ricordo con la conseguenza di consentire a chi governa di approvare una nuova norma in materia a maggioranza semplice.

Oggi l’articolo 12 dello Statuto di Autonomia, così come modificato nel 2001, impone infatti, per la definizione delle leggi elettorali, che il Consiglio approvi la norma a maggioranza assoluta dei suoi componenti, quindi attualmente con almeno 25 voti sui 48 componenti l’assemblea di piazza Oberdan.

La legge stessa, tuttavia, è sottoposta a referendum confermativo qualora ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori del Friuli Venezia Giulia oppure un quinto degli eletti in Aula, perciò dieci consiglieri.

Se, tuttavia, la norma viene approvata con il voto favorevole dei due terzi dei componenti – quindi 32, coinvolgendo almeno una parte delle opposizioni – il referendum si tiene soltanto se a farne richiesta è un trentesimo degli aventi diritto al voto in regione.

Lo Statuto è figlio di una legge di rango costituzionale e, come tale, ha bisogno di una norma simile per essere modificato. Dallo scorso giugno, però, in Commissione Affari costituzionali alla Camera è cominciata l’analisi della riforma dello Statuto richiesta dal Consiglio regionale – con i voti della sola maggioranza nella passata legislatura – che punta a reintrodurre anche alle nostre latitudini le Province, possibilmente come enti di primo grado.

Bene, nella seduta dello scorso 7 febbraio, è stato approvato un emendamento a firma di quattro deputati leghisti – Igor Iezzi, Laura Ravetto, Alberto Stefani ed Edoardo Ziello – che interviene proprio sull’articolo 12 dello Statuto.

Come? Cassando il comma che parla dei due terzi dei voti necessari a rendere, di fatto, quasi impossibile una consultazione popolare sul tema e sostituendo la parte che parla del quinto dei consiglieri che devono richiederla con questo testo: «la legge regionale di cui al secondo comma può essere sottoposta a referendum regionale secondo la disciplina prevista da apposita legge regionale».

Questo significa, in altre parole, che nel caso in cui la modifica dello Statuto superi la doppia lettura tra Camera e Senato, le maggioranze di turno a Trieste potranno essere, di fatto, autosufficienti nella modifica delle leggi elettorali con il referendum che si terrebbe soltanto nel caso in cui venisse approvata un’apposita, nuova, e tutta da immaginare, legge regionale. «Semplifichiamo l’iter della materia – spiega il segretario regionale del Carroccio, Marco Dreosto – consentendo alla Regione, al di là di chi governa, di decidere in autonomia con quale legge elettorale andare al voto. Non ho alcun timore di affrontare eventuali referendum, ma credo sia corretto garantire alla nostra Regione una possibilità in più di azione e movimento sul tema».

Ora, non serve essere un fine stratega politico per capire che nel caso in cui la norma nazionale venga approvata così com’è il centrodestra, con 29 consiglieri di maggioranza a disposizione, avrebbe davanti a sé un’autostrada per modificare le norme elettorali e, nel caso, anche garantire a Massimiliano Fedriga la possibilità di candidarsi per un terzo mandato consecutivo.

«Non capisco perché qualcuno sia così tranchant a centrodestra nell’opporsi a priori a questa opzione – chiosa Dreosto –. Se ci sono in campo politici di valore, capaci e ampiamente premiati dall’elettorato, non vedo perché dovremmo rinunciarvi a cuor leggero, sia che si chiamino Fedriga sia che si chiamino Zaia». Parole chiare, dunque, e che evidenziano una strada che pare già tracciata.

Nella Lega, quantomeno, perché al netto di referendum confermativi o meno, il Carroccio per evitare che Fedriga termini la sua avventura in piazza Unità nel 2028, dovrà comunque convincere Fratelli d’Italia e Forza Italia a votare a favore. Non proprio un particolare banale considerato, almeno al momento, il clima nazionale sul tema. —

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