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Nuove strade per contrastare la Dengue: come avanza la ricerca dall’India a Trieste 

Nuove strade per contrastare la Dengue: come avanza la ricerca dall’India a Trieste 

foto da Quotidiani locali

TRIESTE Avevano molto preoccupato i cittadini del Fvg i casi di febbre Dengue accertati lo scorso autunno - due a Trieste, a San Giacomo e Grignano a ottobre, uno a Sacile a fine settembre - rimasti tuttavia episodi isolati e non gravi.

Adesso che però i contagi sono in rapido aumento in diverse aree del mondo, in particolare in Brasile e Argentina, torna a salire il livello d’allerta anche in Italia, sorvegliata speciale per essere stata il Paese europeo con il maggior numero di casi autoctoni nel 2023, come conferma uno studio in via di pubblicazione a cui ha collaborato Alessandro Marcello, responsabile del laboratorio di Virologia molecolare dell’Icgeb di Trieste.

«È presto per parlare di emergenza», almeno a queste latitudini, rassicura il ricercatore, anche perché nella maggior parte dei casi accertati si è trattato di sintomi leggeri: febbre, un po’ di mal di testa, indolenzimento. Ma ci sono anche casi in cui la malattia - provocata da quattro sierotipi di virus simili tra loro e trasmessa attraverso il morso delle zanzare - può manifestarsi in forma emorragica, e condurre al decesso.

Finora il maggior rischio di presentare un quadro clinico grave è stato collegato principalmente ai casi di infezioni secondarie: i casi in cui, ovvero, un individuo viene reinfettato dopo una precedente esposizione. Situazione che può verificarsi nelle aree in cui la malattia è già endemica (come America latina e centrale ma anche le regioni tropicali e subtropicali dell'Africa e del Sudest asiatico), ma estremamente rara in l’Italia, dove la diffusione del virus è ancora molto bassa.

Lo studio condotto a Nuova Dheli

Ora però uno studio condotto in India su una popolazione pediatrica da Anmol Chandele, responsabile dell’Icgeb-Emory Vaccine Program presso la sede di Nuova Delhi, e recentemente pubblicato su Nature Medicine, mostra come più della metà dei casi gravi potrebbero essere attribuiti a un’infezione primaria piuttosto che secondaria.

In altre parole, anche chi entra in contatto con il virus per la prima volta potrebbe correre rischi seri. Risultato che - precisano i ricercatori di Nuova Delhi - indica la necessità di «rivalutare la nostra comprensione della Dengue e le strategie per combatterla, a partire dallo sviluppo di strategie vaccinali efficaci e sicure».

Non solo nel contesto indiano, dove il peso della Dengue è considerevole, ma su scala globale, poiché la malattia si sta diffondendo in tutto il mondo. Anche qui.

«L’Italia è un esempio eclatante dell’espansione della Dengue», conferma Marcello dall’Icgeb di Trieste: nel corso del 2023, spiega il ricercatore, «nel nostro Paese abbiamo avuto il più alto numero di casi e trasmissioni autoctone di Dengue fino a ora», principalmente «a causa del cambiamento climatico e degli spostamenti delle persone».

E i risultati in arrivo dall’India, adesso, «dimostrano la necessità di proteggere anche la nostra popolazione fin dal primo incontro con il virus»: nessun allarmismo, ma «il fatto che i casi gravi siano possibili anche alla prima infezione ci ricorda che non siamo a rischio zero».

Infrastruttura di ricerca ad hoc a Trieste

La ricerca è molto attiva - Marcello ricorda la prossima realizzazione di un’infrastruttura ad hoc, finanziata dal Pnrr, che a Trieste metterà in rete i laboratori di Icgeb, Area, Elettra, Cnr con altri centri italiani per lo studio degli agenti patogeni, di questa e altre malattie - ma al momento non esiste una cura specifica alla Dengue.

«Ci sono alcune sperimentazioni di farmaci in fase avanzata, e trattamenti sintomatici nei casi più gravi», precisa il ricercatore, ricordando però come al momento «l’azione più importante resta la protezione individuale»: con zanzariere e repellenti per insetti, oltreché agendo con la disinfestazione ed evitando ristagni di acqua in terrazzi e giardini.

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